1. Caratteri e visita generale (di Marisa Uberti)

                                                           [Speciale Chioggia]

 

 

La cittadina, situata su una piccola area peninsulare adriatica fra la Laguna veneta e il delta del fiume Po’, ha origini leggendarie, un solido substrato di tradizioni popolari e superstizioni , un’ offerta artistica di tutto rispetto, paesaggi incantevoli e angoli pittoreschi, il tutto condito da un’ atmosfera unica, in inverno, quando la nebbia sale dal mare e vela gli orizzonti, i campanili, i palazzi. Le calle più piccole, dove il traffico è ridotto, sanno allora  tingersi di tutta la loro magia e l’aura di mistero troneggia. Il centro storico è una fucina di affascinanti scoperte, a patto di percorrerlo a piedi, con calma, sorseggiandolo come fosse deliziosa bevanda. Circolano le automobili e i mezzi pubblici, a Chioggia, non come a Venezia, alla quale peraltro somiglia, ma guai a dire a un chioggiotto che è una sua parente di minore importanza! Chioggia sarebbe infatti molto più antica del capoluogo veneto, con una storia che andrebbe debitamente raccontata (chiedetelo al solerte sacerdote di S. Domenico, se vi capitasse di passare di là!). Se sorvolassimo il centro, lo vedremmo strutturato a lisca di pesce, infatti le calli (non semplici vie) sono dispiegate nel tessuto urbano secondo una geometria precisa: due serie parallele che si intersecano perpendicolarmente alla via di terra (il Corso del Popolo) e di acqua (il Canal Vena). Questo sistema viario “ a pettine” rende facile visitare la città, anche per un forestiero.

Chioggia sorge all’estremità meridionale della laguna veneta, su un gruppo di isolette divise da canali e collegate da ponti. La città storica si dispone su due isole parallele lunghe circa 850 m e larghe 150 separate dal Canal Vena e collegate da nove ponti che sono, da sud a nord,  i seguenti: Ponte Cucagna, Ponte Zitelle, Ponte Scarpa, Ponte S. Giacomo (l’unico che collega la città a Sottomarina), Ponte Filippini, Ponte Pescheria, Ponte S. Andrea, Ponte Caneva e Ponte Vigo. Tutti scavalcano il Canal Vena, il più importante e centrale; esso scorre parallelo al Corso del Popolo, lungo 840 metri e sul quale prospettano i monumenti più rappresentativi come il Municipio e la Cattedrale. Ma ad ogni passo ciascun edificio, religioso o civile, può riservare sorprese, così come quelli più nascosti, situati nelle calli, che sono in numero di 74.

 

                 

                                                            Scorcio del Canal Vena

 

L’origine della città viene fatta risalire niente meno che a Clodio, compagno di Enea, Antenore e Aquilio, tutti reduci dalla distruzione di Troia. Clodia era infatti il nome antico di Chioggia e nel suo originale assetto urbanistico si ritroverebbe un’ascendenza etrusca (o pelasgica); il Corso del Popolo (cardo maximus) anticamente era tagliato al centro da una strada (decumanus) secondo la tipologia successivamente utilizzata dal castrum romano[1]. Nel I sec. d. C. l la località fu menzionata da Plinio il Vecchio nella sua “Historia Naturalis” come “Fossa Clodia”; secondo alcuni il toponimo potrebbe derivare da Cluza o Clusia, che ricorda Chiusi, una delle dodici città della confederazione etrusca. Sono attestati con maggiore certezza invece i toponimi Clugia e Chiozza (leggi Ciosa). Prima di Clodia era in auge una località nei pressi chiamata Brundulus o Brundulum (Brondolo), che decadde principalmente per cause naturali (la morsa del deflusso alluvionale che la chiuderà irrimediabilmente) e storiche, favorendo l’ascesa di Chioggia. Un altro documento antico che cita la città è la tavola Peuntingeriana, conservata nel museo di Vienna, che descrive la zona degli antichi traffici attraverso il porto di Chioggia, Evrone o Edrone[2].

 

  • La devozione popolare e le tolèle

 

Visitando le chiese chioggiotte ci si imbatte in piccoli quadri dipinti su tavole di legno di diversa dimensione, simili ad ex-voto, cioè a ringraziamenti per grazie ricevute. Sono espressioni di un’arte popolare che in un linguaggio semplice descrive con le immagini la scena oggetto del miracolo ricevuto. Dei tantissimi che ne esistevano, se ne contano 104, conservati nelle diverse chiese: 51 nella Basilica di San Giacomo, 37 nella chiesa di San Domenico e 16 in Cattedrale. Raccontano storie di naufragi, di guarigioni o di infortuni nel lavoro offrendo spunti interessanti della storia quotidiana popolare di un tempo.

 

 

  • Cominciamo da Sud

 

Il punto più meridionale dei nostri due passi ci porta alle Fondamenta San Francesco dov’era situato il trecentesco convento di San Francesco Fuori le mura, che oggi ospita il Museo Civico della Laguna sud (Campo Guglielmo Marconi), un interessante esposizione che documenta l'evoluzione storico-ambientale e sociale del territorio chioggiotto. Presenta, tra le altre sale, quella “dei sensi”, dove si scoprono i sensi speciali di cui sono dotati diverse specie marine.

 

Di fronte al Campo Marconi, in mezzo al traffico, si erge solitaria una insolita costruzione chiamata Torre Santa Maria o Porta Garibaldi, che costituisce l’ingresso da terra al centro storico (immette infatti nel centrale Corso del Popolo). Questa porta quadrangolare era l’unico unico accesso alla Chioggia rinascimentale, custodita da uno spesso perimetro di mura che la circondavano, rendendola completamente inaccessibile all'esterno, in un periodo storico ricco di fermenti e di agitazioni. La sua odierna struttura risale al 1530 e sul frontone spicca il leone di San Marco, simbolo della Serenissima, sotto il cui dominio allora si trovava Chioggia. Il monumento è aperto su due lati e vi si può transitare a piedi: sulla parete sinistra una grande lapide riporta un’epigrafe del tempo di papa Pio VI che –diretto a Vienna- fece tappa proprio a Chioggia nel marzo 1782. Sulla parete di fronte si trova un notevole (quanto consunto) stemma con figurazioni allegoriche (di cui non si legge più alcuna iscrizione, se mai vi sia stata), mentre sulla parete nord si trova una riproduzione della miracolosa icona (che localmente come abbiamo visto si chiama “capitello”) della Madonna della Navicella (o Madonna di Marina), cui si deve forse anche il nome con cui è nota la porta/torre stessa. Ma curiosamente, il Cristo è tenuto alla destra della Vergine addolorata e non sull sinistra come nelSedili di pietra sono addossati, internamente, lungo entrambi i lati lunghi della costruzione.

Dopo la visita di Garibaldi nel 1867, che attraversò la cittadina su una carrozza a mano, l’edificio prese il nome dell’eroe dei due mondi.

 

                                               

 

Lungo il Corso del Popolo, sopra l’insegna della Farmacia al duomo (Palazzo Poli), si trova una lapide che ricorda che quell’abitazione fu dimora di Carlo Goldoni, il padre della commedia italiana; la casa appartenne alla insigne pittrice Rosalba Carriera (1673-1757), che con onestà dobbiamo dire che non conoscevamo, purtroppo, ma credo non saremo gli unici. Questa artista merita invece attenzione poiché fu la più celebre ritrattista della prima metà del '700 e i suoi dipinti sono esposti nelle più grandi gallerie europee (Louvre di Parigi, Accademia tedesca di Dresda, Gallerie di Venezia, ecc.). Lavorò anche a Vienna, Roma e Londra.

 

                           

 

 

Sopra l’ingresso di una famosa libreria, sempre percorrendo il Corso del Popolo, si può ammirare una scultura con gli “incappucciati” inginocchiati davanti a un santo; nelle nicchie laterali si trovano altre due statue di santi (quella a destra ha il braccio sinistro mozzato).  Questa doveva essere una chiesa (si scorge ancora un campanile) ed è separata dalla chiesetta di S. Pieretto da un edificio che attualmente ospita una tabaccheria.

 

                                    

 

Procedendo si incontra, sempre sullo stesso lato, l’ex Monte di Pietà, con una edicoletta, superiormente, raffigurante una Madonna con Bambino.

A sinistra si può dare un’occhiata al Commissariato di Polizia perché è insediato nell’antica chiesetta di San Francesco (dentro le Mura), conosciuta anche come S. Francesco delle Muneghette (nella Calle omonima) costruita nel 1454 e restaurata nel settecento con l'aggiunta di decorazioni.

Oltrepassata la chiesa-basilica di San Giacomo, si incontra la Loggia dei Bandi (che ospita oggi il Comando della Polizia Urbana) che, come suggerisce il nome, era il luogo dal quale si leggevano gli avvisi e le Ordinanze pubbliche. L’edificio risale al 1531 ma lo vediamo nelle scenografiche ed eleganti forme neoclassiche assunte nel XIX secolo. Sulla piazzetta si può vedere un gruppo marmoreo con tre cariatidi che fanno da base per il pennone portabandiera o Stendardo cittadino (l’opera plastica è dello Zemignani, 1713) [3]. Qui fu innalzato il primo tricolore e durante il governo degli Austriaci si ebbe l'audacia di far sevntolare la bandiera italiana mentre le sentinelle erano mezze addormentate.

 

                            

 

La piazzetta è dedicata al XXII Settembre, quando il Lazio e Roma vennero annesse all'Italia. Nei pressi è situata l’imperdibile Chiesa della SS. Trinità, di origini cinquecentesche ma rifatta nel 1705 dall’arch. Andrea Tirali (che ha realizzato la pavimentazione di Piazza San Marco a Venezia) che esternamente presenta alcuni bassorilievi interessanti, ma è all’interno che si nasconde il suo tesoro: l’oratorio della Confraternita dei Battuti che, avendo un saio color rosso, erano soprannominati anche “Rossi”. L’oratorio, allestito come pinacoteca, è interamente affrescato da importanti artisti, soffitto compreso; questo ciclo pittorico è considerato uno dei più importanti del manierismo veneto. Sicuramente lascia in contemplazione il crocifisso cinquecentesco.

 

                   

 

Accanto sorge l’ottocentesco Palazzo Comunale, dal colore candido, che è andato a sostituire il precedente edificio del 1228, uno dei più antichi monumenti cittadini. L’antica balaustra che si è salvata dall’incendio del 1817 che lo distrusse, è quella che ora vediamo nel Sagraèto della cattedrale, di cui abbiamo parlato prima. Fortunatamente l’Archivio storico riuscì a salvarsi.

Se imbocchiamo la calle successiva a Forno Filippini, ci ritroviamo davanti ad una chiesa, quasi celata da un’alta muraglia: è quella del Convento di S. Caterina, che conserva una preziosa croce bizantina del 1300. Purtroppo è quasi sempre chiusa; apre il 21 novembre in occasione della festa della Madonna della Salute, di cui conserva un’immagine. L’’edificio venne edificato nel 1384 per le suore di Sottomarina che, in seguito alla distruzione della loro chiesa, ripararono qui. Le origini della chiesa sono però più antiche; attualmente si vedono aggiunte barocche.

 

                      

Prima della chiesa e della Torre di S. Andrea, proprio adiacente alla Pescheria, troviamo il cosiddetto Granaio, uno degli edifici più antichi della città (1322) e anteriore alla guerra di Chioggia (1379-80). Nel Medioevo fungeva da magazzino per il grano che serviva alla comunità chioggiotta. Fino al XIX secolo era caratterizzato da 64 colonne alla base, poi cementate per ricavare un pianto terra. Peccato!  Alzando lo sguardo si può ammirare, sulla facciata, un’edicola con l’immagine di una Madonna con Bambino attribuita al celebre artista Jacopo Sansovino (1486-1570).

Prima di arrivare in fondo al Corso, ci colpisce (sul lato orientale) un enigmatico palazzo, elegantemente decorato con simboli e due motti in facciata. Uno, situato sulla destra di chi guarda,  recita "Labor omia vinci" e l'altro, alla stessa altezza ma a sinistra, recita: "Praeclaros Costantia Nutrit".

 

 

Come si chiama questo Palazzo e a chi appartenne?

Sul lato occidentale, scandito da palazzi con caratteristici portici sottostanti, notiamo diversi palazzi interessanti, come Palazzo Renier, abitazione del dottor Domenico Andrea Renier, che nel 1848 era il responsabile della Sanità e degli ospedali. Egli ebbe un ruolo importante nei moti risorgimentali: nella calletta Cipriotto attirò in casa Naccari il comandante della guarnigione austrica (barone Gorizzuti), costringendolo alla resa. Renier aveva infatti appreso da un amico veneziano che Venezia stava per liberarsi. 

Poco distante e sullo stesso lato del Corso del Popolo si incontra un bel palazzo dipinto in rosa, con sirene bicaudate e altri simboli in facciata. Occhi aperti!

  • La colonna di Piazza Vigo

 

Percorriamo interamente il Corso del Popolo, per portarci sullo scenografico Ponte Vigo (1685, costruito sotto il podestà Morosini), il più imponente e l’ultimo dei ponti che chiude il canale a ridosso della laguna. Dei sedili sono addossati alla parte interna, così da poter sostare in riposo a contemplare il paesaggio. Il ponte, affacciato sul mare aperto a nord, prospetta sulla splendida Piazza Vigo, aperta sul molo dove partono i battelli diretti a Pellestrina. Sulla piazza svetta l’alta colonna sormontata dal leone marciano, chiamato dai veneziani scherzosamente “el gato”, perché non ha le dimensioni del celeberrimo leone di san Marco (per i chioggiotti questo non è uno scherzo, si ritengono offesi e disprezzati dall’appellativo, che ha creato litigi e baruffe). La colonna è in marmo greco ed ha un capitello bizantino del XII secolo; fu ritrovata durante gli scavi per la ricostruzione del duecentesco Palazzo Comunale ed è allora probabile che fosse appannaggio di quell’antico edificio. La collocazione in questo punto della colonna fu voluta dal podestà Giulio Mussato nel 1786.

 

               

 

Superato il ponte Vigo, prendendo a destra, dapprima si incontra la Calle di Santa Croce, con l’ex-oratorio omonimo, che sembra chiuso (attiguo al quale c’è una caserma della Guardia Costiera). L'edificio conventuale funse da alloggio di truppe e come ospedale militare nei moti indipendentsti del 1848-'49. Si percorre tutta la calle fino ad arrivare ad un altro ponte, quello di San Domenico e quindi si scende sull’ isoletta omonima ad esso collegata, tutto tranquillamente a piedi. In S. Domenico ci aspettano altre sorprese (ma ne riparliamo nella sezione dedicata).

           

 

(tutte le foto sono di Uberti Marisa)

 


[1]Per approfondirne la storia v. qui

[2]La Tavola Peuntingeriana è una mappa della rete stradale dell’impero romano, in corrispondenza del porto di Chioggia è indicato il toponimo Evrone, tappa di un itinerario costituito da una serie di canali navigabili interni alle lagune presenti in epoca  storica tra Ravenna ed Aquileia, che permettevano un notevole flusso di merci anche durante il periodo invernale, quando le condizioni del mare rendevano pericolosa la navigazione d’altura (rif. https://www.marciliana.com/storia-di-chioggia)

[3] E' questo uno dei molti punti delle cosiddette "coccarde tricolori", un itinerario Risorgimentale che lo studioso chioggiotto Sergio Ravagnan ha stilato in occasione del 150° dell'Unità d'Italia e che invitiamo a leggere e scaricare a questo link, che presenta anche un approfondito profilo di Chioggia nel Risorgimento, con i suoi protagonisti.

 

Galleria foto: Foto generali di Chioggia

Argomento: Caratteri generali

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Keriruino zuzou

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Grazie

DPNM | 23.03.2017

Gent. mo Ermes, grazie del suo commento, anche se in enorme ritardo! Buon tutto anche a lei!

Keriruino zuzou

senaffefs | 17.09.2020

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Bello e interessante l'articolo.

Ermes Dall'Olio | 24.12.2015

Ermes (Reporter di www.carrozzecavalli.net ) Devo mettermi dietro a scrivere un articolo su Chioggia che ho visitato in carrozza alcuni giorni fa, e vedo da voi degli spunti interessanti, complimenti anche per le belle foto. Buone Feste

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