Tuscia esoterica- Le Dimore Filosofali della Tuscia del XVI secolo

                        Parte III: I dipinti ermetici della chiesa di Sant’Anna a Farnese

                                                                     (©Paolo Galiano)

 

La chiesa di Sant’Anna[1], così rinominata nel 1603 dalla sua originale intitolazione a S. Maria della Cavarella, il cui nome derivava da una tagliata etrusca che corre vicino alla chiesa, costituisce il più completo esempio di come nella famiglia Farnese l’interesse per l’Ermetismo fosse profondo (e probabilmente non solo per curiosità).

La chiesa sorge nell’angolo della Y che si viene a formare dall’incrocio di due vie provenienti dai paesi del Ducato di Làtera che si uniscono per raggiungere Farnese a circa 500 mt. dall’abitato, e con la facciata d’ingresso orientata verso Est.

 

             

                             1 – Esterno della chiesa di Sant’Anna: facciata Est (foto Galiano)

 

La sua posizione, dovuta alla conformazione del luogo, forse non fu casuale, considerato il significato della Y nel simbolismo (si pensi alla forma della lettera, la quale indica il passaggio dalla duplicità alla unità, ma anche alla Y pitagorica, iniziale di Ygieia); la struttura è quasi quella di un cubo, misurando mt. 7,60 x 6,40, sul quale un tetto diviso in quattro vele porta per mezzo di un tamburo ottagonale alla piccola lanterna emisferica che costituiva l’unica fonte di luce originaria[2]. Essa fu costruita non dal duca Mario Farnese ma dal comune del paese nel 1577 per i disegni di un maestro muratore di nome Sallustio di Bernardino di Giovanni Angelo di Siena[3], come risulta dai documenti originari, ma non si può non rilevare il simbolismo architettonico nel passaggio dal cubo (terra) all’emisfera della cupola (cielo) attraverso le quattro divisioni del tetto (i quattro Elementi) e il tamburo ottagonale (otto è numero del compimento, i sette giorni della creazione biblica più il giorno della Resurrezione).

Un elemento in apparenza incoerente è la cornice di una porta esterna presente sul lato Nord dell’edificio FIG. 2: essa corrisponde all’interno ad un incavo della parete (presente anche sul lato opposto) ma dal punto di vista funzionale, in apparenza, non vi era necessità di una porta laterale per una costruzione così minuscola. Tale elemento architettonico può far pensare ad una “falsa porta”, analoga a quella presente nelle tombe egiziane fin dalla I Dinastia, attraverso cui si realizzava il passaggio fra il mondo umano e quello divino, il che ben si collegherebbe al probabile significato dei dipinti sulla parete Nord, di cui si dirà più avanti

 

                          

                          2 - Esterno della chiesa di Sant’Anna: facciata Nord (foto Galiano)

 

Essa corrisponde all’interno ad un incavo della parete (presente anche sul lato opposto) ma dal punto di vista funzionale, in apparenza, non vi era necessità di una porta laterale per una costruzione così minuscola. Si potrebbe forse pensare ad una “falsa porta”, analoga a quella presente nelle tombe egiziane fin dalla I Dinastia, attraverso cui si realizzava il passaggio fra il mondo umano e quello divino, questo ben si collegherebbe al probabile significato della parete est, di cui si dirà più avanti.

Alla fine del ‘500 Mario Farnese diede incarico al pittore Antonio Maria Panico di affrescare la chiesa con l’aiuto dello stuccatore Pompeo di Marco Antonio Pazzichelli[4]: il Panico, allievo o comunque in rapporti con Annibale Carracci, altro pittore ermetico ben più conosciuto di lui, era al servizio del Farnese almeno dal 1596, anno in cui affrescò la cappella del Rosario nella chiesa del SS. Salvatore[5], ed ha lasciato numerose opere nel Viterbese sia nei possedimenti di Mario che in altri paesi della regione, opere nelle quali si ritrovano a volte tratti esoterici (come si è detto parlando delle chiese di S. Maria delle Grazie e del SS. Salvatore a Farnese), ma è in Sant’Anna che la sua espressione ermetica raggiunge l’acme.

Il ricchissimo simbolismo delle pitture e degli stucchi lascia perplessi sulla loro significazione, ma d’altronde si sa che ogni opera ermetica segue un suo proprio linguaggio, a volte anche in apparente contrasto con altri testi ed illustrazioni sullo stesso argomento, per cui è necessario di volta in volta cercare la chiave di lettura dell’opera in esame. Nel caso di Sant’Anna si è sempre indicato il significato della singola figura ma non si è mai cercato di leggere nel suo insieme l’apparato pittorico. Leggere, perché ritengo che le quattro pareti della chiesa altro non siano che le pagine di un libro di Ermetismo scritto in forma figurata per lasciare un preciso messaggio che deve essere decodificato da coloro che ne hanno la capacità

Gli affreschi del Panico coprono le quattro vele in cui è diviso il soffitto di Sant’Anna, mentre le pareti sono state lasciate spoglie e appena decorate da cornici di stucchi, tranne quella Ovest, dove si trova la quattrocentesca immagine della Madonna della Cavarella accompagnata da due affreschi del Panico, a sinistra S. Giovanni Battista e a destra S. Francesco, accompagnati da due piccoli dipinti monocromi, sopra il primo il Battesimo del Giordano, sopra il secondo Francesco che riceve le stigmate.

 

             

                              3 – Interno della chiesa di Sant’Anna parete Ovest (da Internet)

 

Le immagini principali delle quattro vele sono dedicate a Maria, o meglio tre di esse sono certamente storie della vita della Madonna (la Nascita, la Morte o Dormitio, l’Assunzione[6]) ma la quarta è argomento di discussione per la scena rappresentata, come si vedrà più avanti, e per tale motivo l’ho denominata come “Scena X”. Parte degli affreschi sono andati perduti per il trascorrere del tempo e per l’incuria dell’uomo e, non ostante un parziale restauro del 2000, solo in parte sono ancora leggibili.

Considerato il grande numero di pitture e di stucchi che decorano le vele e che non possono essere tutti pubblicati nell’àmbito di un articolo, si dà una breve descrizione di essi, rimandando per una più esatta comprensione della loro disposizione alle foto delle figure (dalla n. 4 alla n. 7).

 

              

                                                   4 – Vela Est (foto Galiano)

              

                                                    5 - Vela Sud (foto Galiano)

              

                                                       6 - Vela Ovest (foto Galiano)

              

                                                      7 - Vela Nord (foto Galiano)

 

Come si nota, ogni vela è composta da sei riquadri di forma e grandezza diversa, e negli interspazi tra di essi sono presenti piccole figure disposte in orizzontale e in verticale:

  1. La Natività della Vergine, a Est sopra la porta d’ingresso, presenta ai lati le figure della Giustizia, con una bilancia nella mano sinistra e la destra poggiata su di un’ara, e della Fortezza, raffigurata nell’atto di rinsaldare due pezzi di una colonna; negli spazi verticali lungo i contorni della scena si vedono in basso due nani, uno dei quali cerca di prendere una coratella di animale mentre l'altro è aggredito dalle gru, e più in alto due putti intenti a mingere (simbolo che si ritrova anche nella Villa Farnese di Caprarola) e con la loro urina fanno muovere le pale di due mulini, al di sopra della Natività due tritoni offrono ai maiali vassoi di perle ai lati di un ovale nel quale è dipinto un ponte. Gli affreschi situati ai lati della vela non sono più leggibili.
  2. La Dormitio di Maria è posta a Sud nella vela alla sinistra dell’ingresso: nei riquadri ai lati di essa vi sono a sinistra un tempietto circolare coperto da cupola e preceduto da un puteale, con la vista di un paese sul fondo, forse con una guglia tra i tetti del paesaggio FIG. 8, a destra una fontana a base esagonale, dipinta in un viale alberato ornato di viti, gigli e rose rosse, e posta su di un triplice gradino ottagonale, costituita da un primo bacile con quattro prigioni che reggono un secondo bacile sormontato da una statua di divinità maschile FIG. 9 (tempietto e fontana, come detto, si ritrovano nella chiesa di S. Maria delle Grazie e in quella del SS. Salvatore); negli spazi tra questi tre affreschi due scene particolari le accompagnano: a sinistra la figura di un diavolo vestito da monaco all’interno di un cappio di corda sotto di cui sono dipinti strumenti da maniscalco e a destra un putto accovacciato, come dormiente, circondato da un Ouroboros, sotto al quale, collegati da un filo rosso (il sangue dell’Ouroboros?) sono rappresentati gli strumenti del pittore. Le figure in alto sulla fascia orizzontale a partire dalla sinistra rappresentano: sopra il tempio un ippocampo che regge due anelli attraversati da un nastro (il resto è scomparso); una medaglia con profilo maschile rivolto verso l’esterno della vela all’incrocio degli spazi tra i dipinti principali, a cui corrisponde sul lato opposto una medaglia con una biga; sopra la Dormitio un corvo e un cane ripetuti al lato opposto di un ovale con un paesaggio (?); sopra la fontana un pipistrello tra due ippocampi che reggono i due anelli di cui si è detto. Nel riquadro sopra la Dormitio si trova un giglio in stucco ornato con rami di acanto che terminano a sinistra con foglie di quercia (?) e a destra con una rosa a cinque petali; negli interspazi verticali si vedono in alto un paiolo da cui esce fumo scuro a sinistra e un paiolo da cui escono api a destra. I riquadri più esterni sono decorati con un trompe l’oeil costituito da una grata di ferro dietro la quale è dipinta una lastra di vetro con sette rotondi.
  3. La scena dell’Assunzione, posta ad Ovest sulla vela di fronte alla Natività e sopra l’altar maggiore con il dipinto della Madonna della Cavarella, ha per sfondo una piramide ed è accompagnata dalla Carità, con un bimbo in braccio ed un secondo che si tiene alla sua veste, e dalla Fede, che porta una grande croce. Negli spazi tra i tre riquadri vi sono in linea verticale un albero della cuccagna su cui si arrampicano alcuni putti, i cui premi sono rappresentati da dischi aurei tenuti da nastri rossi, a sinistra sormontato da un cigno e a destra da un gallo (?), mentre, proseguendo in alto sempre sulla fascia verticale, ai lati di uno stucco raffigurante una scilla con rami d’acanto che terminano con rose a sei e a sette petali, sono presenti altri due putti, l’uno assiso su una sfera e l'altro su di una tartaruga, i quali cucinano alla fiamma di una candela un pesce ed una rana appesi alla lenza. Sopra il dipinto centrale in linea orizzontale da sinistra si vedono tre cigni, una medaglia con un profilo rivolto al centro della vela, due coppie di putti che tormentano da un lato un vitello, versandogli acqua sulla testa, e dall’altro un ariete, gonfiandolo dall’ano con un mantice; l’estremità di destra è illeggibile, come tutto i contorno della vela, tranne per il punto più alto in cui si distinguono a sinistra un teschio forse equino e a destra un teschio umano
  4. La quarta vela, a destra dell’ingresso e rivolta ad Nord, non sembra avere nulla a che fare con la vita della Vergine, per cui l’ho chiamata “Scena X”: al centro una giovane, che indica con la mano destra un uomo e una donna che apparecchiano una mensa, e due uomini, dei quali l’uno segna il numero tre con la mano destra mentre l’altro sembra invitare la giovane ad entrare nella casa posta alla destra della scena, dove un uomo e una donna sembrano essere in preghiera davanti ad un tavolo su cui ardono due lumi: sulla porta della casa una figura femminile offre da mangiare a due personaggi, i quali sembrano avere una testa mostruosa. La rappresentazione della “Scena X” è accompagnata a sinistra da un torrione circolare a tre piani sormontato da una punta a piramide che si erge sulla riva del mare illuminato da una luna piena e a destra da un paesaggio raffigurante un fondovalle e le case di un paese in alto sul colle. Negli interspazi in verticale vi sono un obelisco, sul quale sale una chiocciola, poggiato su sfere e con una palla aurea e fumante, come se fosse accesa, sulla cima, sul lato opposto una statua plurimaste (Diana efesina?) che nasce da una palma; in linea orizzontale a partire da sinistra si vedono una farfalla tra due ippocampi con la figura dei due anelli di cui si è detto, di nuovo una medaglia con profilo maschile rivolto al centro della vela, un paesaggio (?) in un ovale tra due tritoni che tirano la coda di due arieti, una seconda medaglia con le tre Grazie (immagine presente anche a Caprarola), infine due ippocampi con una farfalla (o un uccello ad ali spiegate?) in mezzo. Nella linea superiore uno stucco con il giglio a rami d’acanto è accompagnato da un lato dal trompe l’oeil a grata già descritto (dall’altro lato la figura è illeggibile ma probabilmente era eguale): tra i tre riquadri sono dipinte due statue, nude a differenza di quelle della parete di fronte, che sono paludate con una sorta di toga, sopra le quali sono due bracieri accesi con fiamme vivaci che si innalzano verso l’alto.

              

                                       8 - Vela Nord il Torrione (foto Galiano)    

              

                                       9 - Vela Nord: la fontana (foto Galiano)

 

I dipinti affrescati nelle quattro vele tra gli stucchi che incorniciano le scene della vita della Vergine precisano il riscontro delle quattro fasi dell’Opera implicite negli episodi dei quadri centrali.

 

  • A EST, il luogo della nascita del Sole, si trova la porta di accesso e coincide con l’ingresso dell’adepto nella Via Ermetica, che trova corrispondenza nella scena della Nascita della Vergine. Solo chi è degno (i tritoni che danno le perle ai porci) può entrare (il ponte sopra la Natività). La Natività della Vergine è inquadrata tra le figure della Giustizia e della Fortezza: è necessaria la Giustizia nell’equilibrare le operazioni (bilancia) perché siano indirizzate al sacro (altare) e la Fortezza per riunire ciò che è “spezzato”, le componenti psico-animiche di colui che intraprende la Via[7] (colonna spezzata da ricomporre). Bisogna essere purificati con l’“urina del bambino” che è anche simbolo del Fuoco (pseudoetimologia di urina da ur = fuoco), mezzo e fine dell’Opera (mulino che gira con l’urina).

 

  • Al SUD, luogo del calore e della putrefazione, è l’Opera al Nero, indicata dalle opposte possibilità che si presentano nel seguire una via errata o corretta, e coincide con la Morte di Maria, figura della morte iniziatica, perché bisogna morire per poter rinascere. I dipinti si dividono in due settori, l’uno a sinistra, verso la porta d’ingresso, e l’altro a destra, verso l’Ovest. A sinistra si trovano gli avvertimenti sulla possibilità di intraprendere la Via nel modo errato, diventando “bruciatori di carbone”: chi si volge dall’altra parte (medaglia con profilo rivolto all’esterno) rischia di praticare false operazioni (diavolo e paiolo da cui fuoriesce il fumo). Il Tempio rotondo è un tempio funerario (come la tomba di Cecilia Metella a Roma, di Teodorico a Ravenna o di San Galgano a Montesiepi) con un pozzo simbolo del collegamento con il “profondo” e in lontananza la “città” a cui non si è stati capaci di arrivare.

 

È necessario operare sulla materia (l’Ouroboros) per mezzo del silenzio e della concentrazione (putto dormiente): allora l’operazione si può realizzare (paiolo con api) e inizia il cammino (biga). Chi prosegue sulla Via giunge all’Acqua di Vita (fontana).

Gli animali raffigurati sono connessi alla fase notturna (pipistrello, corvo, cane) e all’umidità da cui liberarsi (ippocampo). Le due statue sono immobili, quella di sinistra è sbilanciata e fuori centro e porta una lancia (Minerva?), quella di destra ha le braccia verso il basso, forse segno di impotenza perché il centro interiore non è ancora in grado di agire, e ambedue sono chiuse in un paludamento che impedisce i movimenti

È necessario operare sulla materia (l’ouroboros) per mezzo del silenzio e della concentrazione (putto dormiente): allora l’operazione si può realizzare (paiolo con api) e inizia il cammino (biga). Chi prosegue sulla Via giunge all’Acqua di Vita (fontana).

Gli animali sono connessi alla fase notturna (pipistrello, corvo, cane) e all’umidità da cui liberarsi (ippocampo). Le due statue sono immobili, quella di sinistra è fuori centro e porta una lancia (Minerva?), quella di destra ha le braccia verso il basso, e ambedue sono chiuse in un paludamento che impedisce i movimenti.

 

  • L’OVEST, tramonto del Sole e compimento del suo viaggio diurno nel mondo creato, è la fase dell’Opera al Bianco in cui l’iniziato, superata la fase distruttiva necessaria per trovare la propria unità centrale, può passare alla conoscenza del “Cielo”, raffigurato nell’Assunzione della Vergine, avente come sfondo la piramide simbolo di immortalità. Occorre portare a compimento la dealbazione con la Carità che è fuoco che brucia (figura simile al San Cristoforo portatore del Cristo) e con la Fede che dà la conoscenza dei Quattro Elementi (croce), ambedue sotto un serto di frutti che segnano il compimento dell’Opera. Ora si può salire sull’albero per raccogliere i pomi d’oro delle Esperidi con la concentrazione verso il cuore dell’operazione (medaglia con profilo rivolto al centro). Sopra l’Assunzione la Città è in primo piano e non più lontana come prima. I putti agiscono alimentando (mantice) e raffreddando (catino d’acqua) il Fuoco per controllarlo, con un’opera di estrazione dall’elemento Acqua delle forme contenute in essa (pesce e rana), da farsi con un fuoco leggero di candela. Il teschio equino e il teschio umano sono simboli della Materia prima che residua (caput mortuum).
  • Il NORD, forse con riferimento polare alla costellazione del Grande Carro, è l’Opera al Rosso, il compimento del lavoro ermetico con lo sviluppo del Fuoco interiore che nasce dalla fusione dei tre elementi alchemici, Sale Zolfo e Mercurio, adombrati nel dipinto misterioso sotto le forme della donna e dei due uomini e ora riuniti per mezzo del lavoro svolto con l’athanor (la torre a tre piani sormontati dalla piramide che sovrasta l’Acqua). La medaglia ha il viso rivolto verso il centro e sono presenti le Tre Grazie, sul cui significato simbolico è inutile soffermarsi. La Fase al Rosso è segnata da simboli del Fuoco: l’obelisco (o forse una piramide) con la sfera di fuoco sulla sommità e i bracieri fiammeggianti, non più Fuoco di candela, che si ha la capacità di padroneggiare (tritone che tira l’ariete per la coda). Simboli della realizzazione sono la farfalla (crisalide uscita dal bozzolo) e le due statue in “movimento” e con le gambe libere simbolo della capacità di “agire” (a differenza delle due di fronte che hanno atteggiamento statico).

Questa possibile lettura del “libro ermetico” di Sant’Anna rappresenta, come è scritto nel titolo dell’articolo, una “nota preliminare”, pertanto soggetta a cambiamenti e revisioni: lavoro lungo e complesso, che troverà il suo completamento in un testo a stampa che spero presto si possa pubblicare

 


[1] Segnalo sia per la storia che per la descrizione di Sant’Anna RICCI Anton Maria Panico, un pittore emiliano alla corte dei Farnese in Maremma e in particolare il cospicuo ed interessante lavoro di BARAGLIU Alle radici delle simbologie alchemiche ed esoteriche di Sant’Anna, ambedue in GIANNARINI et al. Un insolito percorso tra arte ed alchimia, pubblicato a cura dei Comuni di Farnese e di Ischia di Castro e della Fondazione Carivit, s.l. s. d.

[2] Le due finestre che si aprono sulla facciata sud sono state aperte in un tempo successivo (comunicazione personale del Dr Baragliu).

[3] RICCI op. cit.

[4] Che costui fosse in rapporto con il Duca Mario lo conferma un documento del dicembre del 1605 in cui sono nominati i maestri Pompeo Pazzichelli e Alessandro Faziolo perché pagati dal Farnese per la stima di una casa, che doveva essere demolita per far posto agli ampliamenti del palazzo ducale in direzione della contrada di Piazza (in OLIMPIERI La tipologia del `Palazzo` nella Viterbo del Quattrocento: alcuni esempi per spiegarne le caratteristiche e l'evoluzione tra 14° e 15° secolo, tesi di laurea, 2007, pagg. 55-56 e pag. 62).

[5] SCHLEIER Panico, Gentileschi, and Lanfranco at San Salvatore in Farnese, in «The Art Bulletin», pag.172. La data in cui lavorò a Sant’Anna non è conosciuta.

[6] Il dogma dell’Assunzione verrà formulato solo quattro secoli più tardi nel 1950 da Pio XII, mentre nel XVI secolo era oggetto di una disputa così vivace che il papa dovette emettere un suo Breve per attenuare i toni della controversia che si era scatenata tra i Domenicani, contrari al concetto dell’Assunzione, e i Francescani, favorevoli ad essa.

  [7] Sull’argomento della “ricongiunzione delle componenti” rimando a GALIANO La via iniziatica dei faraoni, Roma 2009.

 

 

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