La Chiesa di Sant'Andrea Apostolo a Maderno

                                e il culto di S.Ercolano

                                         (Marisa Uberti)

 

                              

 

La chiesa di cui ci occupiamo oggi è situata a Maderno, un borgo sorto in età romana che nel 1928 venne fuso con Toscolano (formando il Comune di Toscolano-Maderno), sulla sponda occidentale del Lago di Garda (o Benaco), in provincia di Brescia.

Si tratta dell’antica pieve di Maderno che comprendeva la casa canonicale e il Battistero (sul lato Sud) e un cimitero (nello spiazzo attuale antistante l’edificio), fig. 1. Tale pieve sorgeva probabilmente su un sacello più antico, forse di matrice pagana. All’inizio del XII secolo e per iniziativa vescovile, venne eretta la chiesa romanica dedicata a Sant’Andrea Apostolo (detta anche Monumentale), che prospetta sulla piazza centrale del borgo lacustre. Si viene subito colpiti dal fascino della facciata e dell’alto campanile, realizzato nel 1469 e culminante in un tetto a cono, composto di mattoni policromi (fig. 2). Con un buon zoom, si possono vedere due sculture di santi (Sant'Ercolano e Sant'Andrea), fig. 3. Curiosa la cupola, innestata tra le colonnine e il tetto (fig. 4).

 

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La bella facciata è costituita da pietre policrome dove sono ben visibili inserzioni di blocchi di reimpiego: a sinistra (all’angolo del monumento), si trova un’ interessante pietra cubica di età romana incassata al rovescio si dice per disprezzo del "paganesimo" (su un lato vi è un amorino che guida una biga - o Fetonte? - e sull'altro due bucrani); sull’angolo sinistro è chiaramente visibile un’epigrafe funeraria romana di Pubblius Eppius Rufus, testimonianza di pre-esistenze in loco (figg. 5-6). Interessante è aggirare tutto l’edificio, fin dove possibile, per scoprire alcuni elementi di reimpiego come una croce (fig. 7) e le classiche “faccine” lasciate dagli scultori comacini (fig.8). Sul lato Sud, invece, una cancellata consente di vedere depositati nel cortile alcuni pezzi di incerta epoca, come un sarcofago ed elementi litici. All'angolo con la chiesa, ma già all'interno del cancello, si nota un blocco di reimpiego (infatti è disteso in orizzontale) dov'è scolpito un vessillario romano, troncato (fig. 9) Adiacente al cortile si trova la chiesetta della Madonna di Lourdes, sorta sul luogo dell’antico battistero.

 

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Il portale della Chiesa Monumentale è strombato e nella lunetta si apprezza una Madonna con Bambino e santi (fig. 12), mentre molto meno leggibile è l’affresco dell’architrave, che raffigura una teoria di santi, tra cui una figura di vescovo che è probabilmente Sant’Ercolano, cui questa chiesa è strettamente connessa. All’interno di essa furono infatti custodite le reliquie del santo episcopo fino al 25 ottobre 1825, quando –con solenne processione- le stesse vennero trasferite nella nuova Chiesa Parrocchiale di Maderno (fig. 9b) e collocate nell’urna marmorizzata, dove tutt’oggi si trovano (come vedremo più avanti).

 

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Ma rimaniamo ancora sulla facciata (figg. 10-11-12) della Chiesa Monumentale per ammirare le sculture di fattura lombarda (Comacina) che vi si trovano a profusione, assumendo anche caratteristiche di unicità che mai avevamo trovato altrove (come quella della foto in apertura, sotto il titolo), mentre altre figure simboliche sono ricorrenti nello stile romanico. Forse antecedenti sono i motivi a intreccio sugli stipiti dell'ingresso e nodi magici (fig. 13- 14), e ancora faccine a profusione sotto gli archetti...Bisogna dotarsi di tempo e di uno zoom (o un binocolo), per "divertirsi" a scoprire cosa ci hanno lasciato i cari vecchi costruttori, i lapicidi, gli scultori...Sempre dandoci dei messaggi, non solo bizzarrie di pietra, come abbiamo ribadito spesso nei molti articoli di questo sito. Sopra una lesena si trova una "cassetta" in marmo rosso (fig. 15), finemente scolpita con protomi umane, è probabile si tratti di un'urna cineraria. A chi appartenne? Una bellissima sirena bicaudata (qui con sembianze maschili), fig. 17, è posta proprio sotto l'incrocio degli spioventi del tetto mentre una più piccola sirena occhieggia sullo sfondo rosso tra racemi vegetali della strombatura del portale (fig. 16).

 

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All’interno (figg.18-18a) - orientato sull’asse E/O, con ingresso a occidente e abside a oriente, secondo le prescrizioni canoniche- si viene catturati da un’atmosfera rarefatta e spolverata di mistero; le tre navate, separate dalle imponenti colonne, non sono originali nel senso che sono stati apportati profondi mutamenti nel corso del tempo. La chiesa romanica doveva infatti avere delle monofore lungo i muri laterali e colonne e pilastri erano uniti da archi a tutto sesto; oggi invece i sei intercolumni sono scomparsi e restano tre campate, scandite da archi a ogiva. Sono state inoltre aperte grandi finestre al centro di ciascuna campata. Dell’originaria abside semicircolare non resta che un pallido ricordo, essendo stata sostituita da una a forma rettangolare. Alzando lo sguardo sui capitelli delle colonne delle navate, si apprezzano elementi cari all’arte longobarda e ripresi nello stile romanico: intrecci viminei, la sirena bicaudata tra leoni rampanti (fig. 19), motivi fitomorfi e zoomorfi di varia natura (è interessante notare come sia ncora visibile lo sfondo rosso dei capitelli). Una bella croce vermiglia (fig. 19a) è dipinta sulla parete (riemersa con i restauri?).

 

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I capitelli delle colonne del prebiterio sembrano invece più arcaici: troviamo riprodotto spesso il pesce, fig. 20 (simbolo antico dei cristiani), l’aquila, l’ariete e il leone. Sull'arcone si trova una splendida e arcaica scultura raffigurante due personaggi abbracciati (fig. 20a), dalla parte rivolta verso l'abside (quindi per vederla bisogna salire le scalette laterali che conducono nel presbiterio rialzato, e guardare in alto, nella chiave di volta dell'arcone stesso). Una bellissima lastra marmorea funge da paliotto d’altare (fig. 21) e proviene da un pluteo alto-medievale, che costituiva l’antica recinzione che divideva l’area sacra da quella dei fedeli. E’ questa una rara testimonianza della chiesa precedente quella romanica, stando alla descrizione ufficiale della Unità Pastorale San Francesco d'Assisi (opuscolo reperibile in loco), mentre secondo altri, il reperto si trovava murato sotto il porticato esterno della canonica (comunque reimpiegato).

 

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Interessante è l’apparato iconografico pittorico delle navate, di cui si citano solo alcuni elementi: appena entrati, a sinistra sotto il capitello del pilastro addossato alla controfacciata, notiamo lo stemma policromo dipinto ad affresco (forse appartenente ad un vescovo?), fig. 22; una bella nicchia coronata da un arco inflesso (XV secolo), fig. 23,  costituisce i primo altare. il sottarco della volta della prima Campata sinistra presenta una decorazione tardo-quattrocentesca con un’ insolita rappresentazione di sirene bicaudate (fig. 24) che si alternano a Padri della Chiesa. Le sirene (di genere femminile) sono coronate e le loro code terminano in elementi vegetali trifogliati (bellissima allegoria). Sul pilastro della seconda Campata è raffigurato un enigmatico Mosè con le Tavole della Legge (figg. 25-25a).

 

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Arrivando al terzo altare (dedicato alla Madonna del Rosario, fig. 26)) ci soffermiamo a leggere la lunghissima iscrizione riportata sul paliotto, di cui vi è la traduzione su un pannello appeso al muro. Questa iscrizione è importante per inquadrare le origini, la vita, le opere, i miracoli di S. Ercolano, di cui diremo poi.  L’altare maggiore è del 1577 ed è dedicato a Sant’Andrea; un grande crocifisso campeggia nella soasa. A destra si aprono due Cappelle: entrando, la prima è stata demolita con i restauri del 1959-’62, la seconda è dedicata a san Lorenzo e segnaliamo un’antica epigrafe (1389) che ricorda un personaggio illustre di Maderno, Lorenzino Lancetta. 

 

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Arriviamo quindi alla terza e ultima Cappella (1587), dedicata un tempo a Sant’Ercolano (oggi a san Francesco d'Assisi), in cui trionfano stucchi, affreschi che rappresentano scene della vita del santo e rifiniture dorate (fig. 27). Qui si conservavano degnamente le sante reliquie dopo la distruzione della cripta e prima del loro trasferimento nella nuova Chiesa Parrocchiale. Sotto l'altare (che ospita una pala raffigurante San Francesco), vi è un'iscrizione su fondo grigio che ricorda la presenza delle ceneri e delle ossa del patrono (fig. 28) e notiamo che il nome del santo è riportato con la "H" (fig. 29), Herculiani. Così veniva scritto nella lingua latina.

Facendo dei calcoli, le reliquie del santo si conservarono in questa Cappella per circa due secoli e mezzo (dal 1580 circa al 1825).

 

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Sotto il presbiterio si trova una cripta (fig. 30) molto diversa da quella primitiva. Infatti San Carlo Borromeo, durante la visita pastorale del 1580, ordinò che venisse abbassato il livello pavimentale del presbiterio per consentire ai fedeli una migliore visuale dell’altare maggiore, ma così facendo venne demolita la parte superiore della cripta che ne determinò il suo interramento. E se poi fosse vero che la cripta sorgeva su antico sacello dedicato all'oracolo del dio Apollo (v. link), il cardinale Borromeo ne volle eliminare per sempre ogni possibile eco...

Oggi l’accesso alla cripta avviene attraverso due rampe di scale laterali precedenti il presbiterio; l’ingresso ha tre fornici e il perimetro che troviamo è stato ripristinato (in base all’originale) dai restauri effettuati tra il 1959-’62. Una piccola finestrella, in fondo alla cripta, permetteva ai Gonzaga di partecipare alle cerimonie religiose senza essere visti dal popolo. [Dal loro palazzo noto come Palazzo Nuovo e sito nella vicina Via Benamati, arrivavano in questa chiesa attraverso una galleria sotterranea, che di fatto faceva da collegamento tra i due edifici. La dimora fu voluta da Vincenzo I Gonzaga come residenza estiva, intorno al 1606 e oggi ne restano soltanto poche vestigia].

 

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Qualche elemento appartiene alla cripta romanica, come le lesene, un frammento della mensa sacra e la parte inferiore della monofora rivolta a oriente; i capitelli delle colonne sono stati ricomposti utilizzando materiale rinvenuto nella cripta stessa, i lacerti di affreschi datano tra XIV e XVI secolo. Al centro del locale si trova un manufatto grossolanamente ricostituito, a dare l’idea di dove fosse il sarcofago con le reliquie di Sant’Ercolano. Tale sarcofago non era però stato realizzato apposta per contenere il suo corpo perchè era di provenienza romana ed era appartenuto alla moglie di Minicio Marco, Cassia Festa. Doveva anche essere decorato con scene della mitologia romana e quando il cardinale Borromeo venne a visitare questa chiesa, dovette trovarlo molto sconveniente per ospitare le spoglie di un santo cristiano! Decise, pertanto, di toglierle e spostarle nell'altare laterale (Cappella di Sant'Ercolano), ordinò inoltre i lavori di cui sopra, in modo tale che la cripta venisse interrata e il sarcofago fu smantellato (fig.31).

 

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  • Sant’Ercolano a Maderno

 

Non è difficile, per il visitatore forestiero, capire abbastanza in fretta quale sia la figura patronale del luogo[i], dato che sul lungolago, poco distante sia dalla Chiesa Monumentale che dalla nuova Parrocchiale, si staglia un’imponente statua candida di Sant’Hercolano (fig. 32). Esatto, è scritto proprio così su una dell facce del basamento, S. Herculiani, con la H, come abbiamo già visto e come è noto si scrivesse nella forma latina. Ma come non fare un raffronto con il pagano Hercules? Il nome del Santo vescovo lo troviamo scritto in diversi modi: Ercolano, Erculiano, Hercolano, Herculiano.  Per secoli ebbe la simultanea dizione di Ercolano ed Erculiano, poi la prima finì per soppiantare la seconda.

E se il culto di Sant'Erculiano fosse un perdurare del culto al pagano Ercole, trasposto poi nella figura cristiana del vescovo (che forse arrivò nel posto giusto al momento giusto...)?

 

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L’ipotesi non è peregrina. Ne “Le Memorie bresciane, opera istorica et simbolica” di Ottavio Rossili (in Brescia, per Bartolomeo Fontana, 1616) è citata la deliziosissima terra di Maderno dove si scopre che Lucio Valerio Severo (e la moglie) avevano dedicato al dio Ercole un altare per la salute del figlio, Lucio Valerio Corneliano[ii]. Tale ara sacra (datata tra I e II sec. d.C.) è conservata presso il Museo Maffeiano di Verona, n. Inv. 216. L’iscrizione recita (tradotta dal latino):

 

“Agli Dei Santi

Ercole e Giunoni

Lucio Valerio

Severo e Clodia

Corneliana per Lucio Valerio

Corneliano,

sciolsero il voto volentieri, meritatamente”[iii]

 

Andiamo per ordine. Chi fu Sant’Ercolano? Anzitutto, non va confuso con altri quattro santi della Chiesa Cattolica Romana che portano lo stesso nome. Il "nostro" fu il XIX° vescovo di Brescia (vissuto nel VI secolo d.C.). L’epigrafe che abbiamo incontrato nella Chiesa di S. Andrea Apostolo, quella riportata sul paliotto di marmo rosso (fig. 34), ci dà alcune informazioni sulle sue origini e riporta anche la principale leggenda che ne riguarda le spoglie. L'iscrizione è in latino ma la pubblichiamo tradotta (si fa notare che il nome Ercolano è riportato come “Herculianus” nell'originale):

 

“SAN ERCOLANO, di nazione teutonica, nato da genitori illustri e cristiani, fu insigne per aspetto, ingegno, eloquenza e mansuetudine.

Nemico della ricchezza e amico dei poveri lasciò la patria e i genitori per servire Dio. Vide Cristo con gli Apostoli sotto forma di poveri, e mentre portava loro in grembo dei pani, questi furono cambiati in pietre preziose.

Esercitò l’ufficio di abate in un monastero della città di Brescia; con le sue preghiere restituì la vita a due morti. Sotto l’Imperatore Giustiniano, nell’anno del Signore 552 fu eletto vescovo di Brescia; per 24 anni resse la chiesa e il popolo con ammirabile pietà. Preservò dalle tentazioni del demonio un diacono, venuto a lui da Bisanzio per avviso di un angelo.

Trascorse in seguito una vita solitaria nella penisola di Campione sul lago di Garda.

Alla sua voce ubbidivano gli uccelli, i pesci e gli animali terrestri. Vide gli angeli che gli portavano un cibo dal cielo.

Qui infine morì nell’anno del Signore 576.

Siccome i popoli si contendevano nel reclamare a vicenda il suo corpo, col consenso di tutti fu posto in una barca senza alcun conducente.

Per volere divino la barca approdò a Maderno. Il suo corpo fu portato dai madernesi nella loro chiesa dedicata a S. Andrea Apostolo; collocato in una tomba di pietra, divenne famoso per molti e insigni miracoli.

Mentre con solenne processione si riportava a Maderno il corpo che era stato rubato, il corso del fiume (Toscolano) si fermò finché tutti fossero passati.

Guarì molti ammalati e fece tanti altri miracoli. Le sacre reliquie, per ordine ed alla presenza del Card. Carlo Borromeo, Arcivescovo di Milano e Legato Apostolico, il 13 agosto 1580 furono tolte dalla cripta dov’era conservata la tomba e portate in processione, presenti più di quattromila persone.

In seguito furono collocate nell’altare qui di fronte.

Questa epigrafe fu restaurata nel 1625 dal Rev. Andrea Pasini”.

 

Aggiunta all’epigrafe

Il 25 ottobre 1825 le reliquie di S.Ercolano furono solennemente trasportate nella nuova chiesa parrocchiale e depositate in un’apposita urna sopra l’altare a lui dedicato.

 

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Come possiamo leggere, sono numerose le notizie che l’iscrizione ci trasmette. Tra di esse, quella che Ercolano visse in una grotta a Campione del Garda, come è anche stato raffigurato in una scena dipinta sull’arco della volta (fig.35) della sua Cappella nella Chiesa Monumentale. Andiamo allora a Campione per cercare di individuare la grotta in cui visse…

 

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  • La Grotta di Sant’Ercolano a Campione del Garda

 

Visto che stiamo indagando tra le pieghe dei misteri della storia di Sant’Ercolano, non ci costa molto raggiungere la località di Campione del Garda, a poche decine di minuti d’auto da Toscolano- Maderno.  Il borgo (frazione di Tremosine) sorge su un conoide alluvionale formato dal torrente San Michele, ed è una penisoletta che si protende nel lago. Alle sue spalle, si alzano verticali le ripide falesie rocciose che caratterizzano questo tratto di costa.

Mentre arriviamo, con la vista del lago sempre alla nostra destra che ci regala paesaggi estatici, ripassiamo alcune informazioni che abbiamo appreso. Sant’Ercolano era vescovo di Brescia nel VI secolo d.C., perché dunque si rifugiò in una grotta di Campione sul Garda? A quel tempo la località doveva sicuramente godere di isolamento, costituire un rifugio o ispirare l'ascetismo ma la vocazione eremitica, da sola, pare non basti a rispondere; bisogna infatti pensare al contesto storico-politico dell’epoca, quando l’Italia fu invasa dai Goti e dai Longobardi, entrambi di estrazione “pagana”. Alcuni vescovi (come Onorato di Milano, o quello di Aquileia) dovettero forzatamente cercare riparo altrove e ciò potrebbe essere accaduto anche nel caso di Ercolano. Tuttavia si può anche ipotizzare che la primitiva grotta di Campione fosse in realtà un sacello dedicato ad un culto non cristiano (come in tante altre situazioni, ad esempio quella di San Michele Arcangelo sul Gargano[iv], in cui era precedentemente venerato l’oracolo Calcante o Calcas, sacerdote di Apollo e, prima ancora, Podalirio, un altro indovino-medico), forse connesso con la presenza di una sorgente miracolosa, come sovente è attestato (anche nel caso della grotta micaelica sul Monte dell’Angelo); del resto si veda quanto riportato alla nota 2.

Forse il vescovo vi giunse veramente, da eremita e con il tempo l’antico culto pagano (forse ad Ercole) venne sradicato e dimenticato, soppiantato dai miracoli di Ercolano oppure, tra leggenda e mistero, i due culti si sovrapposero, chissà...

Tornando però a quello che la tradizione tramanda, l’eremita Ercolano passò diverso tempo nella grotta, che si apriva in un punto della ripida roccia sovrastante il lago; qui egli stava in contemplazione e preghiera, tra mortificazioni, digiuni e attività di sostegno alla popolazione, specialmente ai pescatori. Quando infatti questi ultimi gli portavano in offerta dei pesci, Ercolano li distribuiva tra la gente, che pativa gli stenti. Leggenda narra che egli compisse miracoli e ammaestrasse pesci, uccelli e animali terrestri (parlava agli animali come San Francesco, peraltro venuto secoli dopo). Avrebbe anche resuscitato due persone. La connotazione di una figura intimamente unita con la Natura e il suo Creatore emerge tutta. L’asceta si cibava pochissimo e gli abitanti erano preoccupati finchè un giorno Ercolano chiese ad uno dei pescatori una barca, con cui intendeva andare “verso lidi più ampi e verso il sole”, forse riferendosi alla sua morte che sentiva vicina o forse profetizzando che il suo corpo sarebbe giunto nel golfo di Maderno. Sta di fatto che la leggenda narra che alla sua morte, avvenuta nell’anno 576 d.C., il corpo venne deposto su una barca lasciata andare in balia del vento, il quale la fece approdare sulla spiaggia di Maderno. Storicamente manca una certezza ma un documento[v] fa ritenere che le spoglie del santo fossero a Maderno almeno dal 1022. Ma quando sarebbe avvenuta la traslazione? E dove sarebbero state tenute, le reliquie, dal 576, anno della morte di Ercolano?[vi]

Sulla scia di questi interrogativi eccoci giunti a Campione; sono in corso dei lavori proprio sotto la montagna, forse per la messa in sicurezza della strada. Il lago, incantevole, è davanti a noi (fig.36); parcheggiamo in questa piccola località, che sta aprendosi al turismo e che ha conosciuto una vocazione industriale da diversi secoli. La parete rocciosa sembra un ciclope che da un lato protegge Campione, dall’altro può essere fonte di pericolo per il distacco di massi, specialmente da quando è stata tagliata verticalmente per circa 10 m, per costruire la Statale della Gardesana.

Ci sentiamo smarrtiti: come individuare la grotta di Sant’Erculiano in quelle pareti rocciose? (fig. 37-38)

 

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Sappiamo che essa si trova alla quota di circa 30 m sul livello del lago. Al di sopra del taglio artificiale della parete rocciosa, questa prosegue con andamento sub-verticale per altri 12 m circa, che si superano soltanto con mezzi idonei in possesso degli scalatori. Dunque, raggiungerla è comunque un’utopia; tra l’altro, sempre per costruire la strada e a causa del taglio artificiale, è scomparsa ogni traccia di eventuali ponteggi lignei che la grotta poteva presentare. Poco distante dalla prima grotta (ad una cinquantina di metri), si trova una seconda caverna, detta “Grotta del Discepolo”, ove avrebbe vissuto appunto un discepolo di Ercolano, forse il diacono venuto a lui da Bisanzio e che egli preservò dalle tentazioni del demonio. Nella figura sottostante (fig.39), vediamo l'ubicazione delle due grotte (da Gilardi, Daniele, Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura e Società, Corso di laurea specialistica/magistrale in architettura, polo di Mantova-Anno accademico 2008/2009. Il Meandro in Museo. Museo diffuso del territorio):
 

 

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La grotta di Sant’Erculiano fu ricavata da una cavità naturale; la sua pianta è ad arco ribassato, che fu allargato successivamente. Verso valle presenta un muretto che nel tratto occidentale e inferiore rivela materiali petrosi e frammenti di tegole di tipo romano, mentre nel lato orientale e superiore le pietre sono disposte in corsi regolari, tecnica usualmente utilizzata in età romanica. La Grotta del Discepolo è stata anch’essa interessata dal taglio artificiale della parete rocciosa per la costruzione della Gardesana Occidentale. Al di sopra di questa, circa 50 m, si localizza l’antro, che ha pianta semicircolare irregolare ed era chiusa da pareti. Sul lato orientale dovevano trovarsi una porta e una finestra (sono rimaste tracce), sul lato settentrionale il muro sfruttò uno spuntone di roccia verticalizzato in modo artificiale.

Osservando dal basso la ripida parete verticale di roccia, ci rendiamo conto che presenta numerose aperture, certo alcune probabilmente molto piccole e inadatte per essere caverne abitabili. Ma ci colpisce un grande foro (fig. 40) che sembra un'entrata ad una spelonca, forse proprio quella fu la grotta di Ercolano? E, verso l'attuale galleria che è l'uscita a Campione (figg. 41- 42 - 43), scopriamo un altro monumentale accesso, forse la Grotta del Discepolo...Non dimentichiamo che l'isolamento di questo lembo di terra proteso sul lago indusse la popolazione a dedicarla non solo ad Ercolano ma anche alla memoria di un altro eremita, San Girolamo (scrittore ecclesiastico del V secolo), di cui quindi dovrebbe esistere anche una grotta che porta il suo nome (?).

 

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Quante curiosità si imparano[vii]! E ne aggiungiamo un'altra: dal culto di Ercolano sarebbe andata costituendosi un'antica associazione laica, gli Erculiani.

Il cognome "Erculiani" è inoltre molto diffuso sulla riviera benacense.

 

  • Ricognizione sulle reliquie conservate a Maderno

 

La prima ricognizione di cui si ha notizia è quella effettuata dal vescovo di Brescia Paolo Zane nel 1486. Egli fece aprire il sarcofago, trovandovi ceneri e ossa, di cui tre sono definite “di singolare dimensione” (che cosa significa, esattamente, non è chiaro). Poste in un panno di lino, le reliquie vennero corredate di una memoria scritta e collocate in un’urna di legno di noce, che il prelato depose nel sarcofago, il quale venne sigillato come lo aveva trovato.

Nel 1580 San Carlo Borromeo volle eseguire una seconda ricognizione, facendo aprire l’urna e trovando le ceneri e le ossa. Fece allora dividere le une e le altre, ponendole –rispettivamente- in un panno di seta. Il cardinale dispose di lasciare la memoria scritta del vescovo Zane e aggiunse una targa di bronzo dorato sulla quale fece incidere il nome di Sant’Ercolano.

Nel 1587 una terza ricognizione (a distanza di soli sette anni dalla precedente…) fu effettuata dal vescovo di Brescia mons. Francesco Morosini, che si limitò ad estrarre i due panni di seta e a riportli in una cassetta di stagno appositamente realizzata e divisa in due parti, una per le ceneri e una per le ossa.

Le reliquie del santo riposarono per alcuni secoli fino a quando, in occasione della loro solenne traslazione nella nuova Chiesa Parrocchiale (1825), il vescovo Gabrio Maria Nava, fece riaprire l’urna, stavolta disfacendo anche i due panni di seta ed esaminando le reliquie. Le avvolse in un drappo di seta bianca di damasco, appose i sigilli episcopali e le depose in una nuova cassetta di lamina di ferro stagnato, divisa in due parti. Quest’urna fu messa in una cassa di noce e deposta in un’apposita teca sopra l’altare di S. Ercolano.

Il 30 maggio del 2000 è stata condotta la quarta (e per ora ultima) ricognizione parziale, su incarico del vescovo di Brescia, Giulio Sanguineti. Erano presenti numerose pesonalità ecclesiastiche tra cui il custode diocesano delle reliquie; all’apertura della “cassa di latta”, vennero trovati i due involucri di seta ma non vennero aperti per non rompere i sigilli che erano stati apposti dal vescovo Nava nel 1825. E’ stata però predisposta una nuova arca in peltro (figg. 44-45), vista la precarietà di quella più antica, ed è stata realizzata un’epigrafe in lingua italiana e tradotta in latino. Una solenne cerimonia pubblica si è svolta nella nuova Chiesa Parrocchiale, il 5 agosto 2000, con la partecipazione del clero, delle cariche pubbliche amm.ve, militari e i sacerdoti di tutta la riviera. Concelebravano i parroci di Maderno e di Campione, dove l’urna fu portata per qualche giorno per ricevere gli omaggi della popolazione locale. Le reliquie rientrarono a Maderno l’11 agosto di quell’anno.

Peccato non sia stata eseguita la ricognizione scientifica dei santi resti; sarebbe stato interessante scoprire qualcosa di più in merito, ad esempio, alla loro datazione, e chiarire un po’ meglio la definizione che diede, nel lontano 1486, il vescovo Paolo Zane di tre ossa (“di particolare dimensione”), sicuri che la fede non si lascia scalfire dai dati analitici.

 

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[i]Il 26 luglio 1466 fu riconosciuto protettore principale di tutta la riviera salodiana del Garda. Attualmente ne è patrono secondario ma è patrono di Maderno. Il 12 agosto è la festa di Sant’Ercolano.

[ii] La moglie di Lucio Valerio Corneliano, Clodia Corneliana, volle che venisse fatto il voto anche alle Giunoni. Il consorte acconsentì ma facendo apporre una “et” tra Herculi e Iunonibus. Gli uomini avrebbero giurato su Ercole, le donne su Giunone (Rossilli, op. cit. nel testo, p. 30)

[iii] “Ercole- particolarmente venerato nella Cisalpina- potrebbe (in questo caso madernese, n.d.r.) essere un dio locale assimilato a quello romano, la cui diffusione potrebbe essere stata favorita dalla sua valenza iatrica, legata alle fonti salutari e alla sua notevole importanza  presso le popolazioni celtiche, che ne determinò la sovrapposizione a precedenti divinità galliche. L’associazione con le Junones, le divinità celtiche della fecondità vegetale e animale diffuse tra Brescia e Aquileia, confermerebbe tale ipotesi” (da Modenesi, Daniela, “Museo Maffeiano: iscrizioni e rilievi sacri latini", L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 1995, pp. 57-58)

[v]Calendario dei Santi,  compilato a Trento nel 1022 per ordine del vescovo Ulderico II, leggiamo quanto segue: “12 agosto, anniversario di S. Ercolano confessore (della fede) e vescovo che è sepolto a Maderno”.

[vi] La devozione verso la figura di Ercolano, già fervida quand’egli era vivo, continuò dopo la sua morte, tra la popolazione di Campione del Garda e della riviera, dove si verificarono dei miracoli per sua intercessione, almeno secondo la credenza popolare. A Campione si doveva trovare una “Chiesuola” intitolata al santo. Il papa Urbano III, nella sua Bolla del 1186, menziona “l’oratorio di S. Erculiano”, assoggettato alla pieve di Tignale, come tutta la parte meridionale della penisola di Campione (v. il sito ufficiale www.santercolano.org ). Dal già citato Daniele Gilardi, corso di laurea 2008-2009):"Al tempo della visita di San Carlo (1580) esisteva in Campione di Sopra (riva sinistra del S. Michele, comune di Tremosine e diocesi di Brescia) una chiesa dedicata a San Girolamo, completamente distrutta dall’alluvione del 1807. IIn Campione di Sotto (riva destra del S. Michele, comune di Tignale e diocesi di Trento) doveva esserci una chiesetta dedicata a S. Ercolano, poi ricostruita nel ’700 di fronte al palazzo Archetti e infine trasferita nell’attuale chiesa, aperta al culto nel 1901. Nel 1928 le due frazioni vennero riunite in una sola, amministrata dal comune di Tremosine, com’è tutt’oggi".

[vii] Della presenza delle due grotte ne diede notizia storica Marino Sanudo il Giovane (anche noto come Marin Sanudo, 1466-1536), nei suoi Diarii, opera monumentale di 58 volumi, non integralmente studiati

 

Argomento: La Chiesa Monumentale di Maderno e il culto di S.Ercolano

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