Santuario della Madonna del Lavello

                                                   Appunti di viaggio

                                                       (Silvio Avland)

 

 In questi giorni, andando a curiosare in giro, ho visitato il Santuario della Madonna del Lavello a Caloziocorte (provincia di Lecco).

A qualche decina di metri davanti alla facciata della chiesa scorre l’Adda che, raccolta l’acqua dal Lario e allargandosi per creare il bacino di Garlate e poi quello di Olginate più a valle, qui inizia a prendere la sua forma di fiume.

               

                                                   

                                    Planimetria del complesso del monastero tratta dal sito ufficiale

                             

 

  • IL NOME

 

Ho cercato il significato del termine “Lavello” e, a proposito del comune della provincia di Potenza che ha questo nome, si dice provenga dal latino Labellum, abbeveratorio, perché dal posto passavano i tratturi della transumanza. Nell’enciclopedia Treccani poi ho trovato la spiegazione che nell’ uso antico e letterario, ma anche dialettale, il termine lavello stava per avello, cioè arca sepolcrale, tomba. Del santuario della Madonna dell’Avello a Cerezzata, frazione di Ome nel bresciano, si dice che il suo nome derivi dall’affresco del 1511 dove il Cristo sta per essere deposto nel sepolcro. Precedentemente però viene detto che nel designamento delle terre di Ome, nel 1344-1345 ricorre più volte il nome della contrada Lavello. Anche nel caso del Santuario della Madonna del Lavello, se si legge la sua storia, ricorre l’associazione tra la tomba e la vasca-abbeveratoio ad indicare che dalla morte scaturisce l’acqua che è fonte di vita.

Considerando che il Santuario fa parte della parrocchia di Foppenico[1] ( frazione di Caloziocorte) l’ipotesi del collegamento del suo nome alla sepoltura viene avvalorato.

 

  • CHIESA A DUE ABSIDI

 

Quello che subito si evidenzia entrando nell’edificio è la sua struttura biabsidata. Ho cercato dunque l’eventuale presenza di altri edifici religiosi con questa particolarità, ed il senso che questa forma potesse avere. A tal proposito ho trovato un lavoro fatto da Gianni Mazzucchelli intitolato “le chiese a doppia abside e le tavole della legge”, (documento formato PDF scaricabile da internet), dove in sostanza si dice che questi edifici erano luoghi di culto delle comunità ebraiche sparse sul territorio dell’impero romano, in un periodo precedente all’istituzionalizzazione del cristianesimo come religione di stato dell’impero.

La sezione rettangolare terminante in una o due absidi semicircolari delle sinagoghe, richiamano alla mente le “Tavole della Legge”, che elencano le cinque prescrizioni per il rapporto  tra l’essere  umano e Dio e le  cinque  per il rapporto tra  umano  e

umano [2].

Fatti questi riferimenti al lavoro del Mazzucchelli torniamo a noi e riassumiamo velocemente la storia che riguarda l’origine del Santuario della Madonna del Lavello.

Sul posto dove ora c’è il Santuario si pensa vi fosse una fortificazione di epoca romana posta a difesa del ponte del III secolo che sorgeva poco distante; tuttavia si ha notizia della presenza di un castello solo nel 1014 da un atto contenuto in una pergamena che l’impertore Enrico II inviò al vescovo di Bergamo.

La primitiva chiesetta che sorgeva in questo luogo e che viene considerata la chiesa castellana dedicata a San Simpliciano (vescovo di Milano), viene datata all’XI secolo.

Era costituita da un’abside e da una navata e le sue dimensioni erano di 8 x 4,5 metri.

La sua orientazione era sulla levata del sole al solstizio estivo.

Dopo anni di dispute nel 1454 il territorio su cui si trova il santuario passò sotto il dominio della Repubblica di Venezia.

Sui ruderi di questa prima chiesa, (il castello venne distrutto 100 anni prima ed il luogo rimase desolato e in abbandono), un certo eremita Jacopino iniziò a costruire una seconda chiesa più grande.

Durante i lavori questo Jacopino scoprì una fonte miracolosa che sgorgò da una vecchia tomba appena venne rimosso il corpo che vi giaceva.

Questa chiesa venne poi portata a termine nel 1490 dai Servi di Maria che vennero mandati a gestire il posto a seguito del grande afflusso di fedeli.

 

                                                    

                                        Prima chiesa (in blu)    Seconda chiesa (in rosso)

 

 

Oltre a completare la chiesa essi costruirono in seguito anche il loro convento.

Essendo questa seconda chiesa di dimensioni ancora modeste rispetto alle esigenze che si erano venute a creare, si decise di ampliarla.

Si iniziò a costruire la terza chiesa nel 1582, anno della riforma gregoriana del calendario, ed i lavori di ampliamento terminarono nel 1589.

 

Sia la seconda che la terza chiesa mantennero l’orientazione della chiesa primitiva; la particolarità dell’ultima chiesa, che è quella che vediamo anche oggi, è il doppio presbiterio. Anche se la chiesa di Santa Maria del Lavello ha le sue due absidi piatte (vale a dire che non terminano con due semicerchi), osservando i due archi che le racchiudono e i loro soffitti a botte, appare evidente il riferimento alle due tavole della legge, le cui forme richiamano il quadrato della terra sotto e la semisfera del cielo sopra.

 

                                    

 

A conforto di questa ipotesi sotto il leggio della zona absidale di sinistra è posto un simulacro delle due tavole.

                                                   

                                             

 

L’ipotesi che si sia voluto mantenere la  precedente abside, a cui se ne aggiunse una seconda, per la necessità di non interrompere lo svolgimento dei riti religiosi è plausibile.

Resta però da chiarire la valenza simbolica della scelta costruttiva di due absidi della terza chiesa (fosse stata questa una scelta obbligata o meno), e per questo ci può venire in aiuto l’osservazione del periodo storico in cui la chiesa fu edificata.

 

Il 1500 è un secolo molto travagliato per la chiesa cattolica perché ci fu la vicenda di Lutero a cui essa rispose con la controriforma.

Nelle notizie sul Santuario viene riportato che  “nel 1581 frà Paolo Sarpi è al Lavello, e poco dopo, nel 1582 iniziano il lavori per ingrandire la chiesa.”

Ora, l’ordine dei Servi di Maria era ben visto dalla Repubblica Veneta ed in particolare al Sarpi fu affidata in seguito (1606), la difesa nei confronti di una scomunica contro il Consiglio Veneziano e l’interdetto contro lo Stato veneziano che aveva emesso papa Paolo V.

In seguito Paolo Sarpi espresse anche le sue critiche nei confronti del potere temporale della curia romana scrivendo il suo libro “Istoria del Concilio Tridentino” .

C’è anche da dire che nello scontro tra protestanti e cattolici fra quelli che ci andarono di mezzo c’erano anche gli ebrei.

Paolo IV con la bolla Cum nimis absurdum del 14 luglio 1555, revocò tutti i diritti concessi agli ebrei romani ed ordinò l'istituzione del ghetto, chiamato "Serraglio degli ebrei".già presente a Venezia e in altre città europee. Successivamente gli ebrei furono rinchiusi nei ghetti anche in altre città dello stato pontificio.

In Spagna già nel 1492 gli ebrei furono espulsi così come in Sicilia e Sardegna, che le appartenevano.

C’è però da fare una precisazione per quanto riguarda il ghetto di Venezia altrimenti

non si capirebbe bene come era la situazione. A tal proposito rimando alla lettura di un articolo scritto sull’argomento dallo storico e giornalista Alessandro Marzo Magno[3]

A questo punto è possibile pensare ad un segno posto ai confini del territorio di una Repubblica di Venezia, pressata sui suoi domini nell’entroterra dallo Stato Pontificio e dagli spagnoli.

Proprio sul suo confine occidentale, quello con il Ducato di Milano che era divenuto proprietà della Spagna, fu costruita una chiesa con struttura biabsidale.

In questo confronto-scontro a livello simbolico, è un caso poi se in un tempo più recente, nel 1938, anno della promulgazione delle leggi razziali in Italia, a seguito della costruzione del campo sportivo nelle vicinanze del Santuario, le vene d’acqua che alimentavano la sua sorgente vennero deviate lasciando la chiesa senza l’acqua? [4]

 

  • DESCRIZIONE DEI CHIOSTRI

 

Nella struttura sono compresi due chiostri di diversa dimensione.

Prendendo in considerazione il chiostro piccolo possiamo vedere la presenza, al piano terra, di un loggiato su tre lati del cortile, fatto da 5 archi per lato (a sottolineare il numero cinque), e nel piano superiore su due ali dirimpetto dell’edificio (nord-est e

sud-ovest), due loggiati con sei archi ognuno, (6 mesi o segni zodiacali in cui  la forza del sole cresce e 6 mesi in cui diminuisce. Sei apostoli a sinistra e sei a destra del Cristo nell’ultima cena).

In tutto sono visibili 27 archi e 27 sono i libri che compongono il Nuovo Testamento.

La parte della struttura che occupa il terzo lato del chiostro, al piano superiore ha cinque finestre.

 

                    

                                                            Chiostro minore

 

È curioso ricordare, per quanto riguarda le cinque finestre, che gli edifici adibiti a sinagoghe situati nel ghetto di Venezia sono ancor oggi riconoscibili perchè hanno 5 finestre, probabilmente con riferimento ai cinque Libri del Pentateuco.

L’area del cortile è pavimentata con ciottoli, e si sono usati dei sassi di colore verde

per creare la figura di un cerchio che contiene una stella a sette punte al cui centro e oggi posto un tombino circolare per la raccolta dell’acqua piovana.

 

                                            

                                     Stella a sette punte nel cortile del chiostro minore

 

Ricordo che sette furono i padri fondatori dell’Ordine dei Servi di Maria (Firenze 1233), che all’inizio si chiamava Compagnia di Maria Addolorata e si distinse nei secoli per la venerazione e la diffusione del culto dell’Addolorata che nell’iconografia è vestita a lutto e presenta sul petto un cuore trafitto da sette spade.                      

                                                      

Stemma dei Servi di Maria con la corona sormontata da sette gigli che troviamo anche al centro fra i due archi delle due absidi del santuario e sulla pavimentazione recente del sagrato.

 

Sette sono anche i luminari visibili in cielo (Sole, Luna, Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno), i quali hanno dato il nome ai giorni che sono stati ripartiti in gruppi di sette, e le cui posizioni nel cielo indicano le diverse qualità del tempo.

 

                                     

 

I numeri presenti in questo chiostro suggeriscono dunque l’ordine del cosmo e del tempo.

Sempre in questo chiostro, nell’angolo vicino al passaggio che porta al chiostro maggiore, in alto sulla parete è riportata una sequenza di 8 spirali, alcune levogire e altre destrogire (servono per creare o stabilizzare un certo tipo di energia nell’ambiente?). Posto più in basso, vicino a delle pietre in cui sono incise le diagonali, è ancora leggibile lo stemma dei Serviti con l’anno di costruzione.

 

                                 

 

Nel chiostro più grande invece, sull’ala posta dietro la zona delle absidi del santuario troviamo sia al piano terra che a quello superiore un loggiato con 10 archi per piano, mentre solo al piano terra dell’edificio che fa angolo troviamo un loggiato di dieci archi più uno.

 

                       

                                                              Chiostro maggiore

                                                                   

Su quest’ala dell’edificio, che termina a nord-est con quella che era l’abitazione del priore, troviamo questo undicesimo arco che è ad un livello un po’ più in alto rispetto alla sequenza dei dieci a cui è collegato, e da li si accede tramite una scala  all’abitazione suddetta.

Anche qui sembra ci sia una ripetizione per tre volte, in questo caso del numero dieci,

ma poi c’è un fattore che “rovina” questa armonia.

 

Ciò viene anche sottolineato dalla presenza in mezzo a questo chiostro, al centro di un’area quadrata coperta da acciottolato di fattura attuale, realizzato con sassi di colore diverso (rossi e verdi più alcuni chiari messi a tratteggiare le figure), di una figura che sembra una specie di sole con il centro scuro e con undici raggi.

 

  

               Specie di sole a undici raggi nel cortile del chiostro maggiore                                                                                                                               

 

A proposito del numero dieci sono convinto che quelli che la Bibbia passa come i Dieci Comandamenti che Yahveh comunicò a Mosè, ben lungi da essere prescrizioni sagge e dettate dalla divinità, sono il decalogo della manipolazione e del condizionamento mentale composto da una classe sacerdotale per tenere in soggezione il suo popolo facendone dei peccatori a cui era necessaria la loro guida salvifica [5].

Al di la di questo discorso, resta il fatto che il numero 10 costituisce la Tetraktys della scuola dei pitagorici (1+2+3+4=10), serie numerica che secondo loro ordinava il mondo e lo sottraeva al caos (la cosa vista al negativo però rappresenta la piramide di controllo dove un soggetto ne controlla altri senza che questi nemmeno sappiano chi sia).

 

          

                                                 Tetraktys

 

                     

                                               

I due numeri Uno affiancati che compongono la cifra undici, rappresentano anche le colonne d’Ercole, poste al punto estremo di ciò che è conosciuto[6](e all’inizio di ciò che è ignoto).

L’undici è il primo numero di una seconda decade, di un altro ordine.

Ercole creò, guarda caso, le due colonne durante la sua decima fatica (sempre per onorare il simbolismo del superamento del dieci).

Dante, nel XXVI Canto dell’Inferno, dà la parola a Ulisse che racconta di come, cercando di passare attraverso le colonne d’Ercole, perì con tutti i suoi compagni nel “folle volo”.

Il passaggio attraverso le colonne d’Ercole rappresenta l’inizio di un percorso iniziatico/misterico, che non può essere affrontato razionalmente, con una ricerca solo logica, pena la dissoluzione nell’ignoto, visto con gli occhi della mente razionale come morte.

Ulisse è la personificazione dell’intelletto terreno che si infrange contro le barriere divine, la sua barca che viene sovrastata dall’acqua è il simbolo della mente che, se non preparata ad una simile potenza, collassa.

Se comunque a seguito di un percorso individuale, raggiunto il numero undici non ci si cura di mantenere un certo equilibrio, è facile cascare di nuovo nel conflitto della dualità e l’undici 11 diventa il due.

Si torna a sbattere fra una colonna e l’altra invece di passare oltre.

 

Per terminare torniamo ancora alla struttura del chiostro maggiore ed in particolare

all’undicesimo arco dell’ala a nord, sotto cui c’è la scala d’accesso a quella che era l’abitazione del priore, e lo facciamo in  riferimento all’ultima cena.

Non ricordo più chi disse che ci si stava riferendo alla costellazione dell’Aquario quando nei vangeli si parla dell’uomo che porta la brocca d’acqua, e che due discepoli di Gesù dovevano seguire per trovare una casa.

Casa al cui padrone dovevano dire che erano li per preparare la cena per la Pasqua [7].                                                                                                                         

Resta il fatto che l’Acquario è l’undicesimo segno dello zodiaco ed il “padrone” di questa casa zodiacale è Saturno che era chiamato il signore del destino (dopo l’ultima cena infatti accadranno gli eventi che tutti conoscono e undici sono gli apostoli rimasti che dovranno farvi fronte). In quel frangente il Cristo stesso diviene Aquario versando l’acqua per lavare i piedi ai discepoli ( vangelo di Giovanni).

 Ora colui che versa l’acqua, l’ “Aquarius”, richiama per associazione al contenitore dove l’acqua viene raccolta, l’ “Aquarium” o “Labellum”, Lavello .

 

  •    ALTRE OSSERVAZIONI

                                          

1) Se percorso il passaggio che dal chiostro minore porta al chiostro maggiore, girando a sinistra e camminandoci lungo il loggiato fino alla scala che porta alla dimora del priore, possiamo contare quattordici archi che corrispondono alle stazioni della via crucis.

In fondo al percorso, sul lato sinistro dei primi gradini della scala troviamo un affresco che possiamo ancora distinguere essere una Pietà.

 

                                                  

 

2) All’interno del santuario, sul fondo dell’abside di sinistra è stata affrescata una crocefissione (Giovanni Tornelli 1487).

 

                  

 

Nella parte bassa del dipinto si notano due asticelle che, proiettano l’ombra sul pavimento a scacchiera, e un cartiglio con la probabile data di compimento del lavoro, 29 Novem. 1487, che nel calendario Giuliano corrispondeva al nostro 9 dicembre, quindi a una data più vicina al solstizio invernale. L’artista sembra si sia premurato di far sapere il giorno e l’orario in cui terminò la sua opera, con il sole che iniziava a illuminare il quadro superando lo spigolo di destra  dell’abside della chiesa che forse non aveva ancora il tetto. Se volesse indicare altro non so. Dato che l’affresco si trova sulla parete di fondo dell’abside, quindi in direzione Nord- Est, gli gnomoni  disegnati proiettano l’ombra fra il Nord e il Nord- Est quindi  indicano il primo pomeriggio di quel giorno.

 

                                                                               

 

 

3) La tradizione vuole che il Cristo sia stato crocefisso all’ora terza (metà mattina), e sia morto all’ora nona (le ore 15 del pomeriggio).

Nei vangeli viene detto che dall’ora sesta (mezzogiorno), all’ora nona si fece buio : “dall’ora sesta si fece buio su tutta la terra, fino all’ora nona”(Matteo 27,45 Marco 15,33 Luca 23,44)

Sulle volte delle due absidi troviamo affrescati squarci di cielo notturno con le nuvole che viste da sotto, quando c’è buio diventano bianche.

 

                              

 

4) La visione dell’arcone e della struttura ad absidi gemelle richiama poi l’immagine di un teschio con le sue orbite vuote, elemento che in questa chiesa ritroviamo riproposto su due tele, in cui il soggetto è San Filippo Berlizi (santo appartenente all’ordine dei Servi di Maria), il quale rifiutò la proposta di divenire papa scegliendo la via eremitica.

 

              

 

5) La recente pavimentazione in sassi del sagrato riporta un disegno geometrico, al cui centro è riportato lo stemma dei Padri Serviti.

Questa sorta di spirale  che termina includendo un rettangolo, considerando il fiume che scorre davanti forse si potrebbe spiegare con il Feng Shui.

 

                      

 

(Autore: Silvio Avland)

 

  • NOTA del webmaster: nel Canale Video di questo sito troverete un nostro documentario su questo splendido edificio, realizzato in occasione del Millenario dalla sua fondazione, in concomitanza del Convegno che si è tenuto alla presenza di importanti relatori.

 


[1] Foppenico - Foppa dal lat. fovea = fossa, buca. Dialetto: fópa. il Vocabolario Milanese-Italiano di Francesco Cherubini del 1839, riporta come significato alla parola "foppa": buca, fossa, sepoltura.  Il nome improprio di "Foppone", con cui venivano chiamati i luoghi di sepoltura, ebbe origine al tempo delle epidemie di peste, dove per necessità contingenti venivano improvvisate grosse fosse comuni fuori delle mura della città ove far confluire i cadaveri degli appestati. Finita l'emergenza, alcune di queste, con la costruzione di una cinta muraria e l'erezione di una cappella, furono trasformate in normali cimiteri, mantenendo l'appellativo di Fopponi che quindi passò ad indicare i cimiteri in genere. https://www.melegnano.net/catasto/catasto11.htm

[2] Mazzucchelli sostiene che nel 300, disseminati in tutto l'impero romano eccezion fatta per la Britannia, vi erano probabilmente tre milioni di ebrei, di cui un milione viveva a occidente della Macedonia. Era loro garantita la libertà religiosa, potevano risolvere le loro dispute in tribunali ebraici ed erano esenti dal servizio militare. Nel 300 d. C. è quindi possibile riscontrare la presenza ebraica nell’area che si trova dal Medio Oriente fino al Reno dove ci sono stati ritrovamenti di architettura  biabsidale.

L’autore sostiene che dopo il secondo Concilio di Nicea dell’anno 787 d.C., si permetteva o si consigliava di dare alle chiese cristiane la sezione cruciforme, e questo fatto lascia supporre che gli ebrei davano alle sinagoghe la forma delle “Tavole della Legge. Ecco dunque secondo lui parzialmente spiegata la forma ad absidi gemellari delle più antiche sinagoghe, oggi trasformate in chiese cristiane. A proposito poi degli ebrei a Venezia dice che le prime presenze in questa città si perdono nella notte dei secoli, e che vi furono certamente mercanti che trafficavano coll'Oriente e anche provenienti dai paesi dell'est. Altri ebrei erano arrivati dall'Impero Bizantino e dalle colonie veneziane. Vi erano quindi a Venezia ebrei levantini, ponentini, romanioti, italiani e ashkenaziti, impegnati non solo nei commerci ma anche banchieri di notevole importanza.  (https://www.mazzucchelli.org/gianni_files/DRUCK-2006-2007-PDF/1-Chiese_biapsidali.pdf)

[3] https://www.linkiesta.it/it/article/2012/01/29/quando-a-venezia-gli-ebrei-chiesero-un-ghetto-per-proteggersi/6152/

[4] Durante la peste del 1630, che secondo le cronache si diffuse nella bergamasca partendo da Foppenico, il monastero del Lavello fu utilizzato come lazzaretto e tutti i frati morirono assistendo i malati.

Dopo questo evento nefasto nella documentazione non si trova più menzione della fonte del miracolosa. Nel documentario sulla Madonna del Lavello che “ duepassinelmistrero” ha prodotto in occasione delle manifestazioni per il millenario della chiesa (14 giugno 2014), viene detto però che “le sorgenti vennero dismesse nel 1938, quando – con la costruzione del campo sportivo – il loro corso venne irrimediabilmente deviato”

[5] Dico questo perché quando si fanno prescrizioni al negativo (ben sette comandamenti dicono di non fare una certa cosa), è risaputo che sortiscono l’effetto opposto perché la parte inconscia della psiche non riconosce la negazione, con l’effetto che più ci si concentra su questi precetti e più ci si programma per trasgredirli divenendo dei potenziali assassini, bestemmiatori, ladri, ipocriti, adulteri… È come nella preghiera del Padre Nostro dove si dice : “…non indurci in tentazione ma liberaci dal male” che sicuramente ha più senso se viene pronunciata “…inducici in tentazione ma liberaci dal male”. Nella vita ci si presentano delle prove che servono per farci crescere, ma qui ci entra di mezzo il tentatore che nella dottrina essoterica cristiana è il diavolo e allora non si può dire. Resta poi il fatto che concetti che assumono una forma scritta sono interpretabili in modi diversi e solitamente la versione ufficiale è quella confezionata per il mantenimento di certi equilibri di potere. A questo proposito san Paolo che di lettere ne ha scritte diverse, dice che “la lettera uccide ma lo spirito vivifica”.(2 Corinzi 3,6).

[7] “La Bibbia” LDC ABU  Vangelo di Luca 22  Gesù fa preparare la cena pasquale    “ Gesù mandò avanti Pietro e Giovanni con questo incarico: – Andate a preparare per tutti noi la cena di Pasqua.  Essi risposero – Dove vuoi che la prepariamo?    Gesù disse: – Quando entrerete in città incontrerete un uomo che porta una brocca d’acqua. Seguitelo fino alla casa dove entrerà. Poi direte al padrone di casa: Il Maestro desidera fare la cena pasquale con i suoi discepoli e ti chiede la sala. Egli vi mostrerà al piano superiore una sala grande con i tappeti. In quella sala preparate la cena. Pietro e Giovanni andarono, trovarono tutto proprio come aveva detto Gesù e prepararono la cena pasquale”. La stessa cosa si trova nel Vangelo di Marco 14.

 

Argomento: Madonna del Lavello. Appunti di viaggio

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