La facciata "marchiata" del Gesù Nuovo

 (a cura della redazione di due passi nel mistero)
 
-Sezione SPECIALE NAPOLI-
 
 

Siamo giunti in piazza del Gesù Nuovo. Qui si trovava l'antico Decumano Inferiore e oggi vi affacciano alcuni tra i maggiori monumenti cittadini, sia religiosi che civili; la piazza ruota attorno all'Obelisco dell'Immacolata, un'altra delle caratteristiche "guglie" di cui si è detto.

La chiesa del Gesù Nuovo è inconfondibile: con la sua stupenda facciata bugnata a punta di diamante in piperno, costituisce il più tipico esempio di barocco napoletano. E' frutto della trasformazione di un preesistente palazzo nobiliare appartenuto al principe di Salerno della casata Sanseverino. Pare che sia stato Roberto Sanseverino ad ordinare la costruzione, terminata nel 1470, di un Palazzo con annessa una chiesa dedicata alla SS. Trinità Maggiore (altro nome con cui è conosciuta l'attuale chiesa del Gesù Nuovo che, dal XIX secolo, è però dedicata all'Immacolata Concezione, ecco perchè l'obelisco della piazza ha quel nome). Il Sanseverino incaricò del progetto Novello da San Lucano. A causa di alcuni screzi con i regnanti aragonesi, il figlio di Roberto subì la confisca del palazzo, che tornò in seguito di proprietà dei Sanseverino, i quali vi stabilirono diverse e rinomate accademie. Sotto Ferrante (Ferdinando) Sanseverino, la dimora conobbe il periodo di massimo prestigio: rinomata per le sue sale e le opere d'arte in esse contenute, era il punto di riferimento della cultura rinascimentale e barocca napoletana, frequentata da personaggi del calibro di Bernardo Tasso.
A causa di mutate circostanze politiche, con l'arrivo del vicerè Don Pedro de Toledo, nel 1547, il re tentò di introdurre l'Inquisizione in città, evenienza osteggiata da molti, il Sanseverino compreso, che quindi si attirò diverse antipatie. Il palazzo venne nuovamente confiscato e, nel 1584, venduto ai Gesuiti, insieme ai Giardini. I confratelli decisero di trasformare l'edificio in una chiesa e iniziarono i lavori proprio nello stesso anno, per terminarli nel 1601. Del palazzo si mantenne soltanto la facciata e il portale rinascimentale in marmo, che fu arricchito con due colonne, due angeli e lo stemma dei Gesuiti (IHS). E' proprio sulla facciata che dobbiamo fare "due passi nel mistero"...No, tranquilli che non ci arrampichiamo da nessuna parte, ci basta essere buoni osservatori e avere un discreto zoom. Per vedere cosa? Molte delle pietre di piperno, con le loro punte di diamante, presentano dei segni: alcune lettere ma anche simboli diversi. Abbiamo pensato ai cosiddetti "marchi dei costruttori" o dei lapicidi, che usavano marchiare i blocchi lavorati per il conteggio del proprio lavoro e di conseguenza del salario. Oppure per contrassegnare da quale cava di tufo provenissero i diversi blocchi. Localmente le maestranze addette all'estrazione e taglio del piperno erano detti pipernieri. E' una delle spiegazioni cui sono ricorsi anche gli studiosi, per cercare di spiegare la presenza di simili segni su tutta la facciata.
Abbiamo evidenziato con colori diversi alcuni tra gli innumerevoli segni incisi sui blocchi della facciata del Gesù Nuovo
 
Ci rammentiamo subito che una circostanza analoga l'abbiamo documentata nella città murata francese di Aiugues Mortes (Linguadoca- Rossiglione) dove, su tantissimi blocchi che costituiscono mura e porte medievali (perfettamente conservate) sono incisi più di 600 segni diversi (che in parte si ripetono) attribuiti senza incertezza ai marchi degli scalpellini (ricordiamo che la città fu costruita ex-novo dal re Luigi IX con l'aiuto dei Cavalieri Templari). Tali "marchi" sono presenti tanto all'esterno quanto all'interno. Abbiamo confrontato quei segni, di cui ne fotografammo più di un'ottantina, con quelli che siamo riusciti a scorgere sulle pietre bugnate della facciata del Gesù Nuovo di Napoli e abbiamo constatato che alcuni di essi sono praticamente identici. Nel nostro articolo su Aigues Mortes si possono trovare tre riproduzioni a disegno dei segni che abbiamo documentato sui blocchi parietali delle sue mura, e il lettore armato di tempo e voglia potrà confrontarli con quelli incisi sul bugnato del Gesù Nuovo. La tecnica muraria del bugnato è molto frequente da trovare fin dall'antichità. L'Enciclopedia Treccani ne dà la seguente definizione: "Paramento murario esterno di un edificio, costituito da conci sporgenti lavorati, detti bugne. Può essere liscio, se con bugne dai contorni netti e superficie levigata; rustico, con bugne rozzamente sbozzate; a punta di diamante, con bugne di forma piramidale, a base quadrata o rettangolare, talvolta tronca. Le bugne possono anche essere a cuscino, con angoli arrotondati a superficie convessa; a schifo, imitanti la carena di nave; vermicolate, con la superficie solcata da linee sinuose. Il b. isodomo presenta bugne a corsi regolari e di uguali dimensioni. Può essere realizzato anche in stucco a imitazione della pietra".
 
 
                                                                 
Questi tre blocchi in sequenza presentano gli stessi segni (ripetuti moltissime volte sul resto della facciata)
 
Nel nostro caso si tratta di bugnato a punta di diamante, chiamato popolarmente "piramidale" e, proprio per questa conformazione con il vertice della piramide verso l'esterno, alcune teorie esoteriche ritengono che convogli fuori "energie" cattive e ne incameri altre positive. In genere è sempre stata una tecnica costosa e quindi la troviamo su edifici di un certo pregio, come appunto era quello dei Sanseverino. Ma ne abbiamo tanti altri esempi sia in Italia che all'estero e,  più andiamo indietro nel tempo, più il bugnato (riservato soltanto per alcuni edifici e dunque più raro) rappresenta una forma di linguaggio architettonico. Nel Rinascimento e anche in epoche più vicine  a noi, è stato un simbolo di ricchezza, potere, fasto, contraddistinguendo una elite. Ciò non esclude altri significati, ben inteso. Ma anzitutto la tecnica del bugnato è funzionale: l'acqua piovana nno viene assorbita dagli interstizi di giunzione e scivola via, essendo le pietre aggettanti verso l'esterno. Inoltre è anche estetica ed è correlata alla vibrazione della luce, cosa che ci piace particolarmente: un bugnato molto aggettante crea infatti notevoli effetti di chiaroscuro, molto apprezzati nell'architettura rinascimentale e manierista. La facciata del Gesù Nuovo si carica infatti si carica di luce ed ombra in contino dinamismo, a seconda delle ore del giorno ma anche dalla posizione da cui lo si osserva, come fosse viva.
Sulla presenza di innumerevoli segni incisi sui blocchi  sono almeno altre due interpretazioni: la prima è legata ad una sorta di folclore che li vorrebbe indicanti particolari "flussi" energetici che si alternerebbero per incamerare energie positive e ricacciare quelle negative. Già la forma piramidale del bugnato sembra essere fatta apposta per portare all'esterno qualcosa, eppure è una tecnica architettonica frequente fin dall'antichità.
Nelle intenzioni del primitivo committente, Roberto Sanseverino (che si dice conoscitore di magia), i segni sarebbero stati quindi incisi di proposito, per propiziare e attirare buoni influssi e allontanarne altri. Ed è qui che esce il bello perchè qualcosa sarebbe andato storto: oltre alla confisca, un'ala del palazzo andò distrutta, e in seguito l'originaria cupola crollò per un terremoto nel 1688; rifatta, si dimostrò ancora pericolante. Nel 1771 anche il corpo della chiesa dovette essere rafforzato e, nel 1786, la cupola venne nuovamente sostituita con un'architettura a scodella. Va detto che la chiesa, nel 1767, era passata ai francescani riformati perchè i Gesuiti erano stati espulsi dal Regno di Napoli, ma anche i francescani non vi restarono molto: nel 1774, con l'ennesimo crollo della nuova cupola, a causa della precarietà dell'edificio, fu necessario chiuderlo per oltre trent'anni. I Gesuiti rientrarono a Napoli nel 1900, dopo un periodo di espulsioni e riammissioni.
Per giustificare le avversità patite dal monumento, si diffusero voci di popolo che sostenevano l'ignoranza dei maestri pipernieri, i quali avrebbero inserito i blocchi al contrario! Per la magia, ogni cosa ha causa-effetto.  In tal modo gli influssi negativi sarebbero entrati nell’edificio e quelli positivi sarebbero sfociati all’esterno. Ma come sarebbe stato possibile? Nessuno sovrintendeva ad un'operazione tanto importante, se di magia si fosse trattato? Si arrivò ad ipotizzare che i pipernieri sarebbero stati corrotti dai nemici del Sanseverino per impilare i blocchi in modo sconveniente. Questa è una delle leggende circolanti, mentre l'altra ipotesi interpretativa è recente: veniamo a sapere che nel 2005 sarebbe stato decifrato l'arcano. Siete curiosi, ditelo!
Secondo il napoletano Vincenzo de Pasquale (storico dell'arte specializzato nel Rinascimento napoletano) "si tratterebbe di uno spartito musicale scritto in lettere aramaiche, in totale sette lettere, da leggersi al contrario: dal basso verso l’alto, da destra verso sinistra". Per giungere a tale conclusione, lo studioso ha lavorato assieme a un padre gesuita ungherese, esperto di aramaico, nella cittadina ungherese di Eger quasi ai confini con l’Ucraina. La cosa si fa ancora più intrigante considerando che un musicologo ungherese in amicizia con De Pasquale (il prof. Lòrànt Réz) è poi riuscìto a far concordare lettere e note, abbozzando lo spartito. Praticamente, una sorta di  pentagramma, le cui note hanno dato vita alla partitura di un concerto per strumenti a plettro della durata di 45', chiamata Enigma. Il concerto è stato eseguito in questa stessa chiesa per celebrare la scoperta e chi volesse ascoltare la sinfonia (sintetizzata in poco più di 2') guardi questo video di Focustoria). Réz ha inoltre avanzato l'ipotesi che lo spartito si possa leggere in altri nove modi diversi e che lo stesso spartito abbia delle assonanze addirittura con l’ “Herr Jesu Christ, dich zu uns wend, BWV 655” di Johann Sebastian Bach, che fu un massone a Napoli e che, a questo punto, è ipotizzabile sia stato influenzato dall’opera occulta (vedi link risorsa, redazione napolitan.it). Non è detto che questa sia la soluzione, è un'interpretazione. Per molti resta aperta la pista "rosacrociana", alchemica e magica. Perchè i "pipernieri", come altre Consorterie edili derivanti da tradizioni sapienziali di matrice arcaica (i Maestri Comacini, ad esempio), non erano semplici muratori o manovali bensì maestranze preparate nella lavorazione della pietra, depositari di segreti del mestiere che si tramandavano da bocca a orecchio. Avrebbero (il condizionale è d'obbligo) padroneggiato anche l'arte di conferire ai blocchi un potere magico, "caricandoli" tramite determinati caratteri incisi (magari accompagnandoli con formule orali) che, secondo la posizione, determinerebbero influenze positive o negative all'edificio e ai suoi abitanti. In magia, ogni cosa che è disposta in un certo modo agisce in un determinato modo (causa/effetto), un po' come la leggenda del Golem incontrata nella sinagoga di Praga, ottenuto da un blocco di argilla informe dal famoso sapiente ebreo Rabbi Lőw. Con uno specifico rito, svolto in un senso rotatorio recitando una specifica formula, il Golem si formò e doveva portare sempre in fronte le lettere ebraiche che compogono la parola Emeth (Verità); eseguendo il rito in senso inverso e con la formula recitata al contrario, si ebbe la distruzione del Golem stesso: alla parola Emeth bastò togliere la e iniziale per ottenere Meth=Morte.
A lasciarci perplessi nella seppur notevole scoperta del pentagramma musicale, è la presenza di segni incisi anche sui blocchi non bugnati, quelli alla base del monumento (purtroppo deturpati da vernice bianca), che non sappiamo se siano stati compresi nella valutazione dei proff. De Pasquale e Réz. Segni che si ritrovano anche sui blocchi del bugnato della parte superiore e che sono a nostro avviso equiparabili ai marchi dei lapicidi, come ne abbiamo visti in molti altri edifici (la lista sarebbe lunga ma, oltre al già citato Aigues Mortes, davvero eclatante, si può citare il Palazzo Medici-Riccardi a Firenze, dove sono presenti alcuni marchi dei costruttori sui blocchi, simili a quelli del Gesù Nuovo).