Spedizione nella selva del Rio Guaporé: il grande mistero della città perduta di Labirinto

(Yuri Leveratto)

 

Il Rio Guaporé (chiamato anche Rio Itenez, 1749 km di lunghezza), nasce nello Stato brasiliano del Mato Grosso e scorre in direzione nord-ovest, disimboccando nel Rio Mamoré.
Il suo corso segna la frontiera tra la Bolivia e il Brasile, in particolare tra i dipartimenti boliviani di Santa Cruz e Beni con gli Stati brasiliani del Mato Grosso e Rondonia.
Fin dai tempi degli Incas il Rio Guaporé ha rappresentato una linea di frontiera, oltre la quale vi erano terre mitiche e poco conosciute, come il leggendario Paititi. Ecco un passaggio dello scrittore spagnolo Sarmiento de Gamboa nella sua Historia de los Incas (1570).

E per il camino che adesso viene chiamato Camata, [Tupac Inca Yupanqui] inviò un altro gran capitán chiamato Apo Curimache, che andò fino a dove nasce il Sole e camminò fino al Rio del quale adesso si ha avuto notizia di nuovo, chiamato “Paititi”, dove vi sono i Moxos del Inca Topa.

Il regno leggendario del Paititi veniva individuato presso un Rio chiamato appunto Paititi e veniva sovrapposto alle terre degli indigeni Moxos. Secondo Sarmiento de Gamboa gli Incas mantevano rapporti amichevoli con il regno dei Moxos e con gli abitanti del Paititi ma fece costruire due fortezze per delimitare l’influenza dell’impero incaico. Uma di queste fortezze è stata individuata presso Riberalta, vicino alla confluenza del Rio Beni con il Rio Madre de Dios, mentre per quanto riguarda la seconda fortezza si ignora la sua possibile ubicazione.
Secondo le croniche di Lizarazu (1635), gli Incas non si limitarono a costruire le due fortezze ma si instaurarono nel regno del Paititi assumendone il controllo. Ecco due passaggi della cronica antica:

L’Inca del Cusco inviò suo nipote Manco Inca, il secondo a portare questo nome, alla conquista dei Chunkos, indios Caribe che vivono nella selva ad oriente del Cusco, Chuquiago e Cochabamba. E Manco entrò alla selva con ottomila indios armati, portandosi con se suo figlio.
E considerando la diffocoltà del terreno [Manco] popolò la parte opposta della montagna del Paititi, dove dicono gli indios Guaraní, que sono arrivati in seguito a conoscere questo potente signore, che in quel monte si trova grande quantità d’argento, e da lì tirano fuori il metallo, lo depurano, lo fondono e lo trasformano in perfetto argento. E così come fu a capo di questo regno del Cusco, lo è adesso in quel grandioso regno del Paititi, chiamato Moxos.

E’ possibile che realmente Manco (da non confondersi con Manco Inca) avesse governato il Paititi? Vi sono inoltre altri documenti antichi che narrano della fuga di Guaynaapoc (figlio di Manco), verso il Paititi, allo scopo di occultare i simboli sacri del Tahuantisuyo in un luogo nascosto, sicuro e lontanissimo dal Cusco. Ecco la cronica di Felipe de Alcaya pubblicata nelle informazioni di Lizarazu (1635):

Quando finalmente il “re piccolo” [Guaynaapoc], arrivò allá città del Cusco, trovo tutta la terra conquistata da Gonzalo Pizarro, e a suo zio [Huascar], assassinato a morte dal re di Quito [Atahualpa], e l’altro Inca ritirato a Vilcabamba [Manco Inca].
E in quell’occasione cosi particolare riunì tutti gli indios che stavano dalla sua parte, e li invitò a seguirlo alla nuova terra que aveva scoperto suo padre [Manco], chiamata Mococalpa (adesso chiamata Moxos)…Circa ventimila indios seguirono Guaynaapoc, ...Portarono con loro moltissimi capi di bestiame e artigiani dell’argento, e durante il cammino altri indigeni delle pianure si aggiunsero allá moltitudine, che alla fine raggiunse il Rio Manatti(1)
E finalmente giunse al Paititi donde fu allegramente ricevuto da suo padre e da altri soldati e la sua felicità raddoppiò, per trovarsi in un regno inespugnabile e lontanissimo dal Cusco, che era ormai in mano agli invasori.

(1) Rio Guaporé

Questo luogo leggendario, il Paititi, inteso anche come terra mistica e rituale dove sono preservate le tradizioni antiche, è stato cercato per circa 500 anni in innumerevoli spedizioni, ma nessuno lo ha mai trovato.
E’ stato cercato in Perú, Bolivia e anche in Brasile, ma nessuno ha potuto portare prove certe della sua esistenza reale.
 

Durante il mio ultimo viaggio in Bolivia e Brasile ho potuto portare a termine alcune spedizioni per tentare di fare luce su questo mistero del passato.
In Bolivia ho potuto, insieme al pilota ricercatore Jorge Velarde, compiere un'esplorazione aerea del parco nazionale Noel Kempff Mercado, allo scopo d’individuare dall’alto indizi importanti di queste antiche culture.
La spedizione è stata un successo in quanto abbiamo potuto documentare dozzine di laghi modificati dall’uomo ed orientati sull’asse nord-est sud-ovest, oltre a moltissimi terrapieni e colline artificiali.
In Brasile invece, insieme ad alcuni ricercatori dello Stato della Rondonia, ho potuto portare a termine alcuni viaggi sia nella conca del Rio Machado che in quella del Rio Guaporé.
La nostra spedizione nella selva del Rio Guaporé aveva come scopo la ricerca di eventuali resti di culture incaiche o pre-incaiche che potessero essere riconducibili al leggendario viaggio di Manco e al rientro di suo figlio Guaynaapoc nella terra del Paititi.
Il nostro obiettivo era una zona di selva situata nelle vicinanze del forte Principe da Beira, un imponente baluardo costruito dai portoghesi nel 1776, per demarcare e controllare il territorio situato ad ovest del Rio Guaporé, appartenente al Portogallo a partire dal 1750 (trattato di Madrid).
Nel versante occidentale del Rio Guaporé gli spagnoli avevano già costruito la missione di Santa Rosa (1743), che ebbe però vita effimera perché ormai tutta la zona era sotto il controllo dei portoghesi.
I partecipanti della spedizione sono stati: l’esperto in questioni indigene Evandro Santiago, il professore di Storia e Filosofia Zairo Pinheiro, il ricercatore Joaquim Cunha da Silva e il sottoscritto. Eravamo accompagnati dalla guida locale Elvis Pessoa.
Ci siamo inoltrati nella selva in un luogo distante circa quattro chilometri dal grandioso forte Principe da Beira. Dopo aver camminato avanzando nella foresta per circa mezz’ora ci siamo imbattuti in alcune strane rovine, dei muri antichi alti circa due metri.
Quindi camminando in direzione sud abbiamo trovato un altro muro, questa volta alto circa quattro metri e lungo circa 15 metri. La costruzione era rustica con pietre non molto grandi, incastrate tra loro in modo non perfetto.
 
Dopo circa 20 metri ci siamo imbattuti in un altro muraglione, ma dalla parte opposta rispetto al primo (verso est), come formando un canalone.
La vegetazione all’interno del canalone era tanto fitta e densa che risultava effettivamente difficile distinguere molti dettagli, senza avvicinarsi alle muraglie. Quindi ancora una volta sul lato destro, ho notato che il muraglione formava un canale verso ovest, più stretto ma completamente occupato da fittissima vegetazione.
Abbiamo quindi continuato ad avanzare con difficoltà fino a giungere ad una strana costruzione in pietra di forma quadrata di circa 5 metri di lato, all’interno della quale si può accedere attraversando un portale rivolto verso il nord.
I lati della costruzione sono composti da muri diroccati alti circa 50 cm, mentre il portale è discretamente conservato, costruito con un architrave largo circa 1 metro che sorregge le pietre rustiche posizionate al di sopra di esso. La facciata è alta circa 2,30 metri.
La nostra guida Elvis ci ha detto che tutto il luogo archeologico è denominato dai pochi nativi del posto Città Labirinto (cidade laberinto, in portoghese).
Durante tutta la giornata abbiamo continuato ad esplorare la zona rendendoci conto che il Rio Guaporé è abbastanza lontano dalla Città Labirinto, più di un chilometro. Abbiamo inoltre esplorato la parte alta dei monticoli delimitati dagli alti muraglioni rustici, trovando degli spazi abitazionali irregolari larghi circa due metri delimitati da pietre non incassate perfettamente.
L’indomani mattina abbiamo esplorato anche una zona situata ad est del portale, distante circa 700 metri, ed anche in quel luogo abbiamo trovato vari spazi abitazionali o basi di vecchie fondamenta, ma non gli alti muraglioni di Labirinto.
Siamo quindi tornati a Labirinto, concentrandoci non solo sull’interessante portale, dove si nota che i sedimenti nel suolo sono spessi circa 50 centimetri, ma soprattutto sui muraglioni e sulle basi di antiche fondamenta che vi sono negli spazi in cima ad essi.
Una volta terminata l’esplorazione, abbiamo passato alcuni giorni nel paese rivierasco di Costa Márques, duranti i quali è sorto un dibattito tra di noi sull’effettiva origine di Labirinto.
Il fatto che il forte portoghese Principe da Beira sia distante solo 4 chilometri potrebbe far pensare che Labirinto sia stato utilizzato come cantiere da dove i portoghesi del 1776 ritiravano e lavoravano le pietre per poi trasportarle fino al forte con imbarcazioni lungo la corrente del Rio Guaporé.
Secondo alcuni ricercatori di Rolim de Moura inoltre, il portale sarebbe stato costruito per conservare le munizioni dei portoghesi in un luogo sicuro lontano dal forte.
Questi ricercatori però non spiegano perché furono costruiti muri alti fino a 5 metri con tecniche rustiche e soprattutto perché vi sono delle fondamenta di spazi abitativi negli spazi al di sopra di queste abitazioni.
Inoltre non viene spiegato perché dei portoghesi, che ragionavano con una logica occidentale, avrebbero dovuto costruire un portale rivolto verso il nord nel bel mezzo della selva, proprio in un luogo dove abitarono popoli indigeni in passato.
Secondo me la Città Labirinto è molto interessante dal punto di vista storico e archeologico, e anche se non si può dare un giudizio definitivo perché fino ad ora non sono stati effettuati scavi appropriati, è possibile avanzare alcune ipotesi.
A mio parere gli alti muraglioni (almeno 4 ma potrebbero essercene altri), non possono essere stati costruiti da Europei del secolo XVIII, perché sono rustici ed imperfetti. La loro funzione sembra essere quella di delimitare delle zone elevate, dei monticoli, al di sopra delle quali vi sono dei resti di fondamenta di spazi abitativi che, per la loro forma e struttura, non possono essere stati costruiti né utilizzati da Spagnoli o Portoghesi.
Vi sono anche poche possibilità anche che gli alti muraglioni siano stati costruiti da indigeni della selva bassa amazzonica, che storicamente, non avevano la necessità, né l’abilità, di costruire delle strutture in pietra.
La Città Labirinto potrebbe pertanto essere stata costruita da popoli indigeni andini per ora sconosciuti o forse discendenti della famiglia reale incaica che si nascosero nella sponda occidentale del Rio Guaporé, come si evince dalla cronica di Felipe de Alcaya.
Per quanto riguarda il portale, anche qui i pareri sono discordanti.
Anche se Labirinto fosse stato utilizzato come cantiere da dove venivano estratte le pietre dai portoghesi, che bisogno c’era di costruire un solo portale diretto verso il nord? Non certo per fini abitativi, infatti se cosi fosse ne avrebbero costruiti altri. Per nascondere munizioni? E’ una possibilità ma finora non è provata.
A questo punto pertanto, senza una seria campagna di scavo archeologico è impossibile dare una risposta chiara e definitiva al grande mistero di Labirinto.
La mia opinione finale è che tutta l’area era popolata da indigeni della selva bassa amazzonica. Vi è una reale possibilità che Labirinto sia stato modificato da discendenti di Incas ed utilizzato come centro cerimoniale per circa 200 anni (dal 1540 al 1740 A.D.). Quindi con l’arrivo degli Europei nella zona è possibile che sia stato abbandonato, ed in seguito utilizzato da portoghesi per estrarre pietre usate per la costruzione del forte Principe da Beira.
Nella zona sono state trovate molte asce di origine inca e moltissima ceramica di stili diversi. Alcuni frammenti di ceramica sono raffinati e disegnati in modo esperto, altri sono rustici e forse erano usati solo come contenitori.
Se fosse provata la origine inca degli alti muraglioni di Labirinto, si potrebbe pensare che fosse un centro cerimoniale dove i discendenti di Huascar riportarono in vita le antiche tradizioni. Forse fu utilizzato per riorganizzarsi allo scopo di fondare una città vera e propria, il famoso Paititi, più nell’interno, relativamente lontano dal Rio Guaporé.
Forse all’interno del Parco Nazionale Pacaas Novos, dove sorge la Tracoá (picco Jarú), la montagna più alta della Rondonia?

(Autore Yuri Leveratto- Copyright 2011, per gentile concessione)

 

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