San Pietro in Consavia: il Priorato dei Giovanniti di Lombardia

               Il “Battistero di San Pietro” o Rotonda dell’Anastasis

                                 Santa Maria del Tempio (scomparsa)

                                                ad Asti

                                                                     (Marisa Uberti)

 

                               

 

Situato all’angolo di Corso Alfieri (antico decumano o Strada Consolare Fulvia) con Piazza I Maggio, il grandioso e interessantissimo complesso di San Pietro in Consavia sorge su una precedente chiesa dedicata al Santo Sepolcro di Gerusalemme, costruita dai Crociati. Si ritiene che a fondarla possa essere stato il vescovo astigiano Landolfo di Vergiate, che aveva partecipato alla prima Crociata. L’epoca presunta di fondazione risale al 1100-1113. Quanto vi abbiano partecipato i Cavalieri Templari non è dato sapere, ma sappiamo che essi gestivano la vicina Chiesa di Santa Maria del Tempio, oggi scomparsa. L’ Ordine dei Poveri Cavalieri di Cristo (i Templari) doveva avere una importante Precettoria, appena fuori dalle mura, su una direttrice (l’attuale Corso Alfieri) che conduceva ad Alessandria e pertanto costituiva l’ingresso, ad oriente, alla città di Asti. Quando l’Ordine venne soppresso (1312), i beni vennero incamerati dai Giovanniti (poi di Malta) che già nel 1169 erano proprietari della chiesa del S. Sepolcro (ceduta loro in quell’anno dal vescovo Anselmo) e di un Ospedale. Nel XIII secolo la chiesa del Santo Sepolcro assunse il titolo di San Pietro di Consavia e nel 1302 ospitò un importante Capitolo dell’Ordine Giovannita. Il complesso acquisì sempre maggiore importanza tanto che, a partire dal XV secolo, si consolidò come sede fissa del Priorato.

 

           

                                  L'ex sede del Priorato Giovannita

 

La chiesa di Santa Maria del Tempio (che era appartenuta ai Cavalieri Templari) doveva essere trascurata, invece, perché nel 1585 non risultava più come parrocchia, ma era stata soppressa e unita a quella di San Pietro in Consavia. Versava in condizioni precarie, senza custode, con la porta perennemente aperta, tanto che vi poteva entrare chiunque a bivaccare, persone o animali. Nonostante ciò, vi si celebrava ancora la S. Messa, seppure molto di rado; la funzione era svolta dal curato di S. Pietro che si doveva portare l’occorrente poiché in detta chiesa mancava tutto. Veniva descritta però con due altari, nella visita pastorale del Delegato Apostolico Angelo Peruzzi, che infine obbligò i residenti a restaurarla, ordinando che la porta venisse aperta soltanto per la Messa. “ Un fatto assai curioso legava questa chiesa ad un significato apotropaico davvero insolito: difatti molti febbricitanti andavano a ramazzare il sagrato ed il suo interno credendo di poter così guarire dalla loro malattia. Il Monsignore, pertanto, ordinò che nessuno in futuro fosse lasciato entrare per questo scopo, al fine di sradicare una simile turpe superstizione” (A. Varisco, v. link). Ciò farebbe ritenere che la chiesa, nel tempo, si fosse guadagnata l’affezione popolare, specialmente dei malati (forse perché sorgeva su un punto considerato “benefico”?), verosimilmente da mettere in relazione con la sua originaria vocazione ospitaliera? Nella visita pastorale del 1588, Monsignor Panigarola impose le stesse cose e relegò la chiesa di S. Maria ad una cappella campestre, di cui non resta traccia, allo stato attuale delle conoscenze.

 

Resta invece il grandioso complesso architettonico di San Pietro in Consavia, dove aveva sede il Priorato dell’Ordine dei Cavalieri di San Giovanni di Asti , che era uno dei sette in cui si articolava la Lingua d’Italia (gli altri erano Venezia, Pisa, Roma, Messina, Capua e Barletta).  Quanto fosse importante la sede astigiana lo capiamo bene se pensiamo che da questo Priorato dipendevano oltre una sessantina di ospedali e precettorie distribuiti in Piemonte, in Liguria, in Lombardia e in Emilia.

 

          

                 La freccia indica la Croce dei Cavalieri di San Giovanni (poi di Malta)

 

Gli Sforza di Milano avrebbero fortemente voluto trasferire la sede del Priorato a Milano, ma non vi riuscirono mai. Il Priorato venne soppresso con l’avvento di Napoleone e, dopo la ricostituzione ottocentesca dell’Ordine, il Gran Priorato di Lombardia fu unito a quello di Venezia.

L’imponente complesso architettonico non può passare inosservato, entrando nella città di Asti dall’inizio di Corso Alfieri, all’angolo con Piazza I Maggio (che si dirama in Corso Alessandria, verso est). Situato nel Borgo di San Pietro, si presenta nelle belle forme romaniche, prevalentemente con mattoncini rossi, che Niccola Gabiani (1858-1940) nel suo restauro del 1930 cercò di rispettare.

Forse, in loco, in epoca pre-cristiana sorgeva un tempio dedicato a Diana, ma nessun dato archeologico lo conferma; in quanto all’etimologia del termine “Consavia”, da dove deriva?

Sono state avanzate diverse ipotesi:

  • quella meno accreditata è legata ad un contadino, divenuto santo, che con la sua vanga avrebbe fatto scaturire acqua necessaria per la costruzione della Chiesa di Santa Serafia, che si trovava nei pressi di S. Pietro (wikipedia). “Questa chiesa, in seguito intitolata a Sant’Agnese, era stata fondata dal vescovo Oberto II e posta sotto la protezione della Sede Apostolica da papa Innocenzo IV nel 1245” (Casiraghi, G.);
  • quella, più attendibile, trova riscontro nelle Carte dei beni della Chiesa astigiana, di un sito  chiamato “cunçavia" e di una famiglia Consavia di Castagnole Monferrato, che avrebbe avuto una possibile influenza su detta chiesa (Silicani). Tra l’altro, sarebbe appartenuto a codesta famiglia il sacerdote Pietro Consàvia, che avrebbe trovato l’acqua dove oggi sorge il complesso, compiendo un miracolo (Gallucci);
  • una terza ipotesi individua nel toponimo “conza-via” (conciare, aggiustare la via), in riferimento ad una sistemazione della strada (l’antica Via Fulvia, all’ingresso della città) ad opera dei  Cavalieri Ospitalieri, che qui avevano una chiesa e l’Ospedale per i pellegrini.

 

Esternamente è ben visibile la struttura, articolata su tre edifici: il Battistero o Rotonda, il nucleo più antico conservato in alzato del complesso medievale; la chiesa quadrata quattrocentesca e la Casa del Priorato Giovannita, che venne adibita a sede del Museo Paleontologico della città (oggi trasferito in Palazzo del Michelerio, in Corso Alfieri, 381). Tra il 1930-’31 venne allestito nelle sale del Priorato anche il Museo Archeologico che però risulta attualmente chiuso ed effettua visite solo su prenotazione per gruppi (per informazioni cliccare qui). Il lato sud del chiostro divenne, per opera dei Giovanniti, l’Hospitale. Il visitatore odierno  può visitare il complesso esternamente e la Rotonda all’interno.

 

               

     Il complesso di S. Pietro in Consavia, visto dal marciapiede opposto, sempre su Corso Alfieri

 

Vediamo quindi di fare tesoro di quanto è possibile ammirare. Prima di entrare nella Rotonda, aggiriamoci per le gallerie porticate dov’era situato l’Hospitale e dove affacciava la chiesa gerosolimitana del XV secolo; possiamo ammirare anche la forma poligonale della Rotonda, che ha una pianta centrale all’interno ma non esternamente. Dal cortile è possibile vedere bene anche la cupola poggiante sul tamburo ottagonale.

 

                         

                        La Rotonda, eretta sul modello del S. Sepolcro di Gerusalemme

 

             

                   Il lato sud del chiostro divenne, per opera dei Giovanniti, l' Hospitale per i pellegrini

 

All’estremità orientale è murata, sotto i portici, una lastra tombale in gesso, copia dell’originale, pertinente al defunto Beato Enrico Alfieri, astigiano, sepolto nella chiesa di San Francesco a Ravenna nel 1405. Il portico è sostenuto da poderosi pilastri che si innestano su volte a crociera e inquadrano alcune finestre cieche (monofore e bifore) che non appartenevano al complesso bensì  ad edifici civili astigiani  del XIII secolo, demoliti nell’area dell’odierna Via Carducci. Splendida e riccamente decorata con motivi simbolici è una monofora polilobata del XV secolo che apparteneva ad una dimora civile sita in Via Cavour, oggi scomparsa. Alcune parti dell’antica Casa Priorale (come le finestre superiori) presentano la bicromia data dall’uso del mattone in cotto e dall’arenaria (tradizione monferrina), che si ritrova anche nella Rotonda e nella facciata.

 

                

Bifora in laterizio e pietra arenaria (XIII sec.), proveniente da un distrutto edificio di Via Carducci

                  

                 I portici claustrali dove si aprivano i locali monastici del Priorato

 

I lavori per la realizzazione dell’Ospedale si collocano nel corso del XIII secolo, quando venne realizzato il chiostro porticato e le strutture di servizio, in buona parte ricostruiti nel corso dei restauri promossi da Niccola Gabiani. La data del 1280, incisa nella lapide del priore Oddone Canelli ancora conservata, testimonia l’intervento più importante di ristrutturazione in età gotica. Un’ultima fase nella vita medievale del monumento si verifica nel XV secolo, durante il governo del conte Giorgio Valperga, Gran Priore dell’Ordine di Lombardia, morto nel 1467. Egli fece aggiungere, sul lato est della Rotonda, una vasta aula (che porta il suo nome), e volle essere qui sepolto. Dall’esterno, la facciata di quest’aula è davvero interessante: presenta un rosone e due grandi monofore ai lati dell’ingresso (non usato per il pubblico). Le decorazioni in terracotta corrono su tutti i bordi di  questi elementi, così come superiormente, appena sotto il tetto, su due registri.

 

                    

L'Aula Valperga, edificio quadrangolare fatto aggiungere (come un'appendice)  dal Gran Priore  dei Giovanniti Giorgio Valperga (+1467), sul lato orientale della Rotonda; all'interno sono collegate da un passaggio. Fu probabilmente progettata come sua sepoltura, visto che sono emersi i resti di un monumento funerario collocato al centro.

 

                   

                             L' Aula Valperga, facciata. Presenta bellissimi fregi in terracotta lavorata

 

                               

Tra i numerosi motivi simbolici, abbiamo individuato due belle Croci Patenti dell’Ordine dei Cavalieri di San Giovanni

 

 

Avvicinandoci alla Rotonda, ci portiamo di fronte al portalino laterale settentrionale, che è chiuso; interessante il vetusto architrave in arenaria chiara con sculture antropomorfe e zoomorfe. Al centro si osserva un volto umano (un secondo volto è semi-scomparso), che sta forse venendo attaccato da un grosso animale; nel resto del fregio si notano volatili, ma anche animali mostruosi che si cibano di altri esseri. L'architrave è parecchio danneggiata e alcune parti sono di difficile lettura; il manufatto potrebbe appartenere alla fase più antica della Rotonda. Il portalino è invece stato sostituito in epoche recenti.

 

         

                                        Architrave del portalino del lato nord della Rotonda

 

Il portalino meridionale, che è chiuso, anch'esso, è sormontato da un arcaico architrave in arenaria bianca su cui campeggiano animali simbolici ed elementi fitomorfi: il linguaggio delle maestranze medievali, che affidavano alla pietra e a questi motivi “bizzarri”, importanti significati allegorici, di cui spesso abbiamo parlato in questo sito. 

 

                                                        Architrave del lato sud

 

Possiamo notare una stragrande “invasione” di graffiti e incisioni che interessano soprattutto le fasce di chiara arenaria situate nella parte inferiore. Alcuni blocchi di arenaria sono inseriti anche sugli altri lati, visibilmente ricostruiti e privi di segni, ma è qui, ai lati di questo portalino, che è concentrato un vero e proprio “affollamento” di graffiti, lasciati –probabilmente- dai pellegrini. Si tratta, in massima parte, di motivi geometrici (griglie, triangoli, forse delle Triplici Cinte, un chiaro Fiore della Vita, e ve n’è più di uno). Non mancano –da quanto abbiamo potuto osservare – una serie di lettere (forse nomi) mentre non abbiamo visto date nè “orme del pellegrino”, forse ormai confuse tra tutti quei segni che si sono sovrapposti tra loro, come se si fosse voluto lasciare un proprio “ricordo” a ogni costo.

 

          

          

          

Tra gli innumerevoli graffiti lasciati sui blocchi di arenaria, si distinguono due Fiori della Vita in un cerchio ,tracciato con il compasso

 

Ci portiamo ora davanti all’ingresso pubblico della Rotonda, che è sormontato da una lunetta con un bellissimo motivo ad intreccio (parzialmente ricostruito nella parte destra), sotto il quale vi è un delicato motivo vegetale: da un cespuglio di foglie emerge un fiore a quattro petali. Sulla facciata bicroma, troviamo alcune croci, graffite a mano sull’arenaria. Questo vano d’ingresso fu aggiunto dai Cavalieri di San Giovanni quando divennero proprietari dell’immobile (dal 1169); essi realizzarono anche interventi sulle coperture, aggiunsero i contrafforti esterni e la torre campanaria.

 

                

                                     Il portale d'ingresso alla Rotonda (lato ovest)

 

Il momento di entrare è accompagnato da una certa emozione data dall’importanza del secolare luogo e dalla sua architettura, che ricalca quella del Santo Sepolcro di Gerusalemme (ricordato anche come chiesa dell’“Anastasis”, della resurrezione), era il culmine del complesso monumentale costruito nel IV secolo dall’imperatore Costantino per onorare la resurrezione del Salvatore. Si trattava dello spazio più sacro per la religione cristiana, dal momento che lì si era verificato l’evento straordinario su cui si fonda la fede. I pellegrini che si recavano a Gerusalemme lo consideravano la meta più importante del loro viaggio. In Europa, soprattutto per iniziativa dei Crociati, vennero fondate numerosissime chiese sul modello del S. Sepolcro di Gerusalemme e anche se non lo imitavano perfettamente, ne mantenevano il significato simbolico. La Rotonda di Asti, considerata uno degli esempi meglio conservati in Italia d’imitazione del Santo Sepolcro, rientrava in questa ottica costruttiva; come abbiamo detto, sarebbe stata eretta per volontà del vescovo Landolfo da Vergiate, intorno al 1113, che aveva partecipato alla I Crociata (1099), sicuramente con l’aiuto finanziario e materiale dei Templari e dei Giovanniti, nonché di nobili astigiani e della popolazione.

Otto colonne sono disposte al centro dell’aula circolare e per un momento ci danno l’impressione di stare confabulando tra loro, come esseri viventi che seguano attentamente quanto accade. Proteggono un fonte battesimale cinquecentesco.

 

          

         Interno della Rotonda con le otto colonne bicrome; al centro, il fonte battesimale

 

          

                    Fonte battesimale conservato al centro dell'aula a pianta circolare

 

          

Sollevando lo sguardo, si viene avvolti dal fascino degli affreschi, a colori tenui, raffiguranti le Beatitudini/Virtù, di epoca settecentesca (rimaneggiati nel 1932 da A. Laretto).

 

Le colonne, a fasce bianche e rosse, sostengono archi a tutto sesto, poggianti su pulvini di forma diversa. Sul primo capitello, a sinistra di chi guarda, è presente una notevole scultura di Vergine con Bambino mentre sul terzo vi è la scultura di S. Caterina d’Alessandria (identificabile dalla ruota, simbolo del suo martirio). Sono gli unici capitelli a presentare sculture. 

 

               

                                     Capitello con scultura della Vergine con Bambino

 

               

                                 Capitello con scultura di S. Caterina d'Alessandria

 

 

Prima di accedere all’aula vera e propria, si può entrare–a destra- in un piccolo locale (di servizio?) caratterizzato da una grande nicchia contornata da un’ architrave semicircolare lavorata a motivi fitomorfi; la nicchia appare tamponata sul fondo con una lastra scolpita in epoca verosimilmente moderna). Nel locale sono presenti anche una finestra, che dà sul cortile di ingresso, e una nicchietta (per appoggiare oggetti sacri). 

 

             

 

 

Lungo il breve corridoio di raccordo tra l’entrata e l’aula, a destra si trova l’antica lastra funeraria epigrafica del Gran Priore di Lombardia dei Cavalieri di San Giovanni, il conte Giorgio Valperga, morto nel 1464.  L’iscrizione è vergata in splendidi caratteri gotici.

 

              

Lastra funeraria del Gran Priore dell'Ordine di Lombardia Giorgio Valperga, morto nel 1467 e qui sepolto

 

La sepoltura del Valperga non è l’unica, qui presente: infatti anche il suo successore, Giorgio di Piossasco, volle che vi fosse sepolto un suo consanguineo, Giovanni di Piossasco, come fece anche il successivo priore Francesco della Rovere che, nel 1490, dispose per la sepoltura del nipote Bernardino: di entrambi sono tuttora conservate le lapidi. La lastra tombale del Cavaliere Bernardino è molto bella, in marmo scolpito a bassorilievo e inciso. Tra l’altro, sono da notare i pilastri che incorniciano questa lastra.

Vi è sepolto anche il Gran Priore fra’ Angelo Felice Cacherano d’Osasco (+ 1748), fautore del restauro settecentesco degli edifici. Inoltre, vi è una lapide funeraria di Francesco Fascio, parroco di San Pietro in Consavia, morto nel 1768.

 

  

   Lastra tombale di Bernardino della Rovere (1490) e il pilastro che sta alla sua detra), con elementi di reimpiego

 

 

Il nobile mecenate nonchè Gran Priore Giorgio Valperga promosse un restauro del complesso di S. Pietro, realizzando- come già accennato- l’Aula Valperga, situata oltre l’ambulacro centrale. Si tratta di una vasta sala a pianta quadrata, in origine dotata di un’abside quadrangolare rivolta verso sud, oggi scomparsa ma rinvenuta nello scavo archeologico, insieme ai resti di un monumento funerario collocato al centro. Il vano è coperto da una volta a crociera costolonata, poggiante su mensole incastrate nelle pareti angolari. Le mensole recano, ciascuna, dei volti umani.  Sul soffitto, come chiave di volta, si trova lo stemma della famiglia del Gran Priore. L’Aula Valperga venne decorata da un complesso apparato di formelle figurate in cotto, il più ricco esempio di questa tecnica ornamentale conservato ad Asti. Nel XVII secolo l’aula fu adattata a chiesa (di cui la Rotonda fungeva da battistero), oggi è completamente vuota.

 

              

                  La volta dell'Aula Valperga e, nella chiave di volta, lo stemma della famiglia

             

   Una delle mensole antropomorfe che reggono i fasci delle semicolonne che reggono la volta

 

              

                         L'interno della Rotonda, visto dalla soglia dell'Aula Valperga

 

Auspichiamo che possa riaprire presto al pubblico il Museo Archeologico, attualmente chiuso, che raccoglie pezzi provenienti in massima parte da quattro collezioni private donate al Comune nei primi decenni del '900. Il materiale comprende metalli pre-romani, ceramiche greche, magno-greche ed etrusche ed una consistente raccolta di reperti romani: vasellame e lucerne in terracotta, urne cinerarie, vetri, bronzi. La sezione egizia comprende due mummie, i relativi sarcofagi lignei, vasi canopi ed una serie di oggetti di carattere religioso-funerario (da astiturismo).

Soprattutto sarebbe un’ottima occasione per visitare, contestualmente, le sale appartenute all’Hospitale e al Priorato dei Cavalieri di San Giovanni (oggi di Malta). Un importantissimo pezzo di storia, non solo astigiana.

 

 

 

Bibliografia e Webgrafia (oltre ai link ipertestuali):

  • San Pietro in Consavia (sul sito del Comune di Asti)
  • Giampietro Casiraghi “Fondazioni monastiche femminili pregregoriane in Piemonte [A stampa in “Bollettino storico-bibliografico subalpino”, CII/1 (2004), pp. 5-53 © dell’autore - Distribuito in formato digitale da “Reti Medievali”]
  • Elena Gallucci “Il Battistero, una storia antica nel centro di Asti” (www.we-land.com), Aprile 2014

 

(Autrice: Marisa Uberti)

Argomento: San Pietro in Consavia

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