Il corpo di Paolo nelle Catacombe di San Sebastiano sulla Via Appia

(Speciale Roma: sulle tracce dei luoghi di S. Paolo)

a cura di Marisa Uberti

La Chiesa di S. Sebastiano, sorta sul complesso catacombale (foto autrice)
 

Nel settembre 2024, nell’ambito dell’itinerario romano sulle tracce di S. Paolo, abbiamo visitato le Catacombe di San Sebastiano[i]. Una tradizione poco nota ai più narra che nel 257/258 d.C. i corpi dei due importantissimi apostoli Pietro e Paolo sarebbero stati portati proprio qui. Perché? In quell’anno l’imperatore Valeriano aveva emanato un editto che costringeva vescovi, preti e diaconi a sacrificare agli dei pena l’esilio, proibendo al contempo a tutti i cristiani di riunirsi in assemblee di culto, sequestrando chiese e cimiteri[ii]. Queste circostanze avrebbero indotto alcuni seguaci della dottrina cristiana a trasferire i corpi di Pietro e Paolo dalle rispettive necropoli in cui riposavano, nelle Catacombe di San Sebastiano, dove sarebbero rimasti presumibilmente fino al momento in cui Costantino – nel IV secolo - avrebbe fatto cercare i loro corpi per erigere degne basiliche a ciascuno di loro. 

L'interno della chiesa (foto autrice)

 

Visitando di persona le Catacombe di San Sebastiano abbiamo potuto ricavare una conferma dell’antica (e temporanea) presenza delle reliquie di Pietro e Paolo in questo luogo. Lo testimonierebbero alcuni elementi importanti:

1) La primitiva Basilica della prima metà del IV secolo non era dedicata a S. Sebastiano ma era detta Basilica Apostolorum, costruita al di sopra di un più antico santuario legato alla memoria degli apostoli Pietro e Paolo; solo successivamente la chiesa fu dedicata al martire Sebastiano, sepolto nella sottostante catacomba agli inizi del IV secolo.

2) Il cimitero sotterraneo, chiamato di San Sebastiano solo con l'Alto Medioevo era inizialmente denominato - dal III secolo d.C. - in memoria apostolorum di Pietro e Paolo. La Depositio martyrum (metà del IV secolo), alla data del 29 giugno, parla infatti della ricorrenza di Pietro in catacumbas e di Paolo sulla via Ostiense. Il Martirologio Geronimiano (V secolo) ricorda, alla stessa data, la ricorrenza di Pietro in Vaticano, di Paolo sull'Ostiense e utrumque in catacumbas[iii], Tusco et Basso consulibus (all'epoca dei consoli Tusco e Basso, cioè nel 258).

3) Il percorso di visita conduce alla cosiddetta “Triclia” , che era un luogo coperto accessibile da una piccola scala, dove si celebrava il cosiddetto “Refrigerium”, un banchetto funebre. Nella "Triclia" vi erano un pozzo, le canalizzazioni, banchi in muratura sulla parete di fondo e una edicola rivestita di marmo (forse era il monumento che ospitava le reliquie dei due Apostoli[iv]). Sulle pareti intonacate sono stati trovati più di 600 graffiti con invocazioni a Pietro e Paolo, incisi dalla seconda metà del III agli inizi del IV secolo. Alcuni di essi sono visibili ai visitatori. E’ verosimile che il pasto rituale fosse compiuto in onore dei due illustri personaggi e coloro che vi parteciparono lasciarono il proprio nome o il segno della propria presenza devozionale. Si trovano espressioni come: Tomius Coelius refrigerium fecit; Dalmatius / votum eis (cioè agli apostoli) promisit / refrigerium; XIIII kal(endas) apriles / refrigeravi / Parthenius laddove è da notare l'inserimento del giorno del mese - il 19 marzo - nel quale Partenio consumò un pasto in onore degli apostoli (Inscriptiones christianae, v, 12981)[v].

(Fonte foto: V. Fiocchi Nicolai, F. Bisconti, VD. Mazzoleni,

"Le Catacombe cristiane di Roma. Origini, sviluppo, apparati decorativi, documentazione epigrafica", Schnell&Steiner, Regensburg, 1998)

 

Gli studiosi hanno riscontrato alcune caratteristiche comuni in questi graffiti:

a) gli autori non avevano molta dimestichezza con la scrittura (le lettere sono rozze e spesso deformate, alternate tra carattere maiuscolo e minuscolo);

b) usarono strumenti appuntiti occasionali (chiodi o spilloni);

c) le iscrizioni sono generalmente brevi e riflettono il linguaggio parlato usato nel quotidiano da gente semplice, di medio-basso livello culturale; pochissimi erano gli ecclesiastici tra questi, perché avrebbero usato formule di espressione liturgica e lessicalmente forbite.

d) i viatores (devoti frequentatori) erano soprattutto gruppi familiari ma potevano appartenere a comunità più estese e variegate;

e) la lingua usata è prevalentemente il latino e in minor misura il greco;

f) il contenuto delle scritte è religioso: si tratta di preghiere e invocazioni rivolte espressamente a Pietro e Paolo perché intercedessero sia per chi era presente fisicamente sia per amici o parenti assenti; inoltre i fedeli si rivolgevano ai due apostoli generalmente con locuzioni del seguente tipo: “ricordatevi del tale” (in mente habeteeis mneían échete”), "proteggete il tale" (synterésate, terésate), "pregate per il tale" (petite, orate, rogate pro), "aiutate il tale" (subvenite, adiutate) sia in riferimento ai vivi sia in ricordo di congiunti defunti. Le “richieste” sono tra le più svariate e alcune curiose: chi perora protezione per una buona navigazione per sé o a nome di compagni di viaggio, chi esprimeva riconoscenza per il “favore” di Pietro e Paolo nell’ ottenimento della vittoria del cavallo o dell’auriga preferiti nelle corse del circo (!);

g) La struttura delle frasi è confidenziale, spontanea. Da questa analisi i teologi deducono che la pratica devozionale verso i due Apostoli fosse genuinamente proveniente dal “basso”, in poche parole il culto verso Pietro e Paolo a Roma nacque e si sviluppò a livello popolare e non fu- fino a quel momento- pilotato da qualche autorità.  Solo dopo cinquant’anni – con le basiliche monumentali volute da Costantino e il papa – il culto fu legittimato e da lì “commercializzato” (se si può dire). Questo è comunque oggetto di discussione tra i vari studiosi.

(Crediti di questa foto nella nota 4)



[1] Si trovano al di sotto della Basilica omonima, 300 m prima del complesso di Massenzio, nel tratto iniziale della Via Appia (terzo miglio). A circa 800 m si trova un altro complesso catacombale, quello di San Callisto. Prima di divenire un cimitero (dapprima pagano e poi cristiano), l’area era nota per le cave di pozzolana, situate oggi a circa dieci metri sotto il pavimento dell’attuale Basilica. Il sito, interessato da presenze funerarie fin dal I secolo d.C. e dallo sviluppo di un vasto cimitero cristiano a partire dal III secolo d.C., era originariamente denominato ad catacumbas ( “presso le cavità”), proprio per la presenza nell’area di cave di pozzolana. Si deve al complesso di San Sebastiano, divenuto nei secoli uno dei più importanti di Roma, a dare il nome di “catacomba” a tutti gli altri cimiteri sotterranei cristiani

[2] L’imperatore emise due Editti. Il primo, emesso nel 257, dimostra una perfetta conoscenza delle strutture e gerarchie ecclesiastiche e il conseguente arresto immediato dei ministri del clero. Determina, poi, un inventario dei beni della chiesa che vengono subito requisiti a favore dell'erario pubblico: cimiteri, tituli, vale a dire luoghi di culto, e istituti associativi vengono requisiti e rivenduti dallo stato.
Il secondo editto, del 258, richiede l'immediata messa a morte degli accusati in precedenza, l'arresto di senatori e cavalieri che abbiano abbracciato quella credenza e la subitanea spoliazione dei loro beni; solo l'apostasia avrebbe salvato loro la vita: una volta pentiti sarebbero stati risparmiati ma privati, comunque, di tutte le loro sostanze e del loro rango sociale (https://joantoedox.it/Appendici%20Roma/Valeriano%20editti.html). Vedasi anche Fabrizio Bisconti in “Quella terribile estate del 258”, su l’ Osservatore Romano, 5 agosto 2020, https://www.osservatoreromano.va/it/news/2020-08/quella-terribile-estate-del-258.html

[3] “Entrambi in catacomba”

[5] Carlo Carletti, “I graffiti dedicati ai Santi Pietro e Paolo presso le Catacombe di San Sebastiano sulla Via Appia”, riportato in https://www.gliscritti.it/blog/entry/479. Titolo originario: “Rozzi «viatores» per Pietro e Paolo. Il culto dei due apostoli nei graffiti della via Appia”, apparso su L’ Osservatore Romano, 28-29/06/2010

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Pubblicato il 22/12/2024