Seconda tappa: In Miniera (durata circa 40’)

Il Temperino è una Valle, tanto per capirci. Essa (insieme a quella dei Lanzi e dei Manienti) è attraversata, con i rilievi di Monte Rombolo, Manienti e Poggio all’Aione, da due filoni paralleli di roccia porfirica, con direzione S-E, N-O. Lungo i filoni, a contatto con il calcare, sono depositate le mineralizzazioni che si sviluppano nella medesima direzione, formando colonne di minerale alte anche centinaia di metri. Queste vene minerarie hanno condizionato l’insediamento umano per il loro sfruttamento, certamente dall’età etrusca.

 

La possibilità di scendere per 360 m sotto terra è data da questo percorso della Miniera del Temperino dove, accompagnati da una guida esperta, si va alla scoperta dei luoghi di coltivazione del periodo etrusco e moderno, si vede una ampia gamma di rocce e minerali dei giacimenti metalliferi del Campigliese (calcite, hedenbergite, ilvaite, johannsenite, quarzo, pirrotina, galena, blenda, calcopirite, limonite, malachite, gesso, crisocolla); si scorgono le evidenti tracce dell’attività dei minatori, memoria della loro fatica e si possono conoscere le evoluzioni delle tecniche estrattive, nonché vedere alcuni strumenti di lavoro. Blocchi di materiale sterile erano stati usati come scale. In superficie si trovano i pozzini per la ricerca e la risalita del materiale, spesso tagliati e semidistrutti  dalle lavorazioni successive. Questa è una delle miniere più famose del Campigliese; in essa prevalgono i minerali di rame, a differenza di quella dei Lanzi, dove si trovano soprattutto piombo argentifero e zinco. La mineralizzazione si articola su tre grandi colonne che corrispondono ai tre grandi pozzi di estrazione (Gowett, Gran Cava, Earle). All’interno della miniera esistono grandi vuoti; le tracce più antiche dello sfruttamento minerario sono i numerosi pozzi ad andamento verticale che risalgono probabilmente all’epoca etrusca, in cui l’attività estrattiva fu sicuramente intensa, a vedere le sale di coltivazione (la profondità cui arrivarono fu di circa 100 m). Questa miniera venne poi “riscoperta” durante il Medioevo; la tecnica mineraria usata dai minatori medioevali non si discostava molto da quella degli Etruschi e la ricerca si concentrò in quel periodo soprattutto nelle Valli dei Manienti e dei Lanzi, a ridosso di Rocca San Silvestro.

Nel parco sono state individuate le imboccature di circa 200 miniere antiche, appartenenti sia al periodo etrusco che a quello medievale, alcune delle quali sono segnalate lungo i percorsi di visita.

 

Le coltivazioni al tempo degli Etruschi

 

In rosso, le coltivazioni nel periodo Mediceo

In verde, gli scavi nel corso del XIX secolo e inizio del XX secolo; in azzurro quelle della seconda metà del XX secolo

 

Del periodo dei Medici (XVI secolo) è la sala voltata della Gran Cava, uno degli esempi dell’attività mineraria dell’epoca, anche se ampiamente rimaneggiata in seguito. Cosimo I° de’ Medici, Granduca di Toscana, fu il primo e solo ad interessarsi (stando a quanto si è appurato fino ad ora) nuovamente a questo territorio, inviando minatori specializzati provenienti dal Tirolo e dalla Versilia.  Cosimo I arrichì la sua Collezione naturalistica della Galleria Granducale con campioni di minerali di piombo, ferro, rame e molte altre varietà provenienti dal Campigliese. L’attività mineraria medicea si arrestò nel 1559 ma fu dall’analisi di questi minerali collezionati dal Granduca che, nel 1700, i naturalisti toscani compresero che il distretto minerario di Campiglia era uno dei più interessanti della regione. Iniziarono così le prime esplorazioni dei pozzi per studiare la geologia dei giacimenti e le prime ricognizioni scientifiche per sondare le potenzialità economiche del territorio. Nacque l’archeologia mineraria.

Nel XIX secolo, la Miniera di rame del Temperino conobbe una grande espansione: furono riattivate tutte le vecchie coltivazioni in sotterraneo alla ricerca di mineralizzazioni non intaccate dagli antichi. L’attività si protrasse nel XX secolo (cambiando più gestioni, chiaramente) sempre più alacremente: l’impiego di polveri piriche e poi dell’esplosivo accelerarono il lavoro perché permettevano di frantumare grandi volumi di roccia. La miniera era divisa in Miniera di Madonna di Fucinaia e Miniera dell’Ortaccio (perché due erano le società di gestione). Le miniere furono organizzate in livelli di estrazione su più piani, con lunghe gallerie orizzontali collegate da pozzi verticali, usati per la movimentazione di minerali e personale su montacarichi. Il declino delle attività iniziò nella seconda metà del XX secolo fino a cessare del tutto nel 1978.

  • Le visite in miniera si effettuano ad orari prestabiliti che vengono comunicati al momento della prenotazione alla biglietteria. Coprirsi perché la temperatura in miniera è sui 14° C tutto l’anno.

 

  • Riflessioni: la miniera e l’alchimia

 

Scendere nelle viscere della Terra è sempre un viaggio parallelo dentro le profondità di se stessi. Interessandoci  di Alchimia, scienza antica che ci ha sempre affascinato, più volte abbiamo trovato (nei Testi Ermetici) il riferimento alla miniera, luogo buio e interno in cui ha sede la materia prima. Le miniere rappresentano luoghi in cui si scava, con fatica e sacrificio, e con il duro lavoro dell’uomo si estraggono materie preziose che il tempo e le Leggi di Natura hanno forgiato. Nel buio siamo costretti a fare luce per poter vedere perché il pericolo può essere ad ogni passo. Bisogna entrare equipaggiati. Se si è abili e sorretti dal dono divino, si può uscire dalla miniera con il tesoro. Naturalmente gli alchimisti hanno usato termini fittizi per le loro sostanze, infatti la sostanza-principio eterica e semi-materializzata è chiamata Mercurio dei Filosofi per differenziarla dal volgare mercurio dei termometri.

Il caos indifferenziato originario (materia prima) si materializza, secondo la teoria ermetica, in una sorta di liquore minerale, vera e propria radice dei metalli che scorre nelle vene della Terra intesa come organismo vivente. Essa –quale Grande Madre –nutre e alimenta i vari minerali e metalli generati nelle sue profondità. I metalli evolverebbero quindi verso la perfezione (l’oro), così come l’Uomo deve fare (verso Dio). I minerali che non sono “ancora” oro, venendo estratti dalle miniere arresterebbero il loro lentissimo processo di maturazione naturale ma grazie all’azione dell’Alchimista questo stesso processo verrebbe accelerato, in virtù della pietra. La teoria implica anche che alla base della mancata evoluzione in oro dei metalli “imperfetti”, vi siano cause esterne, così come accade agli uomini. Queste speculazioni filosofiche non risolvono i segreti degli alchimisti ma ci consentono di guardare con occhi più penetranti dentro di noi e dentro un mondo fatto di arcane allegorie, che partono dalle viscere della Terra proprio dove ci troviamo adesso.

Riferimenti all'alchimia e alla miniera si ritrovano anche nel seme dei Denari dei magnifici Tarocchi "Sola-Busca" in cui è palese una sequela di operazioni di coniazione in stretta attinenza con il procedimento di lavorazione dei metalli, atavica metafora della complessità dell'opus alchemicum (trasformare il piombo in oro).  Nell' Asso c'è la sigla M. S. (che vedremo poi), nel Quattro si vede il trasporto delle monete vecchie: la Madre Terra, nel cui grembo si sviluppano i metalli al pari della miniera, è qui raffigurata ingravidata grazie all'azione dell'alchimista e produce frutto di perfezione. 

 

                                

Nel Cinque c'è la saggiatura delle monete (un ragazzo travestito da uccello con un fallo disegnato sullo scudo rappresenta il compimento dell'Opera per mezzo del fuoco, elemento che in basso gli lambisce il piede). Nel Nove c'è la mortificazione della materia prima, la nigredo

 

(Autrice. Marisa Uberti)

 

III tappa: i Musei del Parco(Macchine minerarie, i Minatori, la Stazione del treno)

Argomento: In miniera/ La miniera e l'Alchimia

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