Le Chiese di Chinon

                                                        (Marisa Uberti)

 

                                                 I LUOGHI DI CULTO DI CHINON

  • La Collegiata di San Mexme (Abbaye Saint-Mexme): la chiesa più vecchia di Chinon

 

Ubicazione: Place Saint-Mexme. L’edificio nacque su un sito risalente almeno al V secolo d.C.  Si trattava di una vasta necropoli, sulla quale venne impiantata la prima abbazia benedettina fondata da St. Mexme, un discepolo di San Martino di Tours. Secondo la tradizione, St. Mexme venne qui sepolto.  Tra il 980 e il 1007, l’arcivescovo della vicina città di Tours, Archambaud de Sully, portò un capitolo di dodici canonici che non erano obbligati alla vita comunitaria e riferivano direttamente alla Santa Sede (ma erano sotto l'autorità dell'arcivescovo di Tours); la chiesa- divenuta Collegiata- venne completamente ricostruita. Di quell’epoca si conservano i blocchi nella parte occidentale (facciata principale), uno dei primi esempi di arte romanica nella regione della Touraine; qui si trovava un nartece (costruito intorno al 1050) di cui alcuni elementi sono incassati nell’attuale facciata, tra cui un bassorilievo rappresentante una crocifissione e altre formelle che citeremo più avanti. Della chiesa di quel periodo rimane anche la cappella a settentrione; l’edificio venne poi modificato nel XV secolo. I monaci furono rimossi solo nel 1792 e nel 1817 la chiesa venne sconsacrata: il campanile (all’incrocio del transetto) collassò e distrusse tutta la parte orientale dell’edificio. L'ex collegiata ha  ospitato diverse scuole dal 1825 al 1980. Dal 1983 essa è stata oggetto di campagne di  restauro  e scavi archeologici, che hanno appurato l’esistenza di un substrato antichissimo al di sotto e nei dintorni della Collegiata. Il sito è stato usato a scopi funerari ininterrottamente dal V sec. alla Rivoluzione Francese; la chiesa abbaziale ha ospitato molte sepolture, alcune di carattere eccezionale,  e inoltre sono stati scoperti i corpi dei canonici sepolti nei loro paramenti (XIII sec.).  Si è anche potuto stabilire che la chiesa primitiva aveva tre navate prolungate da altrettante absidi e aveva una cripta; entro la metà del Mille venne creata la massiccia facciata fiancheggiata da due torri e venne realizzato il portico ad archi; Intorno al 1100 si prolungò la navata verso est e si costruì un deambulatorio e delle cappelle sotto cui si trovava una seconda cripta. Tutto ciò dimostra lo sviluppo crescente che il culto a St. Mexme  conobbe tanto che  la Collegiata diventò un santuario che attraeva molti pellegrini.

Al momento della nostra visita abbiamo trovato la chiesa chiusa; tuttavia va detto che essa ospita un centro culturale ed ospita diversi eventi estivi. Dovevamo verificare la presenza di alcune incisioni che erano state sporadicamente segnalate sottoforma di Triplici Cinte, di cui stiamo seguendo il censimento da molti anni, ma non le abbiamo trovate, forse perché erano indicate “nel chiostro” ma questo ambiente non esiste più. Abbiamo trovato, però, alcuni interessanti simboli sulle formelle incassate nella facciata: elementi geometrici, fitomorfi, e anche una particolare formella citata a suo tempo da René Guènon, in cui compaiono un cerchio a otto raggi e un fiore a otto petali (tutti di dimensioni modeste), che egli assimila al rosone delle cattedrali. In realtà l’insieme è composto anche da altri elementi e sicuramente incuriosisce: qual è il suo significato, nell’ambito  di questo edificio? Attualmente una lettura omogenea dei simbolismi presenti è resa poco fattibile dal loro grado di consunzione e dal loro spostamento dal contesto originario. Nel 2006 sono state apposte delle vetrate di “stile astratto” nella torre occidentale, dipinte da Olivier Debrè. Indubbiamente St. Mexme emana ancora un fascino arcanissimo e speriamo, in futuro, di avere l’occasione di poterla visitare internamente. (A fondo pagina, una nutrita galleria fotografica di questa chiesa e il dettaglio dei simbolismi in facciata).

Ora prendiamo la salita a sinistra della Collegiata, per Via Monte S. Radegonda, dove tra l’altro si scopre una vista eccezionale di Chinon e della Valle del fiume Vienne. La nostra meta è un luogo carico di segreti millenari e di culti legati alle acque…

 

  • La Cappella –grotta di Santa Redegonda (La chapelle Sainte-Radegonde)

 

Ubicazione: Coteau St. Radegund. Anticamente quest’area collinare era piena di pozzi d’acqua ritenuta miracolosa; ha più di duemila anni di storia e certamente era nota in epoca gallica. Nel VI sec. d.C venne cristianizzato da un eremita di nome Giovanni di Moutier o Jean de Chinon, menzionato da Gregorio di Tours. Accanto ai pozzi sacri di pagana memoria si costruì una cella, una cappella e un piccolo giardino con un frutteto. La regina (poi santificata) Radegonda avrebbe fatto visita alla tomba di San Martino a Tours e, sulla strada per Saix, si fermò all’eremo di Giovanni, chiedendo di pregare per lei. La dedicazione della cappella riflette il culto congiunto dell'eremita e della regina.  Oggi si presenta come una chiesa rupestre, che ha inglobato la grotta eremitica. L'edificio è  a due navate, di cui una  è la grotta e sembra essere la parte più antica dell'edificio. La volta della roccia è sostenuta da due colonne monolitiche. La navata centrale è stata costruita nel tardo XII sec.;  a seguito di un crollo parziale della volta della roccia, si  è nuovamente aperta. La più antica testimonianza scritta della costruzione risale al 1269. La cappella è anche collegata ad una rete di cavità ipogee che ospitano una sorgente.

Il celebre Rabelais cita il luogo di Santa Redegonda sopra Chinon fornendo il legame antico fra l'eremita e la cappella (Rabelais 1955: capitolo 31). Per tradizione la cappella è associata con l'oratorio costruito da Giovanni l’eremita (DE Cougny 1874, HERON 1965). Ma gli autori recenti distinguono i due siti, anche se la posizione della cella primitiva non ha lasciato tracce (Lorans (2006: 508). Secondo la tradizione locale, la parete occidentale della navata sarebbe stata la grotta che ha accolto  il corpo dell'eremita fino alla demolizione della sua tomba, operata dai protestanti nel 1563.

Sono state scoperte venti tombe rupestri nelle due navate laterali. Alcune tombe risalirebbero al lontano VI secolo, al tempo di Giovanni l’asceta mentre alcuni corredi funebri, come vasi, si datano ai secoli XIII- XV. Nel 1959 le tombe rupestri risultavano ancora aperte e visibili.

La Cappella di S. Radegonda, era situato al di fuori dei confini della città medievale di Chinon ma era meta di intenso pellegrinaggio, almeno fino al XVI secolo (quando venne distrutta dai protestanti). La gente arrivava quassù per godere dei poteri di guarigione delle acque miracolose e per contemplare il mistero del sacro.

Dopo la distruzione causata dalle guerre religiose, la Cappella restò chiusa fino al 1643, quando iniziarono i lavori di restauro. Durante la Rivoluzione, la cappella venne venduta come bene nazionale e fu divisa tra quattro proprietari che la usarono anche come riparo per gli animali domestici. Solo nel XIX secolo, per iniziativa di un privato (Chinonaise Elizabeth Charre) la cappella e la tomba dell’eremita furono integralmente restaurate e restituite al culto. Nel 1879 avvenne la consacrazione dell’altare.  Ma tra il 1940-1950 il sito venne nuovamente abbandonato a sé stesso e si è dovuto attendere molto tempo, fino al 1975, per poter effettuare un recupero edilizio, con il patrocinio dell’Associazione “Amici della Vecchia Chinon”. Nel 1960 venne aperto un Museo delle Arti e Tradizioni Popolari di Chinon, all’interno della Cappella e nel 1964 venne fatta una scoperta straordinaria: venne portato alla luce un dipinto murale risalente al XII secolo, che ha permesso di ricostruire una scena rispondente al vero: vi si vede una cavalcata regale, che ha suscitato numerose interpretazioni.

 

Il dipinto, bellissimo, è situato sotto l’arco della parete settentrionale (immediatamente a est della tomba dell’eremita); misura 1,15 m x 2, 65 m  e vi sono raffigurati cinque cavalieri di cui due indossano una corona e un cappotto foderato di pelliccia.  Se gli storici dell'arte sono d'accordo a vedere una rappresentazione della famiglia reale dei Plantageneti e ad  identificare Enrico II incoronato (e con il dito puntato) che guida la processione, l'individuazione degli altri personaggi risulta più difficile così come l'interpretazione della scena stessa, che ha provocato molteplici ipotesi. La figura centrale rappresenterebbe la consorte di re Enrico, Eleonora d’Aquitania, al suo fianco, il figlio Giovanni (Senza Terra); il primo cavaliere sul terzo cavallo potrebbe essere Richard (Riccardo Cuor di leone), il successore designato al Ducato da Eleonora d'Aquitania, che riceve il suo simbolo-madre di questa area, un falco. L'ultimo personaggio  è probabilmente un subordinato: riproduce il gesto del dito puntato in avanti come il (presunto) Enrico II.

L’artista è anonimo ma la critica lo ritiene di talento, dunque i committenti potrebbero essere stati proprio dei reali. Inoltre le insegne reali (corone, cappotti foderati di pelliccia,e altri elementi) hanno indotto gli esperti a ritenere che fossero membri della famiglia dei Plantageneti. Possiamo quindi supporre che questo dipinto, collocato in un contesto religioso, assumesse un valore di ex-voto e ipotesi più recentemente formulata è che si trattasse di un’offerta votiva in riconoscimento della liberazione di Eleonora d'Aquitania che, come sappiamo, si è svolta effettivamente a Chinon. C’è qualcosa che stride in questa ipotesi: Enrico II, il marito di Eleonora, aveva fatto imprigionare egli stesso la moglie (tacciata di ordine un tradimento contro di lui), dunque come è possibile che egli compaia alla testa di una processione per la liberazione della donna? Eleonora fu tenuta segretamente prigioniera nel castello di Chinon per circa un anno (in seguito venne imprigionata nel castello di Winchester e poi anche in quello di Sarum).

Orario di apertura della chiesa-grotta: dalle 10:30 alle 12:00-02:00 alle 17:00-Ingresso a pagamento. In primavera-estate è aperta ma è prudente chiamare prima di fare una visita: 02 47 93 18 12

 

  • La chiesa di Saint-Etienne

 

Tra la Collegiata di St. Mexme e la Villefort (cioè la città fortificata) è situata questa chiesa dedicata a Santo Stefano (parrocchia), nei pressi di un antico sobborgo che si sviluppò nel Medioevo per divenire un quartiere prospero a vocazione artigianale e commerciale. Menzionata dall’ XI secolo, la chiesa è stata interamente ricostruita nel XV secolo. I lavori per la grande torre dell’orologio iniziarono nel 1480, ma il manufatto fu distrutto durante la Rivoluzione. La chiesa si presenta nelle forme di un imponente edificio del XV secolo, al quale è addossata a nord la piccola torre, la cui base presenta blocchi di epoca romana, a testimonianza di un’età anteriore (precedente alla chiesa cristiana). L’interno è a navata unica, molto larga per accogliere una comunità di fedeli molto numerosa, sull’immagine delle grandi chiese di predicazione della fine del Medioevo. L’interno richiese un restauro globale dopo la Rivoluzione; le vetrate raccontano di eventi importanti per la storia della città; esse furono eseguite dalla vetreria  Lobin di Tours nella seconda metà del XIX secolo. Attorno alla chiesa sorgono case a graticcio; nell’angolo di una di esse, nota come “Maison du pilier” si trovava il Martirio di S. Stefano, oggi visibile nel Museo di Arte e Storia. Il bel portale occidentale presenta uno stile gotico-fiammeggiante, archi  ogivali, oltre a  numerosi motivi simbolici fitomorfi e zoomorfi.

 

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