GIORNO 7
LA PARTENZA, MA PRIMA DI TORNARE A CASA
DUE PASSI A LA SPEZIA
(Marisa Uberti)
Dobbiamo lasciare la nostra casetta a Monterosso (nostra si fa per dire, è della signora Nadia e ce l’ha affittata qualche giorno) e salutare le Cinque Terre. Nei nostri cuori c’è ancora tutta l’emozione che ci hanno suscitato i monumenti sublimi, le avventurose escursioni, i momenti di relax, gli incanti sul mare, le tante cose che abbiamo appreso e non conoscevamo. Non si può finire una vacanza così intensa senza visitare un po’ il capoluogo di provincia di queste bellezze, La Spezia.
Con la scusa che lì prenderemo l’autostrada, decidiamo di trascorrervi una mezza giornata. Suggeriamo di trovare posteggio nei diversi autoparcheggi (senza scadenza oraria), in modo di non essere vincolati dai tempi. Nonostante ciò, noi dobbiamo “cavarcela” in mezza giornata perché poi dobbiamo rientrare alla nostra bicocca bergamasca. In questo breve lasso di tempo dedichiamo una visita al Museo Civico Archeologico “Formentini”[1], ospitato nelle suggestive sale del Castello San Giorgio (1262).
Qui ci sono numerose testimonianze delle origini della città, che affonda in un remoto passato. Conferma ne sono le enigmatiche Statue-Stele ritrovate nel territorio[2] e che risalgono al IV millennio a. C. (le più antiche). Molti i reperti provenienti da Luni, colonia romana che visitammo anni fa, e questo ricollegarci a luoghi che fanno parte del nostro cammino di Ricerca è senz’altro importante e coinvolgente. Sono tasselli che vanno ad inserirsi nell’immenso puzzle della Conoscenza. Tra le curiosità che abbiamo letto, vi è quella del pittore Felice Del Santo che mentre stava dipingendo all’interno del fortilizio spezzino, nel pomeriggio del 28 Settembre 1907, disse di aver visto un drago o un grosso lucertolone. Di cosa si trattava?
Lungo il corridoio della X Sala si trovano bei mosaici staccati tra i quali primeggia il meraviglioso ritratto di Nereide. A sinistra si trovano basi dedicatorie che si trovavano nel triportico del Capitolium e che vennero reimpiegate nella costruzione della cattedrale; furono recuperate con gli scavi condotti dal Groppallo nel 1891. Il Museo si compone di 11 sale più un corridoio finale, che conduce all'uscita e nel quale sono esposte le testimonianze degli ultimi aliti di vita dell'antica Luni:frammenti marmorei provenienti dalla cattedrale e reperti databili all'alto Medioevo. In particolare sono notevoli gli elementi del VI-VII secolo, tra i quali spicca la serie di trentuno lamine auree che dovevano essere cucite ad ornamento di un capo di vestiario o di un accessorio di un personaggio di rango.
Un bel giro delle mura fino a scendere nella città bassa è quel che ci vuole. Immancabile percorrere Via del Prione, un carruggio commerciale del centro storico completamente pedonale, lungo circa 2,2 km, in cui si susseguono negozi e locali, ma anche rilevanti Musei. Ci spingiamo a cercare la Cattedrale di Cristo Re[3], che però in parte ci delude: è moderna, ellittica, questo lo avevamo letto, ma è pure chiusa nella chiesa superiore. E’ aperta la cripta, però, dove troviamo le reliquie di San Venerio. Ricordate che ne abbiamo parlato in merito all’isola del Tino? Eccole qui[4]! Ogni anno, il 13 Settembre, si svolge una solenne festa del Santo, che coinvolge tutto il Golfo, di cui è patrono[5]. I festeggiamenti durano tre giorni[6] e consistono nella solenne celebrazione presso la Cattedrale; la processione con trasporto della reliquia e della statua del santo dalla Cattedrale di Cristo Re al Molo Italia; la processione sul mare da Molo Italia a Portovenere per la Chiesa di San Pietro. Una S. Messa celebrata dal Vescovo viene celebrata il 13 settembre nel Piazzale della Vela antistante il Museo dell’Isola del Tino, cui segue la benedizione delle imbarcazioni, sempre da parte del Vescovo.
Tra i tanti palazzi gentilizi che la città ospita, ve n’è uno che ha colpito la nostra attenzione, mentre vi passavamo accanto: Palazzo Oldoini (oggi Palazzo De Nobili). In questo palazzo visse la contessa di Castiglione, al secolo Virginia Oldoini, "femme fatale" del Risorgimento. Esternamente vi è un busto che la ritrae, ispirato da una delle sue fotografie più sensuali. Il Palazzo De Nobili, situato in p.zza S. Agostino, fu uno dei luoghi (qualcuno disse l'ultimo) in cui visse la "divina Castiglione". Sexy, intelligente, brillante, trasgressiva, esageratamente ambiziosa, Virginia non si rassegnò al passare del tempo e quando la giovinezza e la bellezza sfumarono con l'età, fece togliere da casa tutti gli specchi per non incontrare mai la propria immagine. Vestiva solo di nero, usciva la notte, aumentò le pratiche spiritiche e continuò a farsi fotografare, un’occupazione questa che diventò seria ai limiti del ridicolo. Il ruolo politico di questa donna è però stato sottovalutato, a nostro avviso. E con la decadenza personale, fisica e mentale forse, decadeva anche un'epoca in cui aveva creduto e che lei aveva sperato diversamente.
Sebbene nata a Firenze, si considerava spezzina e con la città ebbe un rapporto contrastante. Sensuale e senza troppi pudori, benchè sposata, fece girare la testa a personaggi del calibro dell'imperatore Napoleone III, su istigazione di suo cugino, Camillo Benso conte di Cavour. Egli mirava ad attirare il sovrano francese verso i propri scopi politici, come poi avvenne. Virginia Elisabetta Luisa Carlotta Antonietta Teresa Maria Oldoini Verasis Asinari, contessa di Castiglione, era nata nel 1837 e fu la più bella donna del Risorgimento; le si attribuiscono 43 amanti, tra cui i tre fratelli Doria, il banchiere Rothshild, forse anche Vittorio Emanuele II, Costantino Nigra…
Tra i diversi appellativi con cui venne definita, vi fu anche quello di "vulva d'oro"! Il suo povero marito morì schiacciato dalla carrozza del Savoia, non si sa bene come. Napoleone III la ricoprì di regali e denaro, suscitando (ovviamente) le ire dell'imperatrice Eugenia., anche perché la contessa di Castiglione visse a corte come una sovrana. Nel suo diario Virginia descrisse la prima notte passata con l'imperatore, e conservò per tutta la vita la camicia da notte che indossava, con la quale voleva essere sepolta perché rappresentava il simbolo della sua gioventù passionale, ma non solo. Per lei, che da quella notte ebbe cambiata la vita e le sorti italiane, quell'indumento era paragonabile alla bandiera nazionale, anzi a suo dire "avrebbe dovuto essere l’unico vessillo a sventolare dai pennoni d’Italia".
Finchè le acque non mutarono, come sempre accade. Dovette ritirarsi in un appartamento in Place Vendome a Parigi, dal quale venne sfrattata (ma non era affatto in miseria), e si ritirò in una modesta dimora in rue Cambon, 14. Al di là della sua passionalità, doveva aver svolto una vera e propria missione politica segreta che per le "alte sfere" non doveva essere trapassata ai posteri. Alla sua morte, infatti, si fiondarono nel suo appartamento degli strani figuri che si misero a frugare negli scrittoi, tra i libri e gli scaffali. Vennero bruciati documenti, carteggi, biglietti in codice, appunti, fogli con timbri e firme di personaggi importanti con cui era stata in confidenza.
Virginia possedette tanti di quegli abiti che le occorrevano 4 magazzini per contenerli tutti, che erano in realtà 4 appartamenti a Parigi. La collana che le regalò Napoleone III (279 perle bianche e nere, disposte su 5 file, 3.838 carati) è stata venduta all'asta per 400.000 franchi.
Tutte le sue volontà testamentarie, che ella aveva accuratamente stilato, furono eluse quando morì (1899) e anzi, si fece di tutto per cancellarle. La sua camicia da notte (come tutto ciò che possedeva), venne messa all'asta da remoti parenti che neppure sapeva di avere e venne acquistata dal poeta Montesquiou, come altri suoi cimeli. La contessa fu sepolta al cimitero di Pere Lachaise di Parigi, dove tutt’ora riposa.
Nel nostro seppure breve tour della città, abbiamo incontrato anche la targa sull’abitazione che ospitò Giuseppe Garibaldi fuggiasco, il 5 settembre 1849; qui venne accolto e protetto, dopo la caduta della Repubblica Romana. L’edificio si trova in Via Biassa, 99 e la casa appartenne al patriota spezzino Gerolamo Federici[7].
Troviamo anche un elemento appartenuto ad un’apertura ad arco del distrutto Palazzo Cenere, sede dell’Amm.ne Comunale e bombardato durante la Seconda Guerra Mondiale.
Sulla facciata di Palazzo Doria-Pamphili campeggia un bellissimo stemma, al di sotto del quale è stata apposta dal 1983 una targa dal Comune spezzino che ricorda il soggiorno del grande musicista Richard Wagner, che proprio qui, in una locanda dell’antico borgo, nell’estate del 1853 ebbe l’ispirazione di uno “splendido accordo musicale”, e prese forma il preludio de “L’Oro del Reno”.
Dopo queste curiosità, forse non riportate nelle classiche guide turistiche, ci accomiatiamo dall’incantevole Golfo dei Poeti, in cui ci piacerebbe ritornare, prima o poi…
E se vi siete persi qualche "puntata precedente" del nostro tour, andate alla pagina principale di questo argomento, LE CINQUE TERRE e potrete fare con noi "due passi" nel mistero, giorno per giorno.
[2] Delle Statue-Stele abbiamo parlato quando abbiamo visitato il Museo Nazionale delle Statue-Stele di Pontremoli (LU)
[3] Diocesi di La Spezia-Sarzana-Brugnato
[4] Nella cripta si trovano inoltre le sepolture dei vescovi della Diocesi (fondata nel 1927), oltre a quella della mistica spezzina Itala Mela (1904-1957)
[5] E’ anche patrono dei fanalisti (gli addetti al faro)
[6] Durante i quali pellegrini e fedeli possono accedere all’Isola del Tino
[7] La lapide è stata apposta nel 2011. Altre due dimore spezzine accolsero, in tempi diversi, Garibaldi (nel 1862 e nel 1867)
GIORNO 3: apprezziamo la cucina locale
GIORNO 5: Manarola e Riomaggiore
Argomento: LA SPEZIA
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