Brattalhid: la necropoli di Erik il Rosso (Adriano Gaspani)

25.01.2013 21:09

A Brattalhid, in Groenlandia, una necropoli composta da 90 tombe e i resti di un insediamento ci ricordano che in quel luogo visse e prosperò per un certo tempo la comunità vichinga del norvegese Erik il Rosso, il cui vero nome era Erik Thorvaldsson, il quale fu un personaggio determinante nell’ambito dell’espansione vichinga verso ovest. Erik, detto Raudi, cioè “il Rosso”, per via della capigliatura e della barba fulva, era un noto attaccabrighe; durante la sua gioventù, trascorsa in Norvegia e in Islanda, si macchio di diversi crimini sanguinosi, cosicché prima di compiere i 35 anni era già stato condannato tre volte alla proscrizione. La prima volta fu esiliato dalla Norvegia insieme al padre, Thorvald, per aver commesso “alcuni omicidi”, come narra la saga che porta il suo nome.  Intorno al 970, Erik, poco più che adolescente, migrò con la sua famiglia sulla rocciosa costa nord-occidentale dell’Islanda.  Successivamente Erik sposò la figlia di una famiglia benestante e si trasferì su una terra fertile, posta presso la proprietà dei suoceri.  Ben presto però si ritrovò nuovamente nei guai in quanto secondo la saga, i suoi servi causarono una valanga che distrusse la casa di un vicino.  I parenti di quest’ultimo uccisero i servi di Erik, che rispose trucidando i parenti e di conseguenza fu condannato per la seconda volta all’esilio e costretto ad allontanarsi di 80 chilometri dalla regione del Fiordo di Freidha, dove risiedeva. Nell’anno 982, Erik, mentre cercava un terreno adatto per costruire una nuova fattoria, gentilmente prestò le travi della sua vecchia casa, che aveva accuratamente smontato e trasportato con se nell’esilio, ad un vicino di nome Thorgest. Quando Erik chiese la restituzione del legno, Thorgest si rifiutò di ridarglielo, Erik ne fu molto irritato e si recò alla casa di Thorgest con un drappello di uomini per reclamare le assi.  Thorgest si impermalì e nel combattimento che ne seguì, Erik uccise due dei suoi figli. Il caso fu portato dinanzi all’assemblea locale, che giudicò Erik colpevole di omicidio a sangue freddo e lo condannò a tre anni di esilio dall’Islanda. A questo punto Erik si mise per mare e pensò di raggiungere una terra che era stata avvistata 50 o 60 anni prima, da un marinaio di nome Gunnbjorn che era stato spinto fuori rotta da una tempesta mentre navigava fra la Norvegia e l’Islanda, e posta a circa 450 miglia marine più ad ovest.  Poiché quella terra sconosciuta gli era parsa brulla ed inospitale, Gunnbjorn non vi era sbarcato, ma la notizia della scoperta si era diffusa. Nel periodo preparatorio all’esilio, Erik acquistò uno “knorr”, una grossa nave da carico, lo caricò di scorte e convinse alcuni uomini del suo seguito a partire con lui alla ricerca della terra avvistata da Gunnbjorn e salpò nell’estate dell’anno 982. Erik fece rotta verso ovest e, dopo sei o sette giorni di navigazione, giunse in vista della costa orientale, ghiacciata ed inospitale, della Groenlandia, raggiunta grosso modo all’altezza del 65-esimo parallelo, quindi proseguì verso sud seguendo la costa, doppiando il Capo Farvel, la punta meridionale della Groenlandia, risalì verso nord e scoprì alcuni fiordi accoglienti, bordati da fertili vallate. Erik e compagni trascorsero l’inverno su un’isoletta e nella primavera e nell’estate successive esplorarono i fiordi.

 

 

Il cimitero della comunità di Brattalhid. Gli scheletri disposti intorno alla chiesa sono divisi a seconda del loro sesso: le femmine (in rosso nella figura) sono poste prevalentemente nel settore nord dell’area consacrata, mentre i maschi (in nero nella figura) sono ubicati nel settore sud della necropoli. Tutti gli scheletri indipendentemente dal loro sesso sono allineati lungo la direzione oriente-occidente con il cranio a occidente e i piedi verso oriente secondo le regole di orientazione stabilite dal Cristianesimo romano. Nella figura il Nord è a destra.

 

Erik e i suoi uomini rimasero in Groenlandia altri due anni, durante i quali probabilmente esplorarono accuratamente il paesaggio, trovando spiagge ricoperte di legname trasportato dalla Siberia dalle correnti artiche, bacche commestibili e fiordi bordati da campi verdissimi.  Probabilmente videro anche foche, caribù, orsi polari e molto pesce nei fiordi e nei fiumi. La saga racconta che Erik battezzo l’isola “Groenland”, ovverosia “verde paese” pensando che se quella terra avesse avuto un nome promettente, gli uomini ne sarebbero stati attratti. Probabilmente però Erik trovò davvero che la Groenlandia era una terra ospitale, con pascoli buoni quanto quelli dell’Islanda poiché nell’alto medioevo le condizioni climatiche in quel luogo erano favorevoli e sarebbero di molto peggiorate nel XV secolo, quando l’avanzata dei ghiacci avrebbe precluso quel luogo a qualsiasi forma di vita evoluta. Erik tornò in Islanda nel 985 ed organizzò una spedizione per colonizzare la Groenlandia tanto che nella primavera dell’anno 986 aveva ormai messo insieme una flotta di 25 navi cariche di coloni islandesi, forse circa 700 persone, del loro bestiame e dei loro beni.

 

                          

 Una vecchia fotografia che mostra una fase degli scavi nella necropoli di Bratthalid

 

Durante il viaggio la flotta fu travolta da una terribile tempesta: 11 navi affondarono o ritornarono indietro, le restanti 14 raggiunsero i fiordi con circa 400 colonizzatori e l’ex bandito Erik divenne il capo supremo della comunità, quasi un re; con la sua famiglia fondò una fattoria, che chiamò Brattahlid (cioò “Pendio scosceso”) su un terreno particolarmente rigoglioso, affacciato su un tratto di mare che prese il nome di Fiordo di Erik.  Gli altri coloni si appropriarono dei pascoli che bordavano i numerosi fiordi e rivestivano le valli poste fra di essi, creando un insediamento a nastro che si allungava per quasi 200 chilometri lungo la costa sud-orientale della Groenlandia e passato alla storia come  con il nome di Colonia Orientale. Nei successivi 14 anni arrivarono in Groenlandia almeno altre tre flotte di colonizzatori vichinghi, che si stabilirono anche sulla costa sud-occidentale e con il tempo questo secondo insediamento, detto Colonia Occidentale, raggiunse un’estensione di quasi 500 chilometri ed arrivò a contare 90 fattorie. La Colonia Orientale giunse a contarne 192 tanto che la popolazione complessiva della Groenlandia vichinga arrivo a contare fino a 6000 abitanti.

 

Alcuni resti dell’insediamento di Erik il Rosso a Bratthalid

Non molto tempo dopo che Erik e il primo gruppo di colonizzatori si erano stabiliti in Groenlandia, un altro navigatore, l’islandese Bjarni Herjolfsson, fu portato fuori rotta da una tempesta e scoprì un’altra terra sconosciuta Tornato in Islanda da un viaggio in Norvegia, Bjarni scoprì che suo padre era partito con Erik il Rosso, quindi salpò per raggiungerlo, ma una tempesta lo sospinse oltre la costa meridionale della Groenlandia e successivamente Bjarni avvistò una terra pianeggiante, coperta di boschi la quale non rispondeva alla descrizione che gli era stata data della Groenlandia, fece rotta verso nord e poi verso est e finalmente riuscì a raggiungere il padre. Inizialmente Erik e gli altri coloni non si interessarono più di tanto alla scoperta fatta da Bjarni essendo troppo intenti ad avviare le loro fattorie finché 15 anni dopo Leif Eriksson, uno dei figli di Erik, decise di seguire le tracce di Bjarni per rintracciare la terra da lui scoperta in passato.  Leif, descritto in una saga come “grande, forte e l’uomo più straordinario che si possa ammirare”, aveva dato prova di essere un abile navigatore durante una serie di viaggi fra la Groenlandia e la Norvegia, acquistò la nave di Bjarni e intorno all’anno 1000 salpò con un equipaggio di 35 uomini percorrendo all’indietro la rotta di Bjarni, discese la costa nordamericana finché avvistò un luogo ospitale dove accamparsi per l’inverno, probabilmente sulla punta settentrionale dell’Isola di Terranova.  La Saga dei Groenlandesi racconta che Leif vi trovò delle viti selvatiche e la battezzò Vinland, letteralmente “Terra dell’uva”, un nome che ha messo in grande difficoltà gli archeologi moderni, sviandone le ricerche dal momento che nell’America del Nord la vite cresce soltanto parecchio più a sud dell’isola di Terranova. Erik il Rosso, che non poté partecipare alla spedizione a causa di una gamba fratturata, mori poco dopo il ritorno del figlio l’estate seguente; Leif che successe al padre nella guida della fattoria e della colonia non poté ripartire, quindi la successiva spedizione in America fu condotta dal suo fratello minore,Thorvald.

 

 

 Alcuni resti dell’insediamento di Bratthalid

Le saghe raccontano che Thorvald rimase nella nuova terra due inverni e ne esplorò la costa, venendo in contatto con gli indigeni, probabilmente pellerossa algonchini, che i Vichinghi chiamavano “Skraelinger”, cioé “selvaggi” o “uomini brutti”. Gli uomini di Thorvald ne uccisero diversi mentre erano addormentati sotto le loro canoe di pelle di animale, tanto che la reazione dei nativi non si fece attendere ed in un successivo scontro, Thorvald fu ferito mortalmente da una freccia; i Vichinghi lo seppellirono e ritornarono in Groenlandia. Thorvald fu il primo europeo a morire sul continente americano. La terza ed ultima spedizione nel Nuovo Mondo documentata nelle saghe fu organizzata alcuni anni più tardi dall’islandese Thorfinn Karlsefni e questa volta i Vichinghi, decisi a fondare una colonia, partirono con tre navi e portarono con loro del bestiame. Dopo aver fatto tappa all’accampamento di Leif, proseguirono verso sud fino ad un luogo riparato con buoni pascoli, che battezzarono Hop. Vi si insediarono ed avviarono anche commerci con gli indigeni, barattando latte e tessuti colorati con pellicce. Col tempo, però, i rapporti con i nativi si deteriorano e dopo tre inverni, i Vichinghi tornarono in Groenlandia portando legno, frumento e pellicce. Sulle verdi coste della Groenlandia frattanto erano sorte fiorenti colonie; i Vichinghi allevavano bovini e ovini e vivevano in case coperte da zolle erbose e pietre con tetti di legno ricoperto di piota.  Al massimo del suo sviluppo, una tipica fattoria groenlandese comprese fino a dodici edifici, fra cui un bagno con sauna. Gli scavi archeologici effettuati a Brattahlid a partire dagli anni ‘30 del 1900 hanno mostrato che la fattoria fondata da Erik possedeva circa 50 mucche, contro le 10-20 possedute dalla maggioranza delle altre fattorie.  Durante l’inverno, i bovini, che a quanto pare erano piuttosto piccoli, venivano tenuti in stalle scure e poco areate, cosicché in primavera gli animali erano talmente deboli che dovevano essere trasportati fino ai pascoli.

 

Istogramma degli azimut astronomici di orientazione, nella direzione “pelvi-cranio” degli scheletri femminili del cimitero di Brattalhid.

Le pecore groenlandesi erano piccole e col vello non troppo folto, ma robuste e in grado di sopravvivere nel clima freddo. Uno studio condotto dall’archeologa danese Karen Marie Christensen dell’Università di Aarhus, basato su dati ricavati da fattorie islandesi, ha mostrato che per sostentarsi per un anno un vichingo adulto necessitava mediamente di 9 pecore o 6 pecore e mezza mucca; una famiglia di sei persone aveva quindi bisogno di circa 50 pecore annue. Una prosa del XIII secolo intitolata “Lo Specchio del Re” racconta che gli agricoltori groenlandesi <<allevano moltissimi ovini e bovini e producono grandi quantità di burro e formaggio. Si nutrono soprattutto di questi cibi e di manzo; mangiano anche la carne di animali cacciati, quali caribù, balene, foche e orsi>>. Gli scavi di Brattahlid hanno anche fornito informazioni sull’aspetto dei Vikinghi groenlandesi; dall’esame di 55 scheletri su 90 ritrovati nel cimitero della fattoria (forse comprendenti anche quelli di Erik il Rosso e di Leif) é risultato che molti uomini erano alti più di 182 cm.  Su 52 scheletri maschili esaminati, 23 corrispondevano ad adulti morti ad un’età compresa fra i 40 e i 60 anni, 17 fra i 20 e i 40, mentre su 37 scheletri femminili, 3 superavano i 60 anni, 12 erano fra i 40 e i 60 ed altri 14 fra i 20 e i 40 anni; i denti erano consumati ma sani e la maggior parte degli anziani soffriva di artrite. La causa del decesso era evidente soltanto in un caso: un uomo intorno ai trent’anni di età era stato pugnalato al petto con un grosso coltello dal manico di legno che non essendo stato rimosso dal cadavere era ancora dentro la tomba, ma un recente ed accurato esame degli scheletri facenti parte della necropoli di Brattalhid ha rivelato la presenza di un grande numero di ferite gravi e mortali inferte con spade e asce; evidentemente, in quel luogo, la violenza era, se non all’ordine del giorno, sicuramente presente nella vita quotidiana. Uno studio dei dati relativi ai resti di ossa animali, condotto da Thomas Amorosi e Thomas McGovern dell’Hunter College di New York, ha permesso di determinare che la dieta del groenlandese medio consisteva per il 20% di carne e latte di bovino, per un altro 20% di carne e latte di ovino, per il 45% di carne di foca, per il 10% di quella di caribù e per il 5% di altri animali. 

 

Istogramma degli azimut astronomici di orientazione, nella direzione “pelvi-cranio” degli scheletri maschili del cimitero di Brattalhid.

Durante l’inverno gli abitanti della fattoria vivevano di carne essiccata e prodotti caseari conservati. Gli scheletri mostrano che il masticare carne dura fin dall’infanzia in alcuni individui groenlandesi provocò un notevole sviluppo delle mascelle, assente negli scheletri dei Vichinghi scandinavi. Dai depositi organici groenlandesi sono emerse anche ossa di volpi artiche, lupi, probabilmente cacciati per le loro pellicce, e lepri, mentre i caribù venivano cacciati spingendo le mandrie sull’orlo di burroni e precipitandole di sotto. Il mancato ritrovamento di arpioni o armi simili ha indotto a supporre che le foche venissero catturate allo stesso modo durante le loro migrazioni primaverili ed estive, spingendole sulle spiagge o in acque poco profonde.  I Vichinghi a quanto pare non impararono mai a cacciare la foca degli anelli, che popola le acque della Groenlandia in inverno arpionandola a distanza ravvicinata come facevano e fanno tuttora gli Eschimesi. Lo “Specchio del Re” ci racconta che <<Tutto ciò che arriva da altri Paesi é molto caro .poiché questa terra é talmente lontana dalle altre che gli uomini la visitano raramente. E tutto ciò che occorre per migliorare la terra deve essere acquistato all’estero, sia il ferro che tutto il legno impiegato per costruire le case>>. I Groenlandesi tuttavia avevano parecchie merci da offrire in cambio: lana e pelli, pellicce di volpe e orso, robuste corde fatte di pelle di balena, zanne di narvalo, chiamate “corni di narvalo” dagli Europei che le ricercavano per i loro presunti poteri magici, avorio di tricheco, olio di foca, burro e formaggio e i superbi girfalchi tanto ambiti dai nobili europei. I Groenlandesi si procuravano molte di queste costose merci d’esportazione con spedizioni estive nella zona di caccia, chiamata Nordrsetur, intorno alla Baia di Disko, sulla costa occidentale. I coloni la raggiungevano con barche a sei remi, navigando per 50 giorni se provenivano dalla Colonia Orientale, per 30 giorni se arrivavano dalla Colonia Occidentale; alcuni cacciatori forse si spinsero ancora più a nord.

 

Istogramma degli azimut astronomici di orientazione complessivi (maschi+femmine), nella direzione “pelvi-cranio” degli scheletri della necropoli di Brattalhid.

 

Nel 1824 un eschimese scopri una delle più importanti vestigia vichinghe della Groenlandia: su un’isola situata a 6° a nord del  Circolo Polare Artico, trovò tre mucchi di pietre, uno di essi conteneva una piccola pietra runica piatta e tronca, datata all’inizio del XIV secolo, recante la seguente iscrizione: <<Il sabato prima del primo giorno delle rogazioni (25 Aprile), Erling Sighvatsson e Bjarni Thordarson e Eindridijonsson eressero questi mucchi e...>>, ma il resto del messaggio manca.  Se alla fine di Aprile questi tre cacciatori si trovavano così a nord, evidentemente dovevano aver svernato nelle vicinanze, fra i ghiacci.  Simili pericolose spedizioni nel gelido nord probabilmente non erano solo a scopo di caccia, nelle fattorie groenlandesi sono state ritrovate statuine raffiguranti trichechi ed orsi polari, probabilmente usate come amuleti.  Nei camposanti inoltre sono emersi teschi di trichechi e narvali tanto che McGovern ne ha dedotto che il nord ed i suoi animali furono al centro di una ricca tradizione di leggende e superstizioni di cui gli sporadici ritrovamenti archeologici offrono soltanto debolissime tracce.  Inoltre, i Groenlandesi, forse convinti come i loro antenati che la Terra fosse un anello di terre piatte con al centro un oceano, potrebbero aver cercato una rotta polare verso la Norvegia. In Norvegia, i Groenlandesi avrebbero potuto procurarsi molte cose necessarie per la sopravvivenza e raggiungere la loro antica patria, però era tutt’altro che facile. Le saghe abbondano di racconti di naufragi e disperate marce sulle grandi lastre di ghiaccio galleggiante. Una saga narra che nel XII secolo due navi scomparvero in una tempesta; i resti dei marinai furono ritrovati quattro anni più tardi in un fiordo della costa orientale: due scheletri giacevano all’aperto con accanto le loro asce, gli altri erano dentro una rudimentale capanna. I Groenlandesi istituirono un Althing modellato su quello islandese.  Inizialmente i capi che lo componevano si riunirono nella fattoria di Erik il Rosso, ma quando Gardar, una cittadina nella Colonia Orientale, divenne la sede episcopale, l’Althing venne trasferito in quel luogo e la leggenda vuole che il Cristianesimo fosse stato introdotto in Groenlandia da Leif Eriksson per volere del re di Norvegia; Erik il Rosso si oppose alla nuova religione, ma sua moglie si convertì e fece costruire una cappella sulla loro proprietà.

 

Variazione della data dell’equinozio di primavera per effetto dell’errore progressivo del calendario giuliano rispetto al vero computo astronomico. Al tempo di Eric il Rosso, nel 972 d.C. la data vera dell’equinozio di primavera cadeva tra il 14 ed il 15 Marzo.

Il primo vescovo permanente arrivò in Groenlandia nel 1126, inviato dal re di Norvegia e ben presto la Chiesa cristiana si espanse ed influenzò notevolmente la vita dei coloni Groenlandesi. A Gardar fu costruita una piccola cattedrale; nella Colonia Orientale sorsero 12 chiese parrocchiali e nella Colonia Occidentale ne sorsero quattro, tanto che intorno alla metà del XIII secolo, la Chiesa possedeva o controllava circa due terzi dei migliori terreni da pascolo del Paese; la proprietà vescovile di Gardar contava più bovini persino della fattoria fondata da Erik il Rosso. Nello sfruttamento delle riserve naturali, i Vichinghi groenlandesi furono sconsiderati quanto e forse maggiormente dei loro colleghi islandesi, i primi coloni abbatterono i salici e le betulle sulle coste per procurarsi legna da ardere e più spazio da destinare al pascolo del bestiame.  Il passaggio degli animali impedì la riproduzione delle piante e il vento dell’artico spazzò via la restante vegetazione rimasta esposta.  I terreni collinosi andarono soggetti all’erosione e molti pascoli al livello del mare vennero ricoperti di sabbia. L’analisi dei depositi pollinei ha mostrato che il polline di salice o ontano, presente prima dell’arrivo dei Vichinghi, successivamente svanì gradualmente, per riapparire soltanto nell’epoca che seguì all’abbandono delle colonie. Un’altra terra, più generosa, avrebbe perdonato questi errori, non la Groenlandia, però, perché le riserve di terreno erano scarse e la stagione estiva é molto breve, specialmente dopo il 1250, quando iniziò la cosiddetta Piccola Era Glaciale, terminata soltanto nel 1850.

 La posizione geografica di Bratthalid in Groenlandia

L’abbassamento della temperatura ebbe effetti meno gravi su un altro popolo, gli Eschimesi, emigrato in Groenlandia dall’America del Nord all’incirca nello stesso periodo in cui i Vichinghi arrivarono dall’Islanda. Per lungo tempo i due popoli si ignorarono, gli Eschimesi, chiamati Skraelingar dai Vichinghi, vivevano molto a più a nord, sulle coste, vicino al mare e alle zone popolate dalle foche necessarie alla loro sopravvivenza. A quanto sembra, nessuna delle due popolazioni fu influenzata dall’altra, tuttavia, intorno al 1300 gli Eschimesi si insediarono nella Baia di Disko, nel cuore della zona di caccia vichinga e da quel momento in avanti, i contatti fra i due popoli furono probabilmente più frequenti, anche perché spinti dal graduale peggioramento del clima, gli Eschimesi si spostarono ancora più a sud arrivando a vivere quasi nelle stesse aree popolate dai Vichinghi e nelle saghe vi sono accenni a contatti amichevoli fra i due popoli. Sembrerebbe però che intorno alla metà del XIV secolo le relazioni fra Eschimesi e Vichinghi si fossero deteriorate e nel 1355 il re di Norvegia Magnus Eriksson esortò i Vichinghi groenlandesi a prendere le armi contro i “pagani di Groenlandia”, l’appello rimase inascoltato, ma evidentemente fra i due popoli vi era già uno stato di guerriglia.  Nel 1379 gli annali islandesi riportano che quell’anno gli Skraelingar avevano ucciso 18 groenlandesi e rapito “due contadini ed una nobildonna”.  Una leggenda eschimese narra di una serie di scontri che culmina nell’incendio di una chiesa dentro cui si trovava una banda di Vichinghi.  Simili racconti sono particolarmente problematici perché la saghe mancano di riferimenti temporali. Finora non é emersa alcuna prova archeologica di seri conflitti e la storia dei contatti fra Eschimesi e Vichinghi negli ultimi secoli di vita delle colonie groenlandesi resta tuttora avvolta nel mistero. A Brattalhid gli archeologi hanno scavato la necropoli presso la fattoria di Erik il Rosso, oltre che i resti del suo insediamento, portando alla luce 90 tombe i cui scheletri, 61 maschi e 29 femmine, compresi i bambini, erano tutti allineati in direzione est-ovest, con il teschio ad ovest e i piedi ad est, tutti sepolti intorno alla piccola chiesa costruita con spessi muri a secco e priva della parete occidentale.

    

 La fase di scavo delle tombe della necropoli di Bratthalid in una vecchia fotografia

 

La necropoli risale al periodo seguente la cristianizzazione della comunità vichinga, come appare evidente anche dal criterio di orientazione delle tombe che é quello tipico cristiano. Un fatto interessante é che la distribuzione spaziale delle tombe mostra che le donne venivano sepolte prevalentemente a nord della chiesa e gli uomini invece nel settore a sud di essa. L’analisi statistica dell’orientazione degli scheletri é stata eseguita separatamente per gli scheletri maschili e per quelli femminili e il risultato mostra che l’azimut medio campionario di orientazione dei maschi é pari a 270°,7 ± 1°,8 e quello delle femmine é pari a 276°,7 ± 2°,0. I limiti di confidenza, al livello del 95% di probabilità, sono tali per cui nel caso dei maschi il valore vero dell’azimut medio di orientazione pelvi-cranio é compreso tra 267°,2 e 274°,1 e, nel caso delle femmine risulta compreso tra 272°,7 e 280°,7. L’esame di questi valori, mostra che nonostante tutti gli scheletri siano allineati grosso modo lungo la linea equinoziale locale, i maschi e le femmine  mostrano di appartenere a due distinte popolazioni statistiche le quali, probabilmente corrispondono a due distinti criteri di allineamento del corpo del defunto durante l’inumazione; tendenzialmente i maschi risultano molto meglio allineati lungo la linea est-ovest astronomica, mentre le femmine risultano mediamente ruotate in senso orario di circa 6° rispetto ai maschi. La causa di questa discrepanza non è nota. L’azimut di orientazione dell’asse ingresso-abside della navata della chiesa posta al centro della necropoli risulta essere pari a 87°± 1°. La piccola chiesa posta al centro della necropoli è quindi caratterizzata dall’orientazione dell’abside verso oriente quindi in accordo con la levata del Sole equinoziale.  Appare quindi chiaro che l’orientazione degli scheletri è concorde con quella dell’asse della navata della chiesa ed entrambi rispondono ad un criterio di orientazione astronomica di tipo cristiano ortodosso romano, probabilmente imposto dalle autorità ecclesiastiche norvegesi, il quale prevede l’orientazione del cadavere del defunto, nel senso cranio-pelvi, lungo la direzione di levata del Sole agli equinozi. Le due possibilità prevedono l’allineamento nel senso pelvi-cranio verso il punto di tramonto del Sole agli equinozi, oppure l’allineamento nel senso cranio-pelvi lungo la direzione della levata del Sole equinoziale.  Rimane quindi da stabilire quale fu, tra i due, il possibile metodo applicato a Brattalhid al fine di orientare i corpi dei defunti lungo la direzione equinoziale locale. Per fare questo possiamo ragionare sui valori medi dell’azimut di orientazione nel caso dei maschi e delle femmine e sui rispettivi margini di errore senza dimenticare la elevata latitudine geografica a cui era posto l’insediamento di Erik il Rosso, che è dell’ordine dei 62° Nord.  Poiché siamo prossimi al circolo polare artico, la traiettoria del Sole nascente all’equinozio di primavera è molto schiacciata e quasi parallela all’orizzonte astronomico locale, quindi l’arco di orizzonte naturale locale percorso dal disco solare prima di sorgere o di tramontare completamente è piuttosto esteso raggiungendo il valore di 1°, pari grosso modo al doppio della dimensione angolare del disco solare. Un’altra cosa interessante è rappresentata dal fatto che durante il X sec. d.C. la levata ed il tramonto del Sole equinoziale osservato a Brattalhid avveniva ai seguenti azimut astronomici: all’equinozio di primavera, che si verificava tra il 14 ed il 15 Marzo del calendario giuliano, il centro dell’astro diurno sorgeva all’orizzonte astronomico locale ad un azimut astronomico pari a 88°,9 e tramontava ad un azimut pari a 271°,1. Nel caso che l’orizzonte naturale locale fosse elevato di un paio di gradi rispetto a quello astronomico locale allora l’azimut astronomico della levata equinoziale del Sole era pari a 93°,2, mentre il tramonto avveniva a 266°,8 di azimut astronomico. All’equinozio di autunno, che avveniva il 17 Settembre del calendario giuliano, si verificavano i medesimi azimut astronomici di levata e di tramonto del centro del disco solare. Considerando quindi gli azimut medi di orientazione delle tombe appare evidente che sia i maschi che le femmine furono orientati a vista verso la direzione della levata del Sole agli equinozi visibile dal cimitero di Bratthalid. Siccome la gente muore in qualsiasi giorno dell’anno, la sepoltura dei cadaveri veniva eseguita allineandoli, nel senso “cranio-pelvi” secondo una direzione che approssimava quella equinoziale locale la quale era stata materializzata una volta per tutte allineando l’asse della chiesa posta al centro dell’area consacrata del cimitero. L’orientazione equinoziale dell’asse della chiesa fu ottenuta “a vista” all’alba dell’equinozio di primavera e non a quello di autunno, e non ai rispettivi tramonti, verso il punto dell’orizzonte naturale locale corrispondente alla prima visibilità del bordo superiore del disco solare (first gleaming) lungo il profilo dell’orizzonte.  La possibilità di discriminare tra i due equinozi, nel caso dell’orientazione dell’asse della chiesa, è possibile in virtù dell’elevata latitudine geografica del luogo la quale amplifica le piccole differenze di azimut tra le levate equinoziali primaverili ed autunnali. Ovviamente non possiamo aspettarci una grande abilità nell’applicazione della procedura di orientazione astronomica della chiesa, ma non dobbiamo dimenticare che i compagni di Erik il Rosso e lui stesso erano degli abili navigatori quindi l’Astronomia, almeno a livello nautico, dovevano conoscerla bene, per sopravvivere in mare.   Questo è dimostrato dal fatto che se l’orientazione della chiesa fosse stata eseguita a vista all’alba del giorno convenzionale dell’equinozio di primavera, cioè il 21 Marzo, l’effetto dell’errore progressivo del calendario giuliano rispetto al computo vero avrebbe implicato, nel X sec d.C., un errore di circa una settimana di ritardo rispetto al vero equinozio astronomico e quindi un azimut della levata solare pari a 83° 50’ (centro del disco solare). Se a Bratthalid la determinazione della direzione della linea equinoziale fosse stata eseguita “a vista”  sulla base della data convenzionale indicata dagli almanacchi redatti basandosi sul calendario giuliano (21 marzo), si sarebbe dovuto rilevare un’orientazione media degli scheletri e dell’asse della chiesa pari a poco meno di 84°, ma questo non avviene almeno in linea generale, salvo alcune eccezioni. I dati sperimentali mostrano che 10 scheletri maschili e 5 femminili risultano orientati secondo questo criterio, mentre il resto degli scheletri maschili tende ad essere orientato secondo la direzione equinoziale vera. Nel caso del resto degli scheletri femminili rileviamo la tendenza ad essere allineati secondo un azimut di quasi 7° maggiore rispetto a quello della linea equinoziale teorica, quindi in corrispondenza di una data solare precedente di almeno una settimana rispetto a quella dell’equinozio, quindi verso la prima settimana di Marzo. Non si hanno per ora spiegazioni convincenti per questa discrepanza che si rileva esclusivamente nel caso delle tombe delle donne e dei bambini. 

 (Autore: Adriano Gaspani)