RUT:   א ש ת     ח י ל
                                     
(di valore)     (donna)

                                                                                                                   

                                                      (di Carlo M.F. Capone)

 

                           

Al versetto 3:11 del libro (Meghillà) di Rut troviamo l’espressione “donna di valore” con cui Boaz si rivolge a Rut.

Questa espressione “di valore” ricorre nella Bibbia 98 volte; 95 volte è riferita a un uomo, 1 sola volta a una donna (a): Rut.
Nella meghillà Rut ci viene presentata per seconda, prima di lei si parla di Orpà; sono le due donne Moabite che i figli di Naomi, Mahlon e Chilion emigrati con tutta la famiglia da Betlemme nei campi di Moab a causa di una carestia, prendono come mogli dopo essere rimasti orfani del padre Elimelech.


Tutti questi nomi racchiudono un significato (1) e un destino.

  • Betlemme: è una parola composta da bet (casa) e lehem (pane) a designare un luogo ricco e benedetto. Eppure c’era carestia “nei giorni del giudicare i giudici”(1:1); questa allocuzione si presta a varie interpretazioni non ultima che anche i giudici devono sottostare ad un giudizio. Nella midrash di Rut si legge: “Guai alla generazione i cui giudici meritano di essere giudicati!”
  • Moab, i territori a sud est del Mar Morto; devono il loro nome al figlio nato da Lot e sua figlia maggiore dopo la distruzione di Sodoma (Gen. 19:37); il nome significa dal padre, a ricordarne le origini incestuose. Proprio queste origini peseranno su tutte le donne Moabite che avevano indotto gli ebrei all’idolatria (Nm 25:1) e che Salomone prese come concubine (1Re 1,11). 
  • Elimelech: ( D*o re) lascia Betlemme, la terra del pane e quella promessa da D*o al suo popolo per emigrare nei campi di Moab. Elimelech pagherà con la vita questa diserzione e segnerà ancheil destino dei suoi due figli.
  • Naomi: il suo significato è mia delizia, dopo la morte del marito muterà nome in Mara: amarezza. Naomi tornerà a Betlemme e sarà colei “che tornò dai campi di Moab” (1:22 hashba misedeh moab). Il valore numerico di Naomi è 170, quello di tornò dai campi di Moab è 710. Naomi è la donna del ritorno e del pentimento, due significati espressi dalla stessa radice shuv. Il ritorno di Noemi e Rut ricompone una frattura storica risalente ad Abramo quando si separò da Lot (Gen. 13:8).
  • Mahlon e Chilion: Mahlon deriva da mahla (infermità) e Chilion da calà (consumarsi, terminare). Entrambi moriranno durante i 10 anni trascorsi nei campi di Moab, pagando, con il padre, il prezzo della fuga da Israele. Entrambi però sposeranno donne Moabite ma non avranno figli da loro, è il primo passo verso la ricongiunzione dei figli di Lot con i figli di Abramo
  • Orpà: da “oref”, nuca: “ e sollevarono le loro voci e piansero ancora. E Orpà baciò sua suocera” (1:14), in questo modo Orpà accoglie il suggerimento di Naomi a tornare dalla sua gente e a cercare un nuovo marito; lasciare qualcuno cioè volgergli la nuca.
  • Rut: (amicizia) ha un valore numerico di 606. E’ il numero mitzvot, precetti Biblici che gli ebrei sono tenuti a osservare e che si aggiungono ai sette dettati da D*o a Noè dopo il diluvio (Gen. 9:1-7) destinati a tutti i popoli che discenderanno dai figli di Noè. In tutto 613 precetti e “Rut è la donna straniera che si dedica alla suocera Noemi, si converte alla sua fede e accetta su di sé, oltre alle sette leggi di Noè, i 606 comandamenti” (2). La conversione di Rut, il suo ritorno a Betlemme, le nozze con Boaz e la discendenza che ne verrà ricongiungono i Moabiti a Israele per consentire la nascita di Davide.
  • Boaz: significa con forza ed è anche il nome della colonna sinistra del Tempio (b); un uomo forte si unirà ad una donna di valore e lo farà per ottemperare ad uno dei 613 precetti quello che obbliga il fratello o il parente più prossimo di un defunto a sposarne la vedova (Deut 25:5-10). L’unione tra i due viene salutata da tutto il popolo di fronte al quale Boaz ha “acquistato” Rut con queste parole: “Testimoni, darà Adonai alla donna che entra nella tua casa, come Rachel e Lea che costruirono loro due la casa di Israele, e farà valore in Efrata e chiamerà un nome in Betlemme.”(4:11)

 

La meghillà si conclude con l’enumerazione della discendenza di Rut: e queste le generazioni (veelle toledot) da cui nasceranno Obed, Jesse e Davide.
Proprio con l’elencare questa discendenza Matteo apre il suo Vangelo. Il grande pittore Caravaggio, nella prima versione di San Matteo e l’Angelo (c), pala d’altare provvisoria poi sostituita con quella attuale nella chiesa di S. Luigi dei Francesi a Roma, raffigura Matteo che con l’aiuto di un angelo scrive le parole iniziali del Vangelo, ma le scrive in caratteri ebraici: helle todelot, "queste le generazioni".
Il Vangelo di Matteo comincia con l’enumerazione delle generazioni da cui nacque Gesù partendo da Abramo; in questa enumerazione compaiono tre donne: Tamar che divenne moglie di Giuda, quartogenito di Giacobbe, con un sotterfugio (Gen. 38: 6-26), Rahav moglie di Salmon che generò Boaz, e Rut che divenne moglie di Boaz secondo la legge del levirato e da cui discese Davide; poi l’enumerazione procede fino a Giuseppe e Maria.
Tanto Tamar quanto Rut sono straniere, una cananea l’altra moabita e hanno storie quasi simili; entrambe sposano ebrei, entrambe restano vedove senza figli, scelgono di restare vincolate a Israele e alla sua fede e permetteranno al seme di Giuda di generare una sacra discendenza in cui Vecchio e Nuovo Testamento si fondono.

Dante incontra Rut nell’Empireo o Decimo Cielo (3):

 

Ne l’ordine che fanno i terzi sedi,
siede Rachel di sotto da costei
con Bëatrice, sì come tu vedi.


Sarra e Rebecca, Iudìt e colei
che fu bisava al cantor che per doglia
del fallo disse ’Miserere mei’.

 

Rut è la bisavola (bisava) di Davide cantore dei Salmi e che intonò il Miserere mei per espiare la colpa di aver fatto uccidere Uria, marito di Betsabea, per poterla sposare (2 Sam. 11: 2-26). E’ il penultimo canto della Divina Commedia quello che precede l’orazione di San Bernardo alla
Vergine; un ulteriore sigillo impresso da un Fedele d’Amore per chiamare una “donna fedele”, mistica «Sapienza» personificata dalla donna nella Bibbia.

 

  • Note

(a) La stessa espressione la troviamo altre due volte in Proverbi 12:4 e 31:10 ma senza riferimento diretto a qualcuna: 12:4 una donna forte è la corona del marito 31:10 una donna forte chi potrà trovarla
(b) Quella di destra ha nome Iachin e insieme significano: con forza sosterrà
(c) Il dipinto originale fu conservato a Berlino ma finì distrutto nel 1945 durante un bombardamento

 

  • Bibliografia

1. F. Scerbo. Lessico dei nomi propri ebraici del Vecchio testamento. Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1913
2. E. De Luca. Libro di Rut. Universale Economica Feltrinelli Milano 2009
3. La Divina Commedia: Paradiso canto XXXII 7,13 (Dante Alighieri)

 

(Autore: Carlo Massimo Fabrizio Capone, luglio 2014. Tutti i diritti riservati)

 

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