XIX Seminario di Archeoastronomia

                                                     Genova Sestri Ponente, 1-2 aprile 2017

 

                                                                   (Marisa Uberti)

 

Il consueto appuntamento con l'archeoastronomia a Genova si è tenuto sabato 1 aprile (tutto il giorno) e domenica 2 aprile (fino alle ore 12.30); nel pomeriggio della domenica si è anche svolto un sopralluogo ai Piani di Invrea, in quel di Varazze (SV), dove si è potuto visitare il curioso Menhir di Cian de la Munega e la semisconosciuta chiesa di origini bizantine di San Giacomo in Areneto (sempre nel comune di Varazze). 

La sede dell'evento è stata, come ogni anno, la saletta dell’Università Popolare Sestrese, situata nella piazzetta omonima a Genova Sestri P. Con il presente report si intende trasmettere ai lettori una sintesi delle relazioni che sono state presentate, rimandando gli approfondimenti alla pubblicazione degli Atti, prevista non prima di novembre 2017 sul sito ufficiale dell’Alssa.


Maggiori informa

La sessione mattutina sabatina del Seminario ha preso avvio alle 9.15 circa con i saluti di benvenuto di Giuseppe Veneziano (Osservatorio Astronomico di Genova, OAG) che ha fatto un resconto dell'attività dell' A.L.S.S.A (Associazione Ligure per lo Sviluppo degli Studi Archeoastronomici). Sono seguiti i ringraziamenti da parte del presidente dell' Università Popolare Sestrese (UPS) per la nutrita presenza di relatori provenienti da diverse regioni, qualificando il convegno un evento nazionale. Premettiamo che ogni anno questo Seminario migliora sia per qualità delle conferenze presentate che per l'originalità degli argomenti trattati. Desideriamo ringraziare gli organizzatori per averci accolto anche questa volta nella rosa dei relatori, cosa che ci fa molto onore.

Intorno alle 9.30 ha preso la parola il primo oratore, il dr. Henry de Santis (Archeoastronomia Ligustica), autore (insieme a Giulio Molinari della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Liguria) di un interessante studio intitolato "Verifiche archeo-astronomiche sull'allineamento della struttura sommitale di Monte Caggio (IM) e nuovi dati emersi da ricognizioni effettuate sul crinale dei Termini di Perinaldo/Bajardo" .  Sulla cima del Monte Caggio, sulle alture di Sanremo, si trova una struttura in pietra a secco che ha restituito frammenti di materiali ceramici di epoca romana ed è stata sottoposta a vincolo. Indagini effettuate dai due studiosi al Solstizio invernale nel dicembre 2016 hanno dimostrato che alcuni muri della struttura sono stati costruiti in direzione del sorgere e del tramontare del sole ai Solstizi. Tuttavia non risultano perfettamente allineati e non è dunque possibile affermare l'intenzionalità dei costruttori di allineare archeoastronomicamente la struttura...

Il secondo relatore è stato Stefano Zottele (OAG), con la relazione "Variazioni climatiche e previsioni dell'attività solare". L'argomento è più che mai attuale, dato che gli scienziati avevano fatto una previsione sull'attività solare che però non ha dato conferme confortanti: per il ciclo solare in corso erano state previste tra le 40 e le 200 macchie solari, mentre ne sono state osservate 70. Ciò ci dice che nessuno ha un'idea precisa del comportamento della nostra stella, la quale ha presentato diversi cambiamenti nel corso dei millenni. Ma i dati disponibili sono esigui (in primis vi è la difficoltà di avere osservazioni sul lungo periodo). Appare di fondamentale importanza approfondire lo studio del comportamento solare soprattutto in relazione all'effetto che esso può avere sulla variazione climatica. Il messaggio ci arriva da tempi in cui non esisteva la scrittura, attraverso i miti. Sembra un grido di allerta: "Il sole con noi è stato spietato!" Il relatore studia anche un particolare tipo di macchie, chiamate "S" con delle previsioni sulla loro emersione. Affascinanti i miti collegati all'influenza dell'attività solare sulla storia umana: questi miti si ritrovano in ogni cultura, sia in ambito sacro che profano. Per approfondimento rimandiamo agli "Atti" del Seminario.

Il dr. Alessandro Di Bennardo (Università di Palermo) è stato il terzo relatore della sessione mattutina; ha presentato uno studio molto avvincente dal titolo "Palermo città orientata. Il simbolismo astronomico della strada del Cassaro dalle origini fenicie alla rifondazione cinquecentesca". Lo studioso ha preso in considerazione l'allineamento solare della strada primigenia di Palermo, Via del Cassaro, l'antichissima A'simat di matrice fenicia, che si qualificava come vero "genius loci" della città, consacrato al Solstizio estivo e ai cicli solari delle antiche divinità Cabirie (culto di Tanit). Nel 1567 il Senato Palermitano deliberò la rettifica dell'antico Cassaro, "rifondandone" il tracciato e denominandolo Via Toledo ma è interessante vedere come e con quale simbologia sottesa. La nuova identità urbanistica di Palermo venne progettata d'intesa tra il Viceregno e la dotta Curia, guidata dal cardinale genovese Doria; nel 1637 venne completata con la realizzazione di Porta San Felice (marina) e Porta Nuova. Attenzione a un fatto: nel 1630 era stata canonizzata Santa Rosalia, l'amatissima "santuzza", patrona della città.

Ed è sulla festa civile di questa santa (il 15 luglio) che il nuovo asse urbano venne modificato, concretizzando un nuovo orientamento alle albe solari celebranti la nuova "Rosa di Palermo", che si allontanò dall'antico logos semitico ma conservandone la portata simbolica, che emerge dalla metodologia archeoastronomica. Alla base del progetto urbanistico cinquecentesco vi furono dunque delle ragioni teologiche e simboliche, al fine di ottenere il "Teatro del Sole" palermitano. All'alba del 15 luglio, Di Bennardo ha potuto osservare come il disco solare "emerga" dall'orizzonte marino e si inquadri perfettamente nel fornice della Porta San Felice. Stesso effetto che, millenni prima e con l'asse viario "spostato di alcuni gradi", si doveva verificare all'alba del Soltizio estivo in onore di Tanit.

Dopo l'affascinante esposizione del ricercatore palermitano, ha preso la parola un veterano spezzino, il dr. Enrico Calzolari (A.L.S.S.A. e S.I.A.) che ha presentato "Luni romana: ipotesi di un tempio romano dedicato alla Luna, divenuto poi Basilica paleo-cristiana". Le rovine di Luni cotituiscono un complesso tra i più interessanti della Lunigiana che classicamente viene attribuito ai romani ma, secondo il relatore, essi furono gli ultimi ad arrivarvi. Prima di loro vi era però una popolazione che non era etrusca e non era celto-ligure. Di chi si trattava? L'ipotesi di ceppi provenienti dalla valle dell'Indo è valida, per Calzolari. Tuttavia è molto probabile che i Romani abbiano ritenuto che Luni fosse dedicata alla Luna e vi eressero un santuario dedicato a questa divinità. Con il tempo, il tempio pagano divenne una cattedrale paleo-cristiana dedicata a Santa Maria. Di essa rimangono poche vestigia: i ruderi di tre absidi, della cripta e del campanile, mentre completamente sepolte sono le navate. Nominata per la prima volta nell'anno 879 d. C., fu in seguito sempre citata in documenti posteriori e dall'analisi di alcuni di questi, Calzolari ha estrapolato un possibile orientamento dell'asse della navata (310°). Tale direzione corrisponde:

a) al tramonto della Luna al lunistizio superiore (+28°) al Solstizio invernale (AZ 310)

b) al sorgere della Luna del lunistizio superiore al Solstizio estivo (- 28°) ( AZ 130)

Questa osservazione fa ipotizzare al ricercatore che la cattedrale lunense sia stata il riutilizzo di un edificio romano dedicato alla dea Luna. Calzolari ha portato altri  due esempi di riutilizzo di monumenti romani nel Caprione, sulle direttrici stradali romane che da Luni conducevano al Portus Lunae, cioè nel Golfo di La Spezia. L'analisi dello studioso è apparsa particolareggiata e offerente diversi spunti per l'approfondimento (si riamanda agli Atti del Seminario per la trattazione completa).

In chiusura della sessione mattutina Piero Barale (S.I.A.) ha presentato la sintesi del suo ultimo libro intitolato "Le pietre perdute. Viaggio mito-archeologico alla ricerca del megalitismo in Piemonte".

La consueta "tavolata astronomica" ha allietato la pausa pranzo con gustosi piatti locali e soprattutto l'interscambio tra relatori e appassionati. Dopo pranzo vi è stata l'occasione per scattare qualche foto di gruppo, un bel ricordo!

 

 

 

  

  

 

La sessione pomeridiana è cominciata verso le ore 15.15 con la d.ssa Marina De Franceschini (archeologa), la quale ha esposto un'anteprima degli studi che sta conducendo, insieme a Giuseppe Veneziano, sull' "Eremo di Sant'Elia a Curinga (CZ)". Alcuni mesi fa è pervenuta alla relatrice una segnalazione da parte dei signori Salvatore Mongiardo e Cesare Cesareo in merito ad un edificio "simile" al Pantheon di Roma. L'interrogativo era sapere se effettivamente presentasse gli stessi fenomeni solari e per questo si sono rivolti a lei e al Veneziano. La struttura di Curinga è cubica, sormontata da una cupola munita di un oculo aperto sulla volta. Gli studiosi sono propensi a datarlo al XVI secolo, cosa che appare un po' improbabile, dal momento che cupolette simili in Calabria sono appannaggio dell'epoca bizantina; forse fu un modello importato dai monaci basiliani, che in moltitudine arrivarono dall'Oriente al tempo dell'iconoclastia...L’ Eremo venne inglobato in un monastero Carmelitano. Nei dintorni si trovano le vestigia delle Terme romane ben conservate, segno che la località doveva godere di una certa importanza in passato. Una sorgente desta pure interesse: è chiamata Vrisi che, in greco, significa appunto sorgente ed è a breve distanza dall'ex- monastero, nei pressi di un gigantesco platano. L'ingresso attuale della chiesa aveva originariamente un arco, che venne poi murato, ma la sua traccia è tuttora visibile. La cupola ha un oculo analogo a quello del Pantheon di Roma, tuttavia l'ingresso dell'Eremo di Sant'Elia è sul lato Sud...Che fenomeni solari ci si può attendere, dunque? La risposta negli Atti di prossima pubblicazione (la ricercatrice si recherà in loco in estate per convalidare le ipotesi archeoastronomiche estrapolate da Giuseppe Veneziano in base alle immagini ricevute dai due segnalatori)

Luigi Torlai (Ass.ne TAGES, Pitigliano, e S. I. A.) ha presentato una relazione intitolata "Astronomia didattico-laboratoriale: gli strumenti degli antichi". Interessante discussione sulle varie possibilità di insegnare, divertendosi, l'astronomia ai giovanissimi della scuola primaria e secondaria, ma sono nozioni utili comunque a tutti i non specialisti. Il pubblico ha potuto così vedere vari "strumenti" che si possono costruire senza grandi spese o conoscenze: modelli autocostruiti e dunque riproducibili dagli alunni. Soprattutto Torlai ha puntato sulle metodologie da seguire per realizzarli, unite a conoscenze matematico-astronomiche di base (necessarie anzitutto per comprendere il funzionamento di alcuni strumenti usati nell'antichità). L'aspetto didattico- laboratoriale teso a far elaborare/personalizzare la tematica ai ragazzi, appare molto utile in un panorama ascolastico dove viene spesso trascurato. Il Torlai ha anche mostrato come costruire una rudimentale meridiana, con materiale di facilissimo reperimento e...in pochi minuti!

Il successivo conferenziere è stato Giovanni Nocentini (Arezzo), autore di uno studio stimolante dal titolo "Un Osservatorio astronomico preistorico in Albania. Ipotesi di lavoro in comparazione con alcuni siti italiani".

Il ricercatore ha visitato personalmente questo luogo sacro, situato a Laç ,una città dell'Albania nel distretto di Kurbin (Alessio), importante nodo viario che collega Tirana a Scutari. Laç è famosa per la presenza del Santuario di Sant'Antonio di Padova (in lingua albanese Kisha e Laçit o Kisha e Shna Ndout), sulla montagna sovrastante la città; è un luogo ritenuto sacro e meta di ferventi pellegrinaggi che culminano nei festeggiamenti del 13 giugno, ricorrenza del Santo. Poco sotto al santuario si trova la Grotta di San Biagio (Shpella e Shen Vlashit) anch'esso luogo di venerazione. Secondo Nocentini vi fu, da epoche preistoriche, una continuità di culto le cui origini vanno ricercate sulla sommità del colle, dove si trova la roccia che accoglie l'attuale santuario. L'ipotesi, frutto di una seconda visita in loco il giorno dell'Equinozio di primavera, è che si potesse trattare di un antico Osservatorio Astronomico. I dati raccolti (cui si aggiungeranno quelli che il ricercatore vorrebbe ricavare il prossimo Solstizio estivo) sono stati finora comparati con tre siti italiani e sull'interpretazione di una tradizione radicata nella gente che visita il santuario albanese (tradizione che si ripete ogni anno in un tempo ben preciso).  La preoccupazione del relatore è che sulla sommità del colle si stanno svolgendo lavori edilizi perchè è in cantiere la realizzazione di un nuovo Santuario di Sant’Antonio, la cui committenza è l'Ordine dei Frati Minori della Provincia Francescana “ZOЈA NŲNCIATE”. Il flusso di gente richiede una struttura più adeguata e più ampia, per accogliere i pellegrini ma, in tal modo, verrebbero cancellate le tracce di quell'antichissimo Osservatorio astronomico. Per questo Nocentini ha lanciato una richiesta di sensibilizzazione perchè si fermi il progetto...

Alessio A. Miglietta ha parlato di "Un precursore dell'Archeoastronomia. William Stukeley a Stonehenge", valido argomento sicuramente dimenticato dai più e dalla letteratura scientifica. Chi era William Stukeley (1687-1765)? Fu "molte cose", anzitutto un grande erudito. Antiquario, partecipò alla fondazione della Società degli Antiquari (1718) e ne divenne segretario. Fu naturalista, medico pubblicista, confidente e biografo di Isaac Newton, stretto collaboratore di Edmond Halley (membro della Massoneria speculativa della Gran Loggia d'Inghilterra). Interessatosi in modo particolare del druidismo, pubblicò, tra le altre opere, Itinerarium curiosum (1724) e Stonehenge (1740). Nel 1757 curò la pubblicazione del De situ Britanniae, contraffazione di Ch. Bertram, ritenendola opera autentica di Riccardo di Cirencester. In merito a Stonhenge ed Avebury, restando in tema di archeoastronomia, Stukeley fu il primo ad accorgersi che si trattava di edifici orientati; gli si deve il merito di aver riprodotto graficamente- per la prima volta- in modo accurato i siti stessi, sfrondandoli di quegli abbellimenti che spesso i suoi predecessori avevano introdotto nei loro disegni. Oltre ai meriti, gli si debbono però imputare diversi demeriti, molto probabilmente non voluti, ma che generarono confusione - nei posteri- in merito all'origine e alla funzione dei "cerchi di pietre" sopra citati. Egli credeva che Stonehenge fosse stata progettata dai Drudi, che dovevano possedere una bussola (ereditata dai Fenici); riteneva che i menhir fossero stati disposti secondo uno schema derivante dal modello archetipale del Tempio di Salomone e che l'orientamento dell'intera struttura fosse stato concepito in relazione alla posizione del polo magnetico terrestre. Non ultimo, lo strumento che utilizzava per i rilevamenti (teodolite) non era esatto, avendo un errore di 4° (era mal tarato, ma questo lo si potè scoprire soltanto a posteriori). Oggi sappiamo che Stukeley fece degli errori, ma questo pioniere tracciò la strada per un nuovo metodo d'indagine che unisse l'antiquaria e la filosofia naturale, aprendo le porte all'archeologia e alla scienza, che hanno portato alla creazione di una nuova disciplina, l'archeoastronomia.

E' stata quindi la volta di Marisa Uberti (scrivente, membro A.L.S.S.A.), che ha presentato "L’orientazione astronomica dei “Massi Avelli” del territorio comasco: riflessioni intorno a un argomento ancora avvolto nel mistero". La relazione ha inteso proporre l’interrogativo (mai sanato) sull’orientazione astronomica di questi enigmatici manufatti ricavati artificialmente dall’uomo scavando massi erratici depositati dal ritiro del ghiacciai in posizioni naturali e casuali. Si tratta di rocce metamorfiche di notevole durezza e compattezza, che furono lavorate abilmente per ricavarne un tipo particolare di sepolture, che sembrano essere un unicum di questo territorio compreso tra l'Alta Brianza e il confine svizzero, con la maggiore concentrazione nel cosiddetto "Triangolo Lariano". Le operazioni di escavazione furono condotte manualmente, poiché fino alla metà del XIX secolo quello era il solo tipo di lavorazione possibile (progressivamente furono introdotti mezzi meccanici). Chi lavorò quelle dure pietre doveva conoscerle molto bene perchè ciascuna richiede tecniche diverse, a seconda della propria natura geomorfologica; chi eseguì il lavoro di escavazione dei massi erratici doveva tenere conto soprattutto del verso (lungo il quale la roccia si divide più facilmente rispetto alle altre direzioni), che nelle rocce metamorfiche è identificabile con i piani di scistosità. La questione di seguire un verso o meno, fa riflettere. L’orientazione astronomica di queste tombe “a vasca da bagno” è difficile da attribuire, sebbene ovviamente determinabile: furono scavate sull’asse che oggi rileviamo per un preciso intento o per ragioni pratiche? E perché scegliere alcuni massi erratici e non altri? Che importanza assunse la disposizione naturale del masso? Se quest’ultimo aveva dimensioni notevoli, verosimilmente si poteva scegliere quale direzione cardinale dare all’avello contenuto. Per ragioni puramente sintetiche, sono stati discussi quattro punti principali:

1)      I Massi Avelli: definizione, loro storia e geografia in breve

2)      Funzione e ipotesi cronologiche

3)      Il culto “superstizioso”

4)      Tipi di pietra e orientazione astronomica

Per l'intera trattazione si rimanda al libro della ricercatrice stessa ("Tombe dimenticate. Guida agli enigmatici Massi Avelli (dall'Alta Brianza al confine svizzero") e alla pubblicazione degli "Atti" del Seminario.

Un grande esperto di archeoastronomia ha chiuso la sessione pomeridiana del sabato. Si tratta del ricercatore romano Paolo Colona ("Accademia delle Stelle"), che ha presentato una relazione dal titolo "Archeoastronomia moderna: ambiti, metodi e obiettivi". Quando si affronta l'argomento, ha sostenuto il relatore, bisogna prestare molta attenzione a non cadere in errori grossolani, sviste, approssimazioni e inganni. Dalla sua esperienza sono emersi gli errori più frequenti o insidiosi, tipici dello studio archeoastronomico, e li ha divisi in due grandi categorie: oggettive (Gruppo di Ockham) e soggettive (Innamoramento). Il primo gruppo comprende fallacie rilevabili con ragionamenti affini a quello famoso di Ockham, ovvero al “non bisogna introdurre argomenti senza necessità”, che vale sempre enon dipende dalle circostanze o motivazioni che hanno fatto nascere una teoria. Appartengono a questo insieme: - il falso doppio o esclusione obbligata; - ragione di forza maggiore; - presunzione di intenzionalità; - sindrome della cabina telefonica. Nel secondo gruppo si raccolgono fallacie dipendenti dall’atteggiamento dello studioso, non da errori logici annidati nel ragionamento. L’atteggiamento entusiastico del principiante, del sedicente, o del professionista troppo innamorato della propria idea, è la principale causa di produzione di teorie archeoastronomiche errate. Non è fatto alcun onesto sforzo per valutarle obbiettivamente e, di solito, quanto più si appoggiano a prove deboli, tanto meno l’autore è incline al confronto critico. Se nel gruppo di Ockham è la dimestichezza col ragionamento a fare da baluardo contro gli errori, in questa area l’antidoto è soprattutto l’autocritica e l’imparzialità  da parte di chi le produce, e la cultura e il buon senso da parte dei lettori. Sempre dando per scontato che lo studioso sia in buona fede, naturalmente...Appartengono a questo insieme: - l'entusiasmo deduttivo; - la creazione involontaria di evidenze; - la polarizzazione o fondo del pozzo; - la forzatura: - la commistione semantica. Cosa fare, allora, per non incappare in tutti questi atteggiamenti scorretti? Anzitutto, chiarirsi le idee su cosa sia l'Archeoastronomia e il Colona ha coniato una definizione pertinente: "E' la scienza storica che individua il carattere astronomico di prodotti culturali per comprendere meglio essi e il contesto umano che li ha creati". Secondo la sua esperienza specialistica,  la ricerca archeoastronomica deve articolarsi in tre fasi successive:
1. l’ideazione di un’ipotesi (che può prendere spunto da un’evidenza promettente e proseguire tramite la raccolta di altri elementi coerenti)
2. la messa al vaglio dell’ipotesi a prova degli errori più frequenti indicati in sinstesi poc'anzi
3. se l’ipotesi ha retto al punto 2, un adeguato sforzo di falsificazione alla teoria risultante con considerazioni generali e studi storiografici
Così come, durante la prima fase, non dovrebbero esserci limiti all’immaginazione, nelle fasi successive è richiesto rigore estremo e tentativi ripetuti e tenaci che sarebbe opportuno richiedere anche ad altri colleghi e studiosi.

(Per approfondimento, in attesa degli "Atti" del Seminario, vedere un esaustivo lavoro del relatore a questo link)

Con questa ultima esposizione si è chiusa, dopo l'interessante dibattito con il pubblico, la seconda sessione del Seminario, che è ripreso la domenica mattina alle 9.30 circa. Vi è stata la defezione della ricercatrice calabrese Luciana De Rose (Università della Calabria di Cosenza) per problemi personali ma il convegno è proseguito ugualmente su binari molto stimolanti con l'esposizione di Giuseppe Veneziano (OAG). La sua conferenza ha riguardato "L'eclisse totale di Sole del 1239 sul bassorilievo della pieve di Cortemilia (Cuneo). Ulteriori conferme".  La pieve romanica di Cortemilia (CN) è dedicata a Santa Maria e il relatore vi ha dedicato molti anni di studio, attratto dalla sua orientazione archeoastronomica; l' asse giace in direzione del sorgere del Sole visto localmente nei giorni degli Equinozi.

Ma soprattutto Veneziano ha fatto, a suo tempo, un'interessante scoperta: su una parete c'è un bassorilievo con Maria Vergine e Gesù. Attorno al volto della Vergine sono presenti simboli connessi con gli astri; tra essi il Sole che viene fagocitato dalla Luna. Che cosa significa? Gli studi di Veneziano hanno portato a concludere che questa iconografia sia riconducibile all’eclisse totale di Sole del 3 giugno 1239. Un evento realmente accaduto e che dovette avere un forte impatto emotivo sulla popolazione locale, giacché si credeva vi fosse una correlazione tra le eclissi e le punizioni divine. Per di più, l'eclisse avvenne pochi giorni dopo la data di consacrazione della pieve stessa! Elaborazioni al computer hanno evidenziato che la posizione degli astri visibili nel momento dell’oscurità potrebbe spiegare anche gli altri simboli astrali presenti sul bassorilievo. L'evento fu talmente suggestivo da immortalarlo nella pietra, in un'opera di straordinario valore non solo artistico e simbolico ma astronomico dell'epoca.

Ha preso quindi la parola lo studioso genovese Mario Codebò (Archeoastronomia Ligustica), con la relazione "La triplice congiunzione Giove-Saturno del 12985 a. C." La congiunzione Giove-Saturno è un evento astronomico molto appariscente che fin dall'antichità ha influenzato la scansione del tempo, la mitologia e l'astrologia, in quelle dotte persone che avevano la capacità di osservarla e riconoscerla. Secondo i calcoli astronomici effettuati dallo studioso Codebò con appositi software, una triplice congiunzione Giove-Saturno avvenne nel 12.985 a. C. nella costellazione della Vergine, dov'era l'Equinozio di Primavera mentre, contestualmente, l'Equinozio d'Autunno si trovava in Pesci. In quel preciso momento celeste, secondo l'Avestā (Libro sacro dei Zoroastriani), sarebbe nato da una Vergine il Saošyant (che potremmo tradurre come Benefattore, Salvatore), Zarathustra, al termine dei 12.000 anni di durata della creazione di Ahura Mazdā (Creatore del Mondo, Dio unico). Facendo un salto di quasi tredicimila anni in avanti, nel Vangelo di Matteo (2,1-21) - unico tra gli Evangelisti che descrive la situazione celeste al momento della nascita di Gesù Cristo dalla Vergine Maria - sono offerti ricchi dettagli che fin dal 2004 sono stati presi in esame da Giuseppe Veneziano, Mario Codebò stesso, Ettore Bianchi, e più recentemente da Alessandro Veronesi. Da questa riesaminazione del testo di Matteo, si sono accorti che nella descrizione vi erano tutti gli elementi per riconoscere una triplice congiunzione Giove-Saturno, specularmente a quanto avvenne nel 12985. I Re Magi, sapienti decodificatori del cielo e alla ricerca della nascita del loro ultimo Saošyant (e non il Gesù ebraico), si sarebbero mossi dalla loro patria alla volta di Gerusalemme al comparire della triplice congiunzione in oggetto nei Pesci, costellazione dove stava entrando l'Equinozio di Primavera, mentre contemporaneamente l'Equinozio di Autunno stava entrando in quella della Vergine. La data di questo raro fenomeno si colloca nel 7 a. C. Il relatore ha tenuto a specificare che l'intenzione di questo studio non è assolutamente quella di stabilire l'anno della nascita di Gesù Cristo, quanto il fatto che la precessione degli equinozi fosse in qualche misura nota ben prima della scoperta effettuata da Ipparco nel II secolo a. C., quanto meno presso le popolazioni del Vicino e del Medio Oriente.

La relazione di Mario Codebò si è legata perfettamente a quella seguente, proposta dal dr. Alessandro Veronesi (Associazione Ligure Astrofili "Polaris"), dal titolo "Aggiornamenti sull'interpretazione archeoastronomica della Stella di Betlemme". Quali sono i testi da cui partire per un'indagine di questo tipo? Quello  contenuto  nel  capitolo  2  del Vangelo di Matteo, che viene qui riportato nella sua versione greca-bizantina, nella Vulgata latina e nella traduzione presente nella Bibbia del Ricciotti.

  • Mt 2 : 2

...
ἰδού, μὰγοι ἀπὸ ἀνατολῶν... λέγοντες, Ποῦ ἐστιν ὁ τεχθεὶς βασιλεὺς τῶν Ἰουδαίων; Εἴδομεν γάρ αὐτοῦ τὸν ἀστέρα ἐν τῇ ἀνατολῇ, καὶ ἤλθομεν προσκυνῆσαι αὐτῷ.
...ecce magi ab oriente... dicentes ubi est qui natus est rex Iudaeorum vidimus enim stellam eius in oriente et venimus adorare eum
...alcuni  Magi,  venuti  dall’Oriente...  chiesero:  “Dov'è  nato  il  re  dei  Giudei?  Perché  noi  abbiam veduto la sua stella in Oriente e siam venuti per adorarlo”.

  • Mt 2 : 7

...
Ἡρῴδης... καλέσας τοὺς μὰγους, ἠκρίβωσεν παρ' αὐτῶν τὸν χρόνον τοῦ φαινομένου ἀστέρος.
...  
...Herodes... diligenter didicit ab eis tempus stellae quae apparuit eis
...Erode... si fece precisare da loro con ogni diligenza il tempo in cui la stella era loro apparsa.

  • Mt 2 : 9

...ἰδού, ὁ ἀστήρ, ὃν εἶδον ἐν τῇ ἀνατολῇ, προῆγεν αὐτούς, ἕως ἐλθὼν ἔστη ἐπὰνω οὗ ἦν τὸ παιδίον.
...ecce  stella  quam  viderant  in  oriente  antecedebat  eos  usque  dum  veniens  staret  supra  ubi  erat puer.
...Ed ecco la stella, che avevan visto in Oriente, andar loro innanzi, finché giunta sopra il luogo dov’era il bambino, si fermò.

  • Mt 2 : 10

...
Ἰδόντες δὲ τὸν ἀστέρα, ἐχὰρησαν χαράν μεγὰλην σφόδρα.  
...Videntes autem stellam gavisi sunt gaudio magno valde
...Vedendo la stella, provarono una grandissima gioia. 

 

Se quelle di Matteo furono soltanto frasi simboliche  non vi sarebbe motivo di perdere del tempo a cercare un corrispettivo fisico. Veronesi, però, ritiene doveroso cercare di trovare un'interpretazione esaustiva e coerente dei fenomeni descritti. Nell’ambito  astronomico,  si  è  cercato  nel  tempo  di associare  la  “Stella  di  Betlemme”  ad  un qualche particolare evento come il passaggio di una cometa (ma il testo non parla espressamente di tale tipo di stella. E' vero chei calcoli stimano il passaggio della Cometa di Halley ma nel 12 a. C. Oltre ad essere "fuori tempo", essa sarebbe stata visibile a tutti, Erode compreso, che quindi non avrebbe aspettato di venirlo a sapere dai Magi. Altri vi hanno individuato la descrizione di Venere, di una nova o super-nova ma alla luce degli studi di Veronesi e altri (già citati), resta plausibile soltanto un fenomeno: la triplice congiunzione Giove-Saturno nella costellazione dei Pesci, avvenuta nel 7 a.C. Essa sarebbe stata interpretata in modo "messianico" solo dai sacerdoti persiani (tali erano i Magi), detentori di avanzate conoscenze astronomiche, che erano in grado di correlare alle tradizioni e agli scritti sacri. La domanda ulteriore è: perchè Giove e Saturno erano importanti? Questi  corpi  possedevano  un  particolare significato nell’ambito delle tradizioni ebraiche dell’epoca:
-i Pesci rappresentavano la “casa degli Ebrei”
-Giove era correlato alla regalità
-Saturno era considerato il protettore della Palestina
−in  quel  periodo  il  “punto  vernale”  (ossia  l’equinozio  di  primavera)  si  verificava  proprio nei  Pesci,  molto  vicino  all’ingresso  iniziale  della congiunzione  in  questa  costellazione.

Il relatore ha poi approfondito  in dettaglio lo sviluppo della tripla congiunzione, mostrando i risultati ottenuti utilizzando adeguati software astronomici che permettono di ricostruire l’aspetto del cielo di quel periodo (a tal fine si rimanda agli "Atti" del Seminario).

A chiudere la mattinata e quindi il Seminario è stato il valente esperto di software astronomici Agostino Frosini (Archeoastronomia Ligustica), che ha presentato "Il software VSOP87 (variations Séculaires des Orbites Planetaires). In collaborazione con Mario Codebò ha illustrato questo nuovo programma che permette di avere una visione completa dei dati di: tempo, coordinate stellari, coordinate di sole e luna e coordinate planetarie. Le coordinate Stellari sono basate su FK5 epoca standard di riferimento J 2000 corrette da precessione, nutazione e aberrazione annua. I risultati forniscono una attendibilità compresa tra il 6000 AC ed il 10000 DC. Le coordinate planetarie sono basate sull' estratto dei più importanti termini periodici della teoria Bretagnon Francou VSOP-87; i risultati del programma forniscono un' attendibilità compresa tra il 2000 AC ed il 6000 DC. Le coordinate lunari sono basate sugli estratti dei più importanti termini periodici della teoria lunare Chapront ELP-2000/82. Complimenti! Questo ed altri programmi possono essere scaricati gratuitamente dal sito https://www.agopax.it/Archaeoastronomy%20Program/pagina_iniziale.html

 


 

Il pomeriggio domenicale alcuni di noi hanno raggiunto i Piani di Invrea a Varazze (SV), dove ci hanno atteso i gentilissimi Antonio Danaidi e Anna, membri di una locale associazione. Ci hanno accompagnato nel sito dove si erge il curioso Menhir del Cian de la Munega, appena sopra l'uscita autostradale. Una rete metallica protettiva è stata apposta da poco dalla Società Autostrade proprio perchè da un lato il Menhir affaccia direttamente sul pendio che sovrasta l'autostrada stessa e potrebbe essere pericoloso (ma è lì da millenni...). Purtroppo in questo modo non ci si può avvicinare per scopi di studio. La pietra assume vagamente l'aspetto di un monaco o monaca (donde il nome popolare), sebbene da una certa distanza e angolazione, mostri a tutti gli effetti un "volto" caratteristico! Non si sa ancora bene se sia un monolite infisso volutamente nel terreno, in epoche imprecisate e per scopi rituali, o se si tratti di roccia affiorante, poi modellata dall'uomo in forma antropomorfizzata. La vicinanza del mare pare aver costituito un punto di riferimento per i naviganti; forse- più arretrate sulla montagna restrostante- si trovano altre pietre simili con le quali era in triangolazione o comunque in allineamento? Le rilevazioni con la bussola effettuate da Paolo Colona sul posto, compatibilmente con la posizione in cui abbiamo potuto farle, hanno fornito un Azimut di 45° NE (alba del Solstizio estivo) e 30° sul lato sud. Scavi effettuati alcuni anni or sono alla base del monolito, hanno portato alla luce reperti attribuiti all'Età del Ferro.

I Piani di Invrea hanno una storia molto antica, che anticipa la presenza dei marchesi (signori del territorio) di molti secoli almeno. Nel 1100 era già sede di un convento cistercense dedicato alla Beata Vergine, sito nella vallata chiamata anticamente “Latronorium”. In seguito, proprio sui resti dell'antico cenobio, fu edificato l'odierno castello dalla famiglia Invrea-Centurione. Nella zona è presente anche un altro insediamento monastico, questo Vallombrosano, dedicato a San Giacomo. Ed è proprio a quest'ultimo che ci siamo diretti, dopo la visita al Menhir. E' un luogo ben poco noto, specialmente per chi viene da fuori Varazze ed è anche da poco tempo che è stato restaurato e restituito al culto, con l'introduzione di tre monaci francescani nella gestione. Arrivando quasi a lambire il confine con Cogoleto segnato dal fiume Arrestra, troviamo dunque questo ex- monastero seminascosto dalla vegetazione: San Giacomo dell'Areneto. Un cartello, prima di scendere sul sagrato e nell'orticello, informa che risale all'VIII secolo e fu rifondato nell'XI secolo. La fondazione sarebbe quindi di epoca longobarda ma ne abbiamo notizia scritta nel 1168, in una Bolla di papa Alessandro III.

Nella prima metà del XII secolo i monaci Vallombrosani dell'abazia di San Bartolomeo del Fossato in Genova fondarono questo piccolo ma vitale insediamento che nel tempo divenne Commenda e, come spesso ci capita di scrivere per altri monasteri, declinò rovinosamente, divenendo magazzino, stalla e chiuso al culto. Rimane la pianta architettonica originaria, con la navata sull'asse E-O e, all'esterno della chiesa, i perimetri di quello che doveva essere il chiostro. Il cenobio aveva anche un hospitale per accogliere pellegrini e viandanti che praticavano questa importante direttrice medievale, situata lungo l'itinerario che conduceva a Santiago de Compostela (la dedicazione a san Giacomo non è casuale).

 

 

Con queste interessanti visite si sono conclusi i due giorni del XIX Seminario di Genova-Sestri P. Ringraziamo ancora una volta gli organizzatori, gli studiosi, i partecipanti, gli amici vecchi e nuovi e diamo l'appuntamento all'anno prossimo.


 

Argomento: XIX Seminario di Archeoastronomia

Nessun commento trovato.

Nuovo commento