I segreti di Palazzo Brera a Milano (M.Uberti)

Sembra un titolo da chissà quale scoop ma in realtà vogliamo soltanto fare due passi insoliti in uno dei più famosi luoghi del capoluogo di regione lombardo,  Palazzo Brera,  noto nel mondo soprattutto per la sua storica Accademia di Belle Arti e per la prestigiosa Pinacoteca, una galleria di dipinti che partono dall’epoca medievale per giungere al XX secolo.  Nel Palazzo hanno però anche sede altre importantissime istituzioni: la Biblioteca Nazionale Braidense, l' Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, l' Osservatorio Astronomico, I' Istituto di Fisica Generale Applicata e l' Orto Botanico.  Appena varcato il monumentale portale del Piermarini, ci si ritrova nel vasto cortile, con al centro la colossale statua di Napoleone in una inusuale veste, quella di una divinità classica: Marte pacificatore, una scultura che proviene niente meno dal progetto di Antonio Canova e che svetta sul piedistallo dell’artista Luigi Bisi dal 1859. Pannelli indicatori permettono al visitatore di orientarsi verso le sezioni di interesse (inconfondibile è la Pinacoteca, situata decorosamente al piano superiore). Comunque non è disdicevole “perdersi” un po’ nei corridoi del pianterreno, tra studenti dell’Accademia che vanno e vengono, aule, targhe, busti, statue, muri trasudanti vita e forse rabbia.  Di chi da Brera non se ne vuole andare, per spostarsi in un altro palazzo. Brera è Brera! Lasciando i complicati grovigli di contemporanee questioni politico-sociali, cerchiamo di conoscere un po’ meglio questo palazzo, soffermandoci su alcuni aspetti meno noti e particolari. Siamo entrati in uno dei poli culturali più grandiosi che la città di Milano possa vantare, che si è tuttavia composto a partire dal XVIII secolo.  E prima di allora? Cominciamo il nostro viaggio nel tempo.

 

  • Le origini: il convento e la chiesa degli scomodi Umiliati

Un visitatore che avesse percorso l’attuale via Brera nel medioevo, si sarebbe trovato in mezzo ai campi, fuori dalla cinta delle mura romane di circa 200 metri, in quella che veniva chiamata “braida”, un termine di origine longobarda che significa appunto “prato” o, secondo altre interpretazioni, “Terreno incolto, ortaglia”. Tuttavia dopo il 1162 (distruzione di Milano ad opera di Federico Barbarossa), le mura vennero ricostruite seguendo un tracciato più ampio che includeva anche Brera. Camminando in via Brera attualmente, dove palazzi e negozi la fiancheggiano senza soluzione di continuità, è praticamente impossibile rendersene conto.  Ma nel 1201 una congregazione semi-monastica lombarda, gli Umiliati, stabilì la propria casa-madre nell’area dell’attuale Palazzo Brera, rimanendovi fino al 1571, quando furono costretti ad andarsene.

Non sappiamo se lì esistesse già un precedente edificio o se gli Umiliati lo eressero ex-novo, sappiamo però che nel 1229 essi diedero inizio alla costruzione della chiesa di Santa Maria della Brera. Ci volle più di un secolo per portarla a termine perché solo nel  1347 venne completata la facciata, che era in marmi bianchi e neri e dotata di un elegante portale eseguito da Giovanni di Balduccio. Sappiamo come fosse perché l’edificio venne abbattuto all’inizio del XIX secolo e c’è pervenuta una stampa (fig. 1):

                                  Fig. 1

Doveva essere decisamente un bell’edificio, ma dove sono le sue tracce, se oggi non troviamo più nulla del monastero e della chiesa?

Grazie ad alcune ricerche abbiamo appurato che alcuni affreschi trecenteschi (attribuiti a Giusto dè Menabuoi) sono visibili in un’aula dell’Accademia, mentre nel Castello Sforzesco sono conservati alcuni frammenti lapidei e scultorei.  Nell’attuale complesso di Palazzo Brera si possono individuare le varie fasi architettoniche solo in due punti: dall’Orto Botanico (di cui parleremo più avanti) e dalla privata piazzetta Brera.

Gli Umiliati non erano propriamente un fiore all’occhiello per la Chiesa di Roma, essendo nati sulla scia delle spinte ereticali e delle agitazioni sociali che avevano percorso la Lombardia dopo il Mille; l’Ordine proponeva umiltà, austerità e basava la vita quotidiana sul lavoro.  In quel tempo l’opulenta Chiesa Romana non era certo un modello di semplicità (infatti nello stesso periodo nacquero molti ordini monastici che invocavano un ritorno ai veri valori spirituali del Vangelo di Cristo).  A Brera gli Umiliati avevano avviato una fiorente attività di lanaioli, che li rese un istituto ricco e potente, tanto da alimentare un’attività bancaria. Il loro destino si compì nel XVI secolo quando manifestarono le loro simpatie per le idee protestanti di Calvino, che attirò sulla congrega ulteriori sospetti e intolleranze da parte dell’ortodossia ecclesiastica, che già li trovava scomodi se non pericolosi.  Si dice che girassero armati, sotto la tonaca, forse temendo per la loro vita, ma non dovevano essere propriamente docili  e lo apprendiamo da un episodio curioso, verificatosi all’annuncio della loro soppressione, nel 1571. C’era da aspettarselo che venissero cancellati dal papa allora regnante, Pio V, ma l’istanza era stata presentata dallo zelante arcivescovo di Milano, Carlo Borromeo (il grande riformatore della diocesi lombarda)  e proprio verso quest’ultimo venne indirizzato un colpo di archibugio da parte di un frate degli Umiliati, Gerolamo Donato detto il Farina. Una reazione non esattamente decorosa ma la soppressione privava l’Ordine di ogni cosa, del convento e dei terreni adiacenti, della chiesa di Santa Maria e dell’attività; era dura rassegnarsi. Comunque al Borromeo non successe nulla e, tolti di mezzo gli Umiliati, egli concesse il complesso monastico all’Ordine dei Gesuiti.

  • Il mistero  dei sotterranei

Prima di proseguire con i nostri due passi sulle tracce della storia di Palazzo Brera, facciamo un salto nei suoi sotterranei. Un salto ideale, chiaramente, perché lì sotto non ci siamo stati e forse l’accesso non è più nemmeno possibile perché sono in corso dei lavori (si vorrebbe infatti renderli fruibili al pubblico). E’ probabile che una parte di questi ambienti ipogei fosse e sia destinata a rimanere segreta. E’ su quella che punta la nostra attenzione, una parte ancora avvolta dalle ombre del mistero. Nel caso di Brera esistono storie sospese tra realtà e leggenda, storie abbastanza recenti o forse chissà… In un intrigante articolo di Sandro Fusina si legge che almeno una cinquantina di anni fa si trovavano ancora numerose ossa umane, una vera “miniera”, un deposito protetto da un assito di legno con una porta sgangherata che era chiusa da un lucchetto arrugginito che, forse, non era tanto sicuro.  Almeno due studenti dell’Accademia, invasati dallo spirito dell’avventura, erano riusciti ad accedere al “deposito” trafugandone i teschi (quelli ancora compatti), che vendevano agli studenti di Medicina.

Ma a chi appartenevano quelle ossa? Alle sepolture dei frati (Umiliati, prima, e Gesuiti poi)? Sicuramente un cimitero dovevano averlo avuto anche loro e per molti secoli fu regola seppellire i cadaveri nelle chiese o intorno ad esse. 

Ma nei cunicoli ipogei di Brera si nascondeva qualcos’altro. Uno dei due studenti che nei mitici anni ’60 del XX secolo scendeva furtivamente in quei sotterranei, racconta che ne aveva percorso un bel tratto finchè si era ritrovato davanti ad un muro di mattoni , a suo dire recente.  E poi proseguiva: “Superato il deposito di ossa si incontra un piccolo ufficio, arredato con mobili e suppellettili di una ventina di anni prima (quindi degli anni ’40, quelli della II Guerra Mondiale, n.d.w.). Era strano che in quel corridoio senza finestre si aprisse un piccolo ufficio, ma più strano era che nell'ufficetto si aprisse la bocca di un forno con una barella scorrevole delle dimensioni di un uomo di media statura”.  Sembrerebbe la descrizione di un forno crematorio, un po’ troppo macabra come cosa, e forse lo studente l’aveva potuta anche inventare per contornare di fascino misterioso i reperti che proponeva in vendita.  Si perché, morale della questione, è che questi studenti nei sotterranei recuperavano – o così  dicevano- dei pezzi d’antiquariato, artistici, sulla cui autenticità non possiamo sapere.  Non è cosa segreta che ogni museo abbia i propri depositi nei magazzini o nei sotterranei, però. Ciò che viene esposto è solo una piccola parte del “fondo” che è in dotazione ad un museo o ad una galleria. Dove poi questi Istituti tengano effettivamente le collezioni non esposte, dovrebbe essere un segreto, per evitare furti. 

I due intrepidi studenti degli anni ’60, invasati soprattutto da uno spirito di avventura, cosa recuperavano veramente? Non lo sapremo forse mai però i pettegolezzi che infuriavano tra i frequentatori del bar Giamaica e il Gran Bar (scrive il Fusina) narravano di “intere cartelle gonfie di disegni di maestri antichi, che si trovavano accatastate da qualche parte, a disposizione dei volonterosi minatori che si salvavano la coscienza pretendendo di avere sottratto piccoli e grandi capolavori all'ingordigia distruttiva delle muffe. E' possibile perfino, anzi è più che probabile, che tutti quegli asseriti capolavori non fossero altro che elaborati senza grande valore artistico e commerciale degli studenti dell'Accademia, conservati per dovere burocratico; e non preziosi fondi destinati alla distruzione dalla mancanza di solerzia e di iniziativa di funzionari e personale”.

Si diceva anche che un cunicolo arrivasse fino al Castello Sforzesco. Leggende metropolitane?

 

  • I Gesuiti e la nascita dell’Osservatorio Astronomico (1762)

Riprendiamo i nostri due passi lungo il corso della storia del Palazzo Brera. Carlo Borromeo, aboliti gli Umiliati, aveva affidato il complesso all’Ordine dei Gesuiti, con l’incarico di fondarvi una scuola di istruzione superiore per il clero e per la nobiltà. Scuole e collegio d’elite, in poche parole. Naturalmente doveva coesistere una dottrina di severa penitenza, una vita morigerata, secondo il costume gesuitico.  Si era nel 1571, periodo di grandi fermenti politici, religiosi, sociali, culturali. Per poter realizzare il progetto di creare le scuole, servivano delle aule e tra il 1573 e il 1590  vennero elaborati dei progetti da Martino Bassi, che tuttavia non ebbero un seguito. Fu invece con l’architetto Francesco Maria Richini (figura dominante nell’architettura milanese dell’epoca) che si ebbe la vera svolta, quando il generale dei Gesuiti approvò il progetto definitivo, nel 1651.  Fino ad allora si era proceduto a rilento ma il progetto del Richini è rimasto sostanzialmente invariato nelle forme odierne. Venne continuato alla sua morte (1658) dal figlio Giandomenico, insieme con Gerolamo Quadrio e Giorgio Rossone (ci volle un altro secolo per portarlo a termine).  “Sull’esempio del Collegio Gesuitico di Roma e di quello Borromeo di Pavia, quello di Brera si dotava di un grande cortile rettangolare a due ordini di logge a serliana, con eleganti colonne di granito rosa, capitelli tuscanici a piano terreno, ionici al piano superiore. Il collegamento tra cortile e loggiato era assicurato da un maestoso scalone a doppie rampe” (L. Arrigoni “Il Palazzo di Brera”).

Figli di una lunga tradizione sapienziale, i Gesuiti crearono a Brera una delle maggiori scuole umanistiche dove veniva insegnato il latino, la retorica, la filosofia, la teologia, ma anche le scienze e l’Astronomia. Proprio in quest’ultima essi si dimostrarono particolarmente eccelsi; fino al XVIII secolo avevano istituito e gestito una trentina di Osservatori Astronomici, a partire da quelli di Lione e Marsiglia (fondati nel 1702).

A Milano l’attività osservativa dei frati non ha, per ragioni poco chiare, lasciato documentazione (o essa per qualche ragione non è stata trovata). Si ritiene che fosse accessoria agli insegnamenti della materia astronomica. Sappiamo però che i frati praticavano le osservazioni dai tetti del Collegio, servendosi di piccoli telescopi. In dotazione avevano due interessantissimi globi, uno terrestre e uno celeste, realizzati nel 1693 dal geografo veneziano Coronelli, che ancora si possono ammirare nel Museo degli Strumenti Astronomici dell’Osservatorio di Brera (fig. 2).


 

                          Fig. 2

Riusciamo anche a immaginarli quei frati che, di notte, salivano forse furtivamente fin sui tetti e scrutavano la volta celeste, ancora osservabile in una città non invasa dalle odierne luci artificiali. Stavano bene attenti a non provocare rumori, a scrutare in silenzio, assorbiti totalmente dallo spettacolo del cielo, che conoscevano approfonditamente. Sicuramente si annotavano tutto, per questo è molto strano che non siano stati rinvenuti documenti.

Nel 1760 accadde qualcosa che portò un certo scompiglio nella vita comunitaria: due padri gesuiti (Giuseppe Bovio e Domenico Gerra), scoprirono una nuova cometa; la notizia venne affissa su manifesti cittadini[i].  Non si poteva più nascondere l’intensa attività di ricerca scientifica che i frati conducevano nel Collegio, perciò il rettore dello stesso (padre Federico Pallavicino) decise di potenziarla, fondando un vero osservatorio, che molte altre città avevano già. Visto che quello di Marsiglia era già attivo dal 1702, fece arrivare da lì, nel 1762, padre Luigi La Grange (1711-1783) in qualità di astronomo esperto e a lui venne dato l’incarico di fondare la specola braidense che, dall’anno successivo, cominciò a produrre osservazioni astronomiche e misurazioni meteorologiche.  Ma un altro grande padre gesuita, professore di Matematica all’università di Pavia (che era allora l’unico ateneo in Lombardia), Ruggero Boscovich, è considerato co-fondatore della Specola di Brera. Egli infatti era anche esperto in architettura ed ingegneria civile: fu suo il progetto per la costruzione dei locali che dovevano ospitare l’osservatorio, alla sommità dell’angolo sud-orientale del palazzo.  Esso si componeva di due piani: quello inferiore era diviso in cinque stanze occupate da quadranti murali, orologi a pendolo e altri strumenti; quello superiore era formato da un’unica stanza ottagonale dove si tenevano le osservazioni e le lezioni dimostrative pubbliche. Boscovich, infatti, era assai favorevole alla divulgazione scientifica degli strumenti e del loro utilizzo alle persone interessate, nonché a far loro osservare direttamente il cielo con il telescopio, ma all’epoca questo veniva pesantemente criticato e giudicato come uno “sterile spettacolo”.  Sulla terrazza che sovrastava la stanza ottagonale erano collocate due cupole coniche; il risultato di tale progetto fu molto lodato anche all’estero e in breve Milano ebbe un Osservatorio classificato come il più importante in Italia.

                             

                                  

Fig. 3. Stampa del 1778, tratta dal volume Ephemerides Astronomicae, in cui si vede la facciata meridionale del Palazzo con la specola costruita dal Boscovich. Il volume venne prodotto dall’Osservatorio di Brera ininterrottamente fino al 1884; si trattava di un annuario astronomico che divenne famoso e apprezzato in tutto il mondo, grazie anche alla traduzione latina

 

Nei dieci anni che Boscovich e La Grange condivisero la direzione della Specola, non furono pochi i loro dissapori, per divergenza di vedute. Pu essendo entrambi padri Gesuiti, avevano impostazioni differenti: l’uno aveva programmi ambiziosi per il futuro dell’Osservatorio mentre La Grange stava molto attento alle spese per l’acquisto della strumentazione. Tale situazione portò Boscovich a rassegnare le dimissioni, nel 1772, ma un anno più tardi l’Ordine dei Gesuiti venne soppresso da papa Clemente XIV, cosicchè tutti i frati dovettero andarsene.

Il Collegio e l’Osservatorio vennero statalizzati e passarono sotto le dipendenze del governo austriaco a Milano, che fornì i fondi per continuare le linee di sviluppo tracciate dal Boscovich. La torretta che questi aveva fatto costruire fu mantenuta pressoché identica fino al 1880 quando il grande astronomo Giovanni Virginio Schiaparelli (chiamato alla direzione della specola di Brera) la fece smantellare per installarvi una nuova cupola per il rifrattore Merz-Repold da 49 cm. Proprio da questo punto di osservazione Schiaparelli osservò il pianeta Marte, producendo dettagliatissime mappe con la stessa strategia adoperata per lo studio geografico terrestre. Egli ipotizzava la presenza di un sistema di canali –di origine naturale o artificiale- che si sarebbero formati allo sciogliersi delle calotte polari in primavera. Un sistema tanto sofisticato da suscitare il dubbio che avesse potuto essere creato artificialmente (si diffuse in tal modo la credenza, da parte dei mass-media, che sul pianeta rosso vi fosse stata una civiltà progredita).

Nel 1796 Napoleone fece il suo ingresso a Milano e l’anno seguente fu fondata la I Repubblica Cisalpina che per l’Osservatorio finanziò l’acquisto di nuovi e magnifici strumenti scientifici.

Danneggiata dai bombardamenti della II Guerra Mondiale, la cupola venne ricostruita nel 1956 secondo un nuovo sistema (“cupola a fiore”) e, dopo la cessazione di ogni attività osservativa (per eccessivo inquinamento luminoso e il trasferimento delle osservazioni a Merate), la cupola è stata trasformata in una sala di conferenze.

                                    

Fig. 4. La cupola dell’Osservatorio Astronomico di Brera oggi, vista dall’Orto Botanico

 

L’Osservatorio Astronomico di Brera (OAB) è dunque la più antica istituzione scientifica di Milano, nata ecclesiastica, come abbiamo visto. Oggi fa parte dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), l’ente pubblico di ricerca preposto alle scienze astronomiche, astrofisiche e cosmologiche. Anche se l’attività osservativa è stata spostata a Merate, nella sede di Palazzo Brera si trova una preziosa biblioteca storica e un immenso patrimonio archivistico, che contiene documenti originali di Boscovich, Oriani, Schiaparelli e altri importanti personaggi che hanno fatto la storia dell’Osservatorio, dove è allestito pure l’interessantissimo Museo degli Strumenti Astronomici che ha sede negli stessi locali progettati dal Boscovich. In questo video una sintesi della nostra visita, guidata dal prof. Adriano Gaspani (che ringraziamo nuovamente).

 

  • La nascita dell’Accademia delle Belle Arti e delle altre Istituzioni culturali a Brera

Abbiamo visto che l’Osservatorio è la prima istituzione scientifica a nascere all’interno dell’ex-Collegio Gesuita. Nel 1774, un anno dopo aver allontanato i Gesuiti (il cui Ordine era stato soppresso con bolla pontificia nel 1773), Maria Teresa d’Austria incaricò l’architetto imperiale Giuseppe Piermarini (allievo del progettista ermetico Vanvitelli) di ristrutturare il palazzo, adeguando le varie sezioni al nuovo gusto neoclassico. A lui si devono la sistemazione della biblioteca, il solenne portale di ingresso su via Brera, ed il completamento del cortile.  I lavori continuarono fino al 1795. L’intenzione della sovrana (e poi del figlio Giuseppe II) fu di trasformare il Collegio in Scuole Palatine per farne la sede di alcuni dei più avanzati istituti culturali della città di Milano. La Biblioteca dei frati divenne la Biblioteca Nazionale Braidense. Nel 1776 venne fondata l’Accademia di Belle Arti e la Società Patriottica (divenuto poi Istituto Lombardo di Scienze e Lettere), che aveva il compito di studiare e sperimentare quanto di nuovo si adottava in campo agrario e manifatturiero. Vennero potenziati l’Osservatorio e dato un assetto all’Orto Botanico, che oggi è annidato (quasi dimenticato) ai piedi del grande palazzo. Su questo Orto davano le finestre di Giuseppe Parini e dell’astronomo Schiaparelli. Si dice che anche Mozart avrebbe passeggiato per questi vialetti solitari. L’ingresso all’Orto Botanico è gratuito; si tratta di un’area ristretta (5.000 mq) per metà occupata dal reticolato delle aiuole settecentesche lunghe e strette intervallate dalle due vasche ellittiche, l’altra metà è un prato circondato da grandi alberi. E’ una sorta di oasi in cui rumori e traffico sono lontani e se si pensa che siamo in pieno centro storico, non è poco, tuttavia a parer nostro necessiterebbe di maggiore cura e riassetto globale.

Per volere di Maria Teresa d’Austria, accanto all’Accademia sorse la Pinacoteca, destinata a collezionare opere esemplari per la formazione didattica degli studenti. Ma nel 1796 Napoleone entrò in Milano, spodestando gli Austriaci. Nuovi indirizzi politici e culturali diedero impulsi differenti alle istituzioni braidensi. A Brera iniziarono ad arrivare un’ingente quantità di opere d’arte provenienti da chiese e conventi soppressi dal regime napoleonico. Per ospitare la nuova Galleria dei Quadri nel 1808 venne suddivisa trasversalmente in altezza in due corpi sovrapposti la chiesa di Santa Maria di Brera (allora ancora esistente): uno ospitava il Museo delle Antichità Lombarde  (sculture) e l’altro la Pinacoteca. Fu allora che venne demolita la facciata gotica della chiesa: per regolarizzare la pianta e creare ambienti di uguale forma e dimensioni, cioè 4 grandi sale quadrate (da allora chiamate “sale napoleoniche”, fig. 5), con passaggi dall’una all’altra scanditi da colonne. L’illuminazione era garantita da lucernari e finestre al centro delle volte (l’architetto fu Pietro Gilardoni).

          Fig.5

Date le tendenze massoniche di Napoleone, supponiamo che i collaboratori vennero scelti tra uomini appartenenti alle Logge milanesi, anche se non abbiamo condotto una ricerca in tal senso. Il fatto di far pervenire la luce dall’alto, comunque, potrebbe avere un significato simbolico.

Ciò che differenzia la Pinacoteca di Brera dalle altre gallerie d’arte italiane di prestigio è proprio nella sua origine che si situa nel collezionismo di Stato o politico, invenzione napoleonica e risultato delle concezioni democratiche conseguenti alla Rivoluzione Francese. Non staremo a raccontare tutte le seppur interessanti vicende storiche che hanno caratterizzato l’ascesa, la “decadenza” e il recuperato prestigio di questo straordinario museo, consigliando di andare direttamente a visitarlo[ii]. Si potranno così ammirare opere dei maggiori artisti di ogni tempo come Giovanni Bellini, Caravaggio, Raffaello, Piero della Francesca, Hayez, El Greco, Mantegna, Canaletto, Rubens, Tintoretto, Rembrandt, Boccioni, Modigliani, Carrà e Picasso. Senza contare che è di frequente sede di mostre temporanee, come quella sui Tarocchi Sola- Busca, attualmente in corso[iii].

 

  • La statuaria dei cortili, delle logge e dei corridoi di Brera:  un museo nel museo

Sono monumentali e bellissime, ma pressoché ignorate dai visitatori: sono le statue che “arredano” riccamente (anche se hanno subito degli “smozzicamenti” vandalici) il grande cortile d’ingresso di palazzo Brera.  Ma anche nelle logge, nei corridoi, nelle nicchie troviamo busti e lapidi dedicate ai più insigni personaggi della cultura italiana degli ultimi secoli. Se vogliamo, è già un museo questo, praticamente ignorato da tutti i visitatori (e gratuito). Basta avere un po' di voglia e di tempo ed è interessante avvicinarsi alle statue del cortile, disposte ai lati del rettangolo, nel cui centro troneggia il colosso di Napoleone I Bonaparte, negli inusuali panni di un Marte "pacificatore". Affascinante salire lo scalone che conduce alla celebre Pinacoteca e indugiare su Parini e Beccaria. E, arrivati al piano superiore, perdersi in quella galleria esterna di memorie, di cui abbiamo voluto portare alcuni esempi nel video che mostriamo, rendere omaggio. Sono nomi che hanno dato all'Italia lustro, dignità, senza armi e forse senza vanti, ma con la sola potenza del loro genio, esplicato chi attraverso le arti, chi attraverso le lettere o le scienze.  Ciascuna ha probabilmente la sua storia: perché venne scelto un certo personaggio, perché in quella posizione, perché con determinate caratteristiche? Servirebbe un trattato a sé!

La statua di Napoleone Bonaparte costituisce il simbolo riconosciuto universalmente del Palazzo e in particolare della Pinacoteca di Brera.  Il sovrano è ritratto nell’insolita veste di Marte pacificatore (che dobbiamo ancora capire cosa significhi veramente..), dalla prestanza fisica che certo era estranea a quella realmente posseduta dall’imperatore. Dietro questa statua vi sono alcuni retroscena poco noti al grande pubblico che ogni giorno visita le istituzioni culturali del Brera. Anzitutto pare che Napoleone, nel 1802, avesse commissionato di persona una statua in marmo al Canova, che non potè dirgli di no. Sembra che malvolentieri si sia recato a Parigi, accettò l’incarico e nel 1806 la scultura era già pronta ma quando Napoleone e i suoi critici d’arte la videro, non restarono soddisfatti (troppo “atletica e muscolosa”); il Canova a questo punto realizzò cinque calchi in gesso, spedendoli in varie Accademie italiane. Quello di Brera fu acquistato dal viceré Eugenio di Beauharnais per la Pinacoteca, dove fu esposto dal 1809 al 1814. Dopo le vicende storiche che decretarono la capitolazione del Bonaparte, il calco venne nascosto nei magazzini del palazzo e lasciato lì fino a quando, trascorsi  oltre due secoli dalla sua creazione, venne restaurato a Firenze e in gran pompa è ritornato a Brera nell’aprile del 2009. Qui è stato collocato su una pedana idonea a sopportare il peso del manufatto (alto 3 m e pesante due tonnellate), al centro della Sala XIV. Nel 2008  è stata acquistata ad un’asta la scrittura privata[iv] sottoscritta il 13 gennaio 1808 da Antonio Canova e Luigi Righetti, per la fusione in bronzo di questa statua, commissionata al Canova dal principe Eugenio di Beauharnais. Tra alterne vicende, la statua riuscì ad essere collocata sull’odierno piedistallo al centro del cortile nel 1859, per volontà di Napoleone III. Un particolare curioso è che la statuetta della Vittoria alata che Napoleone regge nella mano destra scomparve il 25 ottobre del 1978. Resta un mistero sul chi l’abbia sottratta, anche perché non sarebbe più stata ritrovata; quella che vediamo oggi è infatti una copia. (la statuetta manca anche al calco in gesso). La statua in marmo eseguita dal Canova si trova ai piedi di un’elegante scala della Apsley House di Londra, a suo tempo dimora del duca di Wellington, colui che sconfisse Napoleone nella storica battaglia di Waterloo (18 giugno 1815). Quell’esemplare è l’unico a conservare la Vittoria Alata originale, dalla quale è stata tratta la copia in bronzo da ricollocare nella mano del colosso nel cortile di Brera. Un’altra curiosità è che la replica in piccolo della statua bronzea (con Napoleone che regge la sfera senza Vittoria alata), si trova nel parco botanico del castello di Miramare, dove l’abbiamo vista nell’estate del 2012.

 

  • Una visita a Palazzo Brera, a questo punto e per chi ancora non l'avesse fatto, è da mettere in agenda.  

[i] "Alli 6 del corrente Febbraio circa le ore 8 di sera fu da due Padri professori in questa Università di Brera della Compagnia di Gesù osservata ad occhio nudo la sembianza di una stella nebulosa minore di mole, ma di egual luce alla nebulosa Presepe nel cuor del Cancro. Essa era nella costellazione del Lione lontana a stima d'occhio quattro gradi incirca d'un gran cerchio dalla Stella Regulus ... Osservata col telescopio fu discoperta cometa. La testa involta in atmosfera nebbiosa, corta corda, e sfumata ad Ostrolebeccio ..."

[ii]Una trattazione approfondita si trova nel seguente lavoro di Luisa Arrigoni https://images.brera.beniculturali.it//f/materiali/Br/Brera-storia01.pdf (paragrafo  “La Pinacoteca e le sue raccolte”)

[iii] La mostra durerà fino al 17 febbraio; in seguito, dal 20/02/2013, verrà allestita la Mostra sui Tarocchi Bembo, che durerà fino al 20/04.

 

 

 

 

 

 

Argomento: I segreti di Palazzo Brera a Milano

I segreti di Palazzo Brera

Manrico Ferrari | 12.07.2016

Testo godibile e ben fatto per chi non è un'esperto e vuole un testo che gli illustri, con puntualità ed in maniera discorsiva, la storia, l'arte e le bellezze di Brera.

Nuovo commento