Narni (TR): i segreti dei sotterranei

                                                             (Marisa Uberti)

                                       

 

Prendere contatti con Roberto Nini, responsabile dei Beni Culturali del Comune di Narni e presidente dell'Associazione "Narni sotterranea", è stato un piacere: egli è una persona garbata, gentile e preparata come se ne incontrano poche. Quando gli accennai telefonicamente, in previsione di un nostro breve soggiorno nella città di Narni (6-7 agosto 2017), della mia volontà di visitare finalmente i "suoi" ipogei, si è dimostrato subito disponibile e, trovato concordemente un orario, la cosa si è piacevolmente concretizzata. Come owner di "Due passi nel mistero" era da tempo che desideravo poter scrivere su questo luogo ma, come sapete, non scrivo mai senza averlo visitato personalmente e ora che ciò è avvenuto, mi sento arricchita non soltanto di un'esperienza culturale in più, ma anche umana: lo staff dell'Associazione è veramente encomiabile, competente, stimolante, appassionato, come Roberto. E' per questo che voglio ringraziare pubblicamente lui e i suoi collaboratori per averci fatto conoscere un frammento importantissimo di Narni: percorrendo questi tratti sotterranei, si scopre una storia sconosciuta fino a pochi anni fa. Ma andiamo con ordine e cerchiamo di far capire ai nostri lettori dove si sono spinti i nostri ennesimi "due passi".

  • Narni: breve inquadramento storico-geografico

 

La città è posta tra Lazio e Umbria (cui appartiene territorialmente) e ricade sotto la provincia di Terni, di cui occupa la posizione occidentale, sulla gola del fiume Nera. In località Ponte Cardona si situerebbe, secondo alcuni studi, il centro geografico d'Italia. Il territorio di Narni si sviluppa sullo sperone roccioso che culmina a 330 m s.l.m., all'incrocio di due assi montuosi lungo la Via consolare Flaminia, che conduceva da Roma verso il medio e basso Adriatico. La presenza di questa arteria stradale ha tracciato il destino della città, facendone il passaggio obbligato di un grande sistema viario, la cui importanza non si è certo esaurita con la fine dell'Impero Romano. Il centro storico attuale trasporta in un'atmosfera d'altri tempi e la posizione che occupa conserva stratigraficamente tutte le epoche storiche che si sono susseguite: dall'oppidum pre-romano di Nequinum, alla colonia romana di Narnia[i] al comune medievale. Nella foto sopra: la Porta Ternana o delle Arvolte (XV secolo).

Il cristianesimo arrivò precocemente: nel 369 d.C. troviamo Narni già sede vescovile a capo della quale si insediò il cartaginese Giovenale, che è il patrono della città (insieme a San Cassio). Il luogo di sepoltura del primo vescovo è stato identificato a ridosso delle mura urbiche, dove sorse poi la cattedrale dei SS. Giovenale e Cassio. All'epoca delle invasioni barbariche, Narni subì l'occupazione Longobarda (seppure per un breve periodo), entrando nell'orbita del Ducato di Spoleto. Passata per un modesto lasso di tempo alla contessa Matilde di Canossa, fu sempre contesa dal papato, che la considerava parte dei territori sotto lo Stato della Chiesa. Ma Narni voleva essere indipendente e per tutto il Medioevo parteggiò dalla parte Guelfa.

Nella seconda metà del 1300, il cardinale Egidio Albornoz ribadì la riconquista pontificia della città con la costruzione della maestosa Rocca, divenuta presidio pontificio rappresentato dalla famiglia Orsini. La fortezza controllava paese e territorio da tutti i lati, compresa la Via Flaminia. Il forte resistette ai Lanzichenecchi di ritorno dal Sacco di Roma (1527); Narni venne devastata perdendo anche una buona parte dei suoi archivi ma la Rocca si difese e oggi è stata riportata al suo antico splendore grazie anche al fatto che è stata acquistata dal Comune. Nel XVII e XVIII secolo Narni  prosperò economicamente grazie alle attività minerarie, commerciali e artigianali. Entrata a far parte, nel 1798, della Prima Repubblica Romana, venne quasi subito ricondotta nello Stato della Chiesa e ha seguito le sorti conseguenti all'Unità d'Italia. Negli ultimi decenni si è assistito ad un'espansione caotica del tessuto urbano nel fondovalle, vicino all'area industriale ternana.

  •   S. Domenico, antica cattedrale

Gli edifici religiosi interessanti sono più di uno, ma in questa sede ci limiteremo a parlare dell'antica cattedrale narnense, San Domenico, risalente  al XII secolo e comprendente chiesa e monastero. In origine non aveva questa intitolazione ma era dedicata a Santa Maria Maggiore e si dice sorgesse su un tempio pagano dedicato a Minerva. Con l'arrivo dei Domenicani, il luogo venne dedicato al santo di Guzman. Nel 1940 il convento appare, in alcune fotografie dell'epoca, ancora in discrete condizioni ad eccezione di alcune porzioni del tetto. Con i bombardamenti della II Guerra Mondiale, una parte del monastero crollò e cadde in rovina. Nel dopoguerra si rese necessario demolire le parti pericolanti, lasciando qualche brandello di mura ancora oggi visibili. Con il passare del tempo, vi si installarono degli orti e delle abitazioni. Oggi la chiesa è sconsacrata ed è riutilizzata come Auditorium; conserva tuttavia opere d'arte notevoli e un mosaico pavimentale di fattura bizantina.

 

  •  1979: una sensazionale scoperta

Qualcuno, tra gli abitanti, era in vena di esplorazioni. Narni offriva pochi svaghi e sei intraprendenti bravi ragazzi iniziarono a pensare cosa ci fosse oltre la rupe che strapiombava sul Nera, appena dietro l'ex chiesa di San Domenico. Tra loro c'era Roberto Nini, allora giovanissimo ma già appassionato di speleologia, una disciplina che era misconosciuta, specie in un piccolo centro in cui la routine era la quotidianità. Presero un corda e si calarono, "atterrando" in un terreno per loro nuovo e mentre stavano facendo il punto della situazione, vennero colti di sorpresa dall’arrivo del sig. Ernani Proietti, che seppero poi essere il proprietario dell’orto in cui erano finiti e di cui i ragazzi ignoravano completamente l'esistenza. Vedendosi degli estranei sul proprio terreno, inizialmente il signor Ernani li rimproverò (possiamo immaginare la scena!) ma vista la loro buona fede e constatata la loro genuina voglia di avventura, gli confidò di essere a conoscenza di un anfratto, seminascosto dalla vegetazione, presente nel suo podere. Fu così che, individuata la fessura dalla quale arrivava dell'aria, i giovanotti la allargarono fino a farsi un varco e ciò che trovarono li lasciò a bocca aperta! C'era un passaggio immerso nel buio più fitto che conduceva ad un locale somigliante ad una cripta, con labili affreschi alle pareti. Si guardarono stupitissimi ed emozionati: la loro sete di avventura era incredibilmente stata ripagata! Ma dovevano capire cosa fosse quella inaspettata scoperta. Nessuno, in paese, sembrava essere in grado di dare una risposta. Per rendere più efficace la loro attività, puramente volontaria, si organizzarono in un gruppo che prese il nome di Gruppo Speleologico Narnense e continuarono a ritrovarsi per scavare e ripulire il luogo. Se non fosse stato per la loro caparbietà, il tutto avrebbe forse rischiato un definitivo oblio.

 

  • 6 agosto 2017: la nostra visita nei sotterranei di Narni

Per sapere cosa scoprirono i sei ragazzi, ripercorriamo i luoghi e la loro memoria, attraverso i ricordi di prima mano di Roberto Nini e al piccolo apparato espositivo che si incontra nel locale di attesa, prima di scendere nella "Narni sotterranea". Adesso è tutto facile, per i visitatori: si prenota presso l'Associazione[ii], ci si reca in Via San Bernardo, 12 (proprio dietro l'ex-chiesa di San Domenico), si prende un biglietto, si segue la capace guida lungo il percorso, si resta affascinati e ammutoliti, e si risale contenti di quanto visto e sentito, che resterà dentro per sempre, indimenticabile. Ma per arrivare ad aprire questi ambienti al pubblico si sono fatti sacrifici e battaglie, affrontato tante burocrazie. Nel 1979 per Roberto e i cinque compagni non fu semplice convincere chi di dovere che là sotto si celava un mondo ignoto, un pezzo di storia scomparso dalle cronache narnensi! Un'avventura travagliatissima, che solo l'amore per la ricerca e la voglia di conoscenza ha consentito di portare a buon fine.

Osserviamo con attenzione le immagini esposte nella sala d'attesa: possiamo capire meglio, dall'areofotografia, l'ubicazione dell'ex-convento domenicano, le parti esistenti prima e dopo le demolizioni. Vedere il terrapieno com'era e le condizioni al momento in cui i ragazzi atterrarono nell'orto di Proietti, che al tempo era già ottantenne e del quale si conservano alcuni preziosi ricordi: la foto che gli scattarono Nini e gli altri e il bastone originale che imbracciò quando vide il gruppetto nel suo orto! In seguito sappiamo che divenne un buon amico dei ragazzi, che ci tengono a mantenerne viva la memoria. Nella stessa vetrina sono esposti anche i "cimeli" dell'esplorazione del 1979: il casco anti-infortunistico adattato per uso speleologico, la porzione di corda usata per l'occasione...Quanto dicono questi semplici arnesi! Ma nelle vetrine sono esposti anche piccoli frammenti ceramici e tessere musive che testimoniano la storia che ha albergato nelle segrete camere ipogee.

E' giunto il momento di uscire e scendere verso il terrapieno dove si trova l'ingresso alla Narni sotterranea. Una visione spettacolare si impone davanti ai nostri occhi: il Monte S. Croce sovrastante il fiume Nera, che scorre sotto la rupe, ospita- a mezza costa- una costruzione secolare: l'abbazia di San Cassiano, solitaria nella sua bellezza di pietra.

L'autrice sul terrapieno che conduce agli ipogei. Mostra, alle proprie spalle, la bellissima e solitaria abbazia benedettina di San Cassiano (X secolo). Foto: Angelo Marchetti

La scala conduce ad un terrapieno che è stato messo in sicurezza e adeguato per le visite. "Ma non era così", ci spiega Roberto Nini, descrivendoci quanto fosse diversa la situazione quando, 38 anni fa, si calò fin qui con i compagni. Dove oggi c’è la porta d’ingresso al primo ipogeo, c’era il buco dal quale entrarono. Gli si accendono ancora gli occhi, nonostante abbia ripetuto questa storia milioni di volte. E lo fa con la stessa passione di quel se stesso ragazzo. Con, in più, l'esperienza e la competenza che come archeologo ha conseguito nel tempo. Un archeologo e uno scrittore di primo livello, come dimostrano i riconoscimenti ricevuti in ambito accademico. “Un lavoro corale che ha portato a importanti pubblicazioni, tra le quali un prestigioso volume dell’Accademia Nazionale dei Lincei”, ha affermato lo studioso.

Entriamo e restiamo senza parole: siamo nella cripta della chiesa di San Domenico, quella che era perduta nella memoria e che risale al XII secolo, cioè prima dell’arrivo dei domenicani! Doveva infatti appartenere alla chiesa di S. Maria Maggiore. La parte absidale è sapientemente illuminata da un sistema di luci artificiali che esaltano gli affreschi del catino, ammalorati ma perlomeno recuperati e monitorati: si tratta di un' Incoronazione della Vergine, al di sotto della quale vi è una decorazione “a tendaggio” con colori accesi giallo e rosso. Al di sopra, nell’arcone, sono disposti dei clipei contenenti le figure di Cristo sanguinante (al centro) circondato dai quattro Evangelisti reggenti, ciascuno, un cartiglio. Lo sfondo, color ocra, è trapunto di stelle a otto punte. Esse ricordano quelle che abbiamo visto in chiese dichiaratamente Templari, cioè appartenute ai Cavalieri del Tempio, come San Bevignate di Perugia, ad esempio. Non dimentichiamo che ci troviamo su una direttrice stradale importante, la Via Flaminia che conduceva a Roma e non si può escludere che proprio Narni sia stata luogo di sosta per pellegrini e viandanti. E quei luoghi, chiamati “hospitali”, erano generalmente gestiti da Ordini monastico-cavallereschi (Templari, Giovanniti, Teutonici, e di altre appartenenze). C'erano Templari a Narni? Nessuna prova documentale è finora emersa a suffragare l’ipotesi, per cui proseguiamo con la visita e speriamo che in futuro nuovi studi possano colmare curiosità legittime.

Ai lati dell'arcone si trovano due rappresentazioni di San Michele: a sinistra è nell’atto di trafiggere il drago e a destra impegnato nella Psicostasia (pesatura delle anime). La presenza di questo santo, caro al popolo longobardo, cela in sé l’antica dedicazione della chiesa e forse la sua lontana origine (longobarda?). Quando però i ragazzi scoprirono il luogo e in seguito si dovette denominarlo, pensarono di chiamarlo “S. Maria della Rupe” perché su una rupe si trovava! Studi successivi portarono a stabilire la sua autentica dedicazione, appunto a San Michele Arcangelo[iii]. Gli affreschi, tra i più antichi della città, sono attribuiti a maestranze locali. Quando vennero scoperti, nel 1979, versavano in condizioni preoccupanti, come il resto dell’ambiente, aggredito soprattutto dall’umidità. L’affresco nel catino absidale subiva lo stillicidio continuo di acqua proveniente dal sovrastante orto del signor Ernani che, chiaramente, ignorava cosa vi fosse al di sotto. La cappella doveva essere tutta affrescata ma molti dipinti sono andati irrimediabilmente perduti.

Sul lato sinistro si vedono ancora, sopra il sedile di pietra, i clipei contenenti il nome dei frati (segna-posto, in pratica): ciascuno doveva sedere in corrispondenza del proprio nome. La parte presbiteriale doveva essere separata dal resto da transenne litiche lavorate. L’ingresso originario era sull’attuale lato destro della navata e osservando l’insieme ci sorge spontanea una domanda: ma dov’erano le finestre? Non pare ne avesse. L’asse dell’edificio era orientato Nord-Sud. Sostando un poco in loco abbiamo la netta impressione che il locale potesse in realtà essere stato un ritrovo per cerimonie private dei monaci, ma nessuno potrà mai averne la certezza, in mancanza di dati. Il soffitto era tutto dipinto in azzurro, trapuntato di stelle dorate, ad emulare il cielo, la calotta celeste, sede del divino per antonomasia.

I ragazzi del 1979 faticarono moltissimo per sensibilizzare chi di dovere a considerare la necessità di recuperare una realtà così importante: la ristrutturazione è alfine stata possibile grazie anche al contributo del Comune di Narni, del Lions Club e dai visitatori che, con il costo del biglietto, l’hanno sostenuta e la sostengono, perché le scoperte non si limitano a questo vano…

Se giriamo lo sguardo ci accorgiamo che la superficie pavimentale del resto della “navata” della cripta è coperta da plexiglass, che lascia opportunamente vedere un’area di scavo recente (2015), che nel margine è arrivato fino allo strato sterile. Il livello di calpestio è più basso rispetto a quello della cripta stessa. L’indagine archeologica ha consentito di appurare la presenza di strutture più antiche del XII secolo.

Una breccia nella muratura conduce in un locale annesso alla cripta, la cui funzione originaria non è stata ben definita. Immediatamente a sinistra si trova la cisterna coperta da una grata e dosatamente illuminata. L’ipotesi è che servisse una domus romana (visto anche i frammenti di mosaici che sono stati ritrovati e che abbiamo visto nella saletta d’attesa), antecedente alle strutture di epoca cristiana. In questo secondo ambiente è stata allestita una postazione multimediale che permette di esplorare virtualmente l'antico acquedotto della Narnia romana, che ha un andamento molto stretto e in sotterranea, a differenza di altri acquedotti romani di superficie. E’ un’ulteriore scoperta di Roberto Nini ed un’altra offerta di visita proposta dall’Associazione Narni Subterranea per il pubblico. L’acquedotto della “Formina”, di cui si erano perse le tracce, fu fatto costruire forse da Nerva nel 27 d.C., sotto l’impero di Tiberio[iv].

Nel 1979, i sei esploratori in erba scoprirono una porta murata, a livello del secondo ambiente che stiamo visitando. L’abbatterono e si palesò un lungo corridoio che conduceva ad un’ampia stanza, che comunicava con una sorta di cella molto più piccola e dalle pareti cosparse di graffiti e incisioni. Anche in questo caso, raccontata la nuova scoperta al prete del posto, non vennero creduti: qualcuno ipotizzò perfino che quei segni li avessero fatti loro! Nessuno era in grado di dire a cosa servisse quella tetra sala, ma gradualmente la nebbia si schiarì. Con la volontà di capire cosa avessero scoperto, proseguirono nella pulizia e nel riordino e Nini portò avanti nel tempo strenue ricerche, scandagliando gli archivi più importanti. “Quando ne abbiamo avuto bisogno, sono arrivati al momento giusto aiuti fondamentali”, dice Roberto.

Come la donazione di 10.000 euro da parte di un colto turista messicano, innamoratosi della cripta, che servirono per la realizzazione di un video con la ricostruzione 3D del sito (ra l'altro il video viene mostrato ai visitatori proprio nell'affascinante cornice della cripta). Oppure, come nel caso di questa stanza, durante una visita guidata come tante,  un partecipante dichiarò di essere il responsabile dell’Archivio Segreto Vaticano. Fu così che Nini potè accedervi e trovare fondamentali informazioni. Si era già compreso che il locale, trovato vuoto, dovesse aver avuto a che fare con l'Inquisizione e la cella serviva come prigione. Ma  il Sant'Uffizio non era mai stato esistente a Narni o così si credeva. Ma tutti si sbagliavano e dopo la consultazione degli Archivi Vaticani, Nini scoprì che l’Inquisizione a Narni era esistita eccome e veniva citata anche quella specifica sala, chiamata “Stanza dei Tormenti”. Una vera e propria camera delle torture. Cercando e cercando, Roberto scoprì che i documenti relativi all’Inquisizione narnense erano stati destinati alla distruzione ma scoprì anche che ciò non era completamente avvenuto! Qualcosa si era salvato ma non si trovava più in Italia, bensì a Dublino!

Volò quindi al Trinity College della capitale irlandese e gli fu messo a disposizione un curatore per aiutarlo nelle indagini. Recuperò un faldone di centinaia di pagine, concesse in fotocopia, che potè spulciare e in cui è incredibilmente documentata la vicenda di un detenuto rinchiuso dal Tribunale dell’Inquisizione nella cella di Narni! Il documento che fornisce le prove che a Narni vi fosse la sede del Santo Uffizio è datato 1726. E’ raccontata la storia di un  certo Domenico Ciabocchi, finito sotto la lente degli Inquisitori perché scoperto bigamo; per tale reato, fu processato e condannato. Detenuto nella piccola prigione in cui ci troviamo, ebbe l’idea di evadere e un giorno, approfittando della distrazione di un carceriere, lo uccise e fuggì.

Ma l’amore, poco tempo dopo, lo indusse a mettersi in contatto con la sua seconda moglie: passo falso! La missiva venne intercettata e fu riacciuffato. Riportato in carcere, fu condannato a remare sulle navi fino alla fine dei suoi giorni. Triste storia ma ve n’è anche un’altra, che ha per protagonista un detenuto forse affiliato alla Massoneria, che ha lasciato il proprio nome scritto in grandi caratteri su una parete della cella. Giuseppe Andrea Lombardini. Egli vi venne detenuto tra la fine del 1759 e l’inizio del 1760 e ha lasciato incisi sulle pareti della cella degli enigmatici messaggi: “Un codice grafico destinato a chi fosse in grado di capirlo e necessario per sviare i controlli degli inquisitori”, ci dice Nini. Effettivamente alcuni segni ricordano simboli massonici, cabalistici, ermetici ma l'intero apparato epigrafico è ancora in via di studio e decifrazione completa.

Una curiosità: dove conduce la porta murata che si vede sulla parete di fondo della "Sala dei Tormenti"? Quando tentarono di svelare l'arcano, a colpi di piccone, si sentirono apostrofare dalla signora Rosita Garolfi: stavano per sfondare una parete di casa sua! La signora abitava da sempre in un appartamento confinante ma nessuno sapeva cosa ci celasse dall'altra parte.

Siamo frastornati: abbiamo fatto un viaggio nel tempo, in un mondo che era stato sepolto per secoli e che è tornato a rivivere grazie alla determinazione di Roberto e della sua Associazione. I complimenti si sprecano, hanno fatto un lavoro meraviglioso!

Ma la visita guidata non è finita. Attraverso dei collegamenti interni giungiamo nella mastodontica chiesa superiore, ormai ex-chiesa, quella di San Domenico, dove ci attendono altre sorprese.

Contestualmente alle scoperte archeologiche, l’Associazione ha portato avanti ricerche d’archivio che hanno dato frutti insperati: negli archivi locali hanno trovato un documento secondo il quale nell’antica chiesa di S. Maria Maggiore (antecedente a S. Domenico) si doveva trovare il sacello con le spoglie mortali di San Cassio, compatrono di Narni insieme a san Giovenale. Bisognava scavare lungo la navata di San Domenico per avere la conferma: Nini e i suoi collaboratori, in concerto con la Soprintendenza, hanno eseguito gli scavi a partire dal 2006 e con stupore hanno portato alla luce l’abside semicircolare pertinente alla primitiva chiesa di S. Maria Maggiore, che conserva affreschi di straordinaria vivacità cromatica e squisita fattura, tra cui un Cristo benedicente “nello stile bizantino”, che lo qualificano tra i più antichi del territorio comunale. E' stata inoltre scoperta una sepoltura, verosimilmente di San Cassio, come i documenti attestano! Nini ha dichiarato che questo ritrovamento è il più importante da quando si occupa di archeologia. Possiamo ben capirne la portata, dunque, per la storia narnense! Fortunatamente queste meraviglie sono state musealizzate all'interno dell'edificio stesso e sono visibli attraverso una speciale copertura trasparente. Recenti scavi hanno rimesso in luce anche uno splendido mosaico bizantino del VI secolo, segno che la storia di Narni si nasconde sotto strati sovrapposti gli uni sugli altri. Sono cose che abbiamo sentito spesso, che abbiamo letto spesso, che abbiamo visto spesso nei nostri sopralluoghi, in Italia e all'estero. Sentirle raccontare direttamente da chi le ha vissute in prima persona, però, è un’emozione unica. Pertanto siamo molto grati e onorati di avere avuto questo privilegio e invitiamo i nostri lettori a visitare senza indugio Narni sotterranea.

 

  • Testo e foto di Marisa Uberti. Le immagini sono state eseguite dietro preventiva autorizzazione dell'Associazione Narni Subterranea nella persona del suo presidente, dr. Roberto Nini, che si ringrazia vivamente. E' vietata la riproduzione.

 


[i] Il nome ha ispirato la famosa serie “Le Cronache di Narnia” di Clive Staples Davies

[ii] Associazione Narni Subterranea è nata nel 1994 senza scopo di lucro. L’attività dei membri, tutti volontari, è la ricerca, la salvaguardia e la valorizzazione dei sotterranei portati alla luce dal 1979. Nel 1994 è stato possibile aprire questo percorso dopo la ripulitura, l’eliminazione delle infiltrazioni di acqua dovute alla pioggia e l’adeguamento secondo gli standard di sicurezza attualmente in vigore. L’Associazione opera infatti in concerto con il Comune di Narni e  la Soprintendenza ai Beni Monumentali dell’Umbria

[iii] La chiesa è stata consacrata nel 2000 e vi si celebra una S. Messa nel giorno di San Michele (29 Settembre), tuttavia la denominazione di S. Maria della Rupe è stata mantenuta. L'antica chiesa di S. Michele potrebbe trovarsi sulla cosiddetta "Linea di San Michele" che congiunge importantissimi santuari miacaelici come quello di San Michele Arcangelo sul Gargano (FG) e la Sacra di San Michele in Val di Susa (TO).

[iv] Per informazioni e visite consultare il sito dell’Associazione alla pagina https://www.narnisotterranea.it/lacquedotto/